venerdì 30 maggio 2008

Chiacchiere e sostantivo




Capita, a volte, che quando meno te l'aspetti accade qualcosa di inimmaginabile. Qualcosa come io che mi metto a cantare le canzoni di Anna Tatangelo (di meeeee...solo un messaggio resterààààà), come bambini che predicano il ritorno all'epoca del baratto regalando uova al posto di 50 euro (mii che uova costose!) e come Lutty che fa una battuta davvero divertente! Ebbene sì, proprio questa sera, il 30 maggio 2008, Davide Paolino, in arte Luttazzi4ever (a proposito, si mormora che il vero Luttazzi, folgorato da questa battuta, abbia deciso di entrare su forumfree e di registrarsi col nick Paolino4ever), ha pronunciato la battuta più bella della sua vita!
Tutto è cominciato in una semplicissima chattata tra i due co-bloggers, aperta come al solito dalla classica scarica di insulti da parte del Lutty nei confronti del suo carissimo amico (mi si dava del venduto, ma smentisco clamorosamente), e proseguita con le solite chiacchiere sulle gnocc...ehm...sul senso della vita, il destino dell'umanità e su alcune considerazioni riguardanti la reciproca convinzione che le frasi nei baci perugina ultimamente stanno decisamente peggiorando! Senonchè, all'improvviso, Lutty tira in ballo un concorso di fumetto, illustrazione e sceneggiatura che avrà, come giurato, proprio l'esimio Roberto Recchioni! Tra i due mariuoli è subito sfrenata goliardia, fino a quando Diggy, tronfio del suo terzo posto a Lanciano, esclama: "lo so che vorresti che io non partecipassi, perchè hai paura che ti batta un'altra volta". Se avesse saputo cosa lo aspettava, forse avrebbe evitato quella battuta. Lui era convinto che Lutty avrebbe risposto con una classica battuta alla: "fottiti" o "ti odio, maledetto stronzone" oppure "fottiti, ti odio maledetto stronzone", una di quelle variegate battute dell'altrettanto variegato repertorio del Nostro. Ma tutto questo non è accaduto! Nessun fottiti, nessun idiota, imbecille o insulto vario! NO! Lutty ha risposto con una battuta!! E per giunta divertente!!!
Il Diggy, notevolmente impressionato dall'acume del suo compagno di sventura (oltre che dall'autocompiacimento legato alla convinzione che se Lutty sta facendo battute decenti è solo per merito suo), prima si è complimentato dal vivo con lui, poi ha postato la frase su msn, e infine ha deciso di tributargli onore con un post che possa ulteriormente evidenziare la stima che prova verso questa battuta e il suo autore!
Ma di quale battuta si tratta? E' presto detto! La riporterò qui sotto, cercando di rievocare al meglio possibile lo scambio di battute avvenuto tra i due circa dieci minuti fa (chiedo scusa per alcune licenze che mi sono concesso, ma in certi casi l'emozione è così forte da andare a discapito della memoria):

Diggy: "Dì la verità, tu non vuoi che io partecipi perchè hai paura che ti batta di nuovo!"
Lutty: "Ma stai zitto, mezza calzetta, una mezza volta che ho provato a partecipare ad un concorso e tu hai fatto terzo! Tu senza di me non saresti niente! Sei solo chiacchiere e sostantivo! Chiacchiere e sostantivo!!"

Capite?? CHIACCHIERE E SOSTANTIVO!!! Cavolo, una battuta con i fiocchi e i controfiocchi! Non solo cita gli Intoccabili, ma lo fa anche con un motto di spirito che ogni aspirante autore capirebbe e apprezzerebbe (soprattutto se non è rivolta a lui)!!! Insomma, potete capire bene il mio stupore! Ancora adesso, mentre lui è già scivolato sotto le coperte e dorme il sonno dei giusti, io sono qui a rendergli omaggio e a complimentarmi con lui! Spero solo di ricevere come commento un "fottiti, ti odio maledetto stronzone"...sapete, una volta va bene, ma poi potrei davvero rischiare di cadere in depressione!! :D


p.s. la foto non c'entra granchè, ma guardandola ho visto Diggy e Lutty tra settant'anni, e li ho immaginati proprio come quelle due simpatiche comari!! :D

p.s.2 ok, avete ragione, è un post completamente inutile, ma stasera avevo semplicemente voglia di scrivere sul blog! :D

domenica 25 maggio 2008

La parola a Carlo Rubbia

In una recente intervista, Carlo Rubbia ( premio Nobel per la fisica ) ( come Scajola ) ha dichiarato:

“Il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l’uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni. Non possiamo continuare perciò a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la terra”.

" Quando è stato costruito l’ultimo reattore in America? Nel 1979, trent’anni fa! Quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20 per cento. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di fatto dallo Stato per mantenere l’arsenale atomico. Ricordiamoci che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l’uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie”.

Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali."

" Il carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute dell’umanità. Ma non si risolve il problema nascondendo l’anidride carbonica sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2 dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio. No, il ritorno al carbone sarebbe drammatico, disastroso”.

“C'è un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere, si produce un terzo dell’elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l’energia necessaria all’intero pianeta. E un’area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell’Italia, un’area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma”.

"I nuovi impianti solari termodinamici a concentrazione catturano l’energia e la trattengono in speciali contenitori fino a quando serve. Poi, attraverso uno scambiatore di calore, si produce il vapore che muove le turbine. Né più né meno come una diga che, negli impianti idroelettrici, ferma l’acqua e al momento opportuno la rilascia per alimentare la corrente”.

Se è così semplice, perché allora non si fa?

“Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta. Mi creda questa è una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto lo faranno gli americani, com’è accaduto del resto per il computer vent’anni fa”. (30 marzo 2008)

(amorevolmente copiaincollato dal blog di Luttazzi)

sabato 24 maggio 2008

Occhi dentro occhi

Quando penso di aver fatto una cosa decente va a finire che la rifaccio magari male. E ci sono ricascato, ho ripreso un'altra canzone dei Negramaro e ho aggiunto frasi mie. Ma stavolta non ho aggiunto la storia di un amore inventato ma di un'amicizia vera. Questa è una lettera personale per una mia amica: Giovanna. Con il suo consenso la metto sul blog. Se non vi fa ne caldo ne freddo fa niente, l'importante è che sono riuscito nel mio compito: farle capire quando ho bisogno della sua presenza e quanto la voglio bene. Buona lettura! (Nella foto sopra,io e Giovanna declamiamo il nostro amore per l'amico panino!)


Occhi dentro occhi
E prova a dirmi se
Un po’ mi riconosci
O in fondo un altro c’è sulla faccia mia
Che non pensi possa assomigliarmi un po’

Occhi dentro occhi. Ti guardo, il mio pensiero torna indietro. Estate 2003, Vienna, Georg, la stanza più bella della scuola, io che faccio l’idiota e finalmente mi sblocco, Manuela e le sue idiozie, il saggio finale con i “Little Naples”(che nome di niente!), portare Tony Tammaro sul palco viennese, un trionfo.
Cinque anni, cinque anni che sono passati e che ti conosco. Non come dovrei ma è così. Sei davanti a me, ti guardo e tu mi guardi. Mi perdo dentro di te, cerco di guardare a fondo e scopro quella persona che sapevo ci fosse,tutto quello che avevo pensato di bello di te c’è e non se ne vuole andare, per fortuna, e tu? Ora che guardi in me dopo tanto tempo,cosa ci trovi?

Mani dentro mani
E prova a stringere
Tutto quello che non trovi
Negli altri ma in me
Quasi per magia
Sembra riaffiorare tra le dita mie

Ci siamo rivisti dopo un anno, da quell’incontro fugace a casa tua. Ora solo qui, davanti a te ma non ce la faccio, parliamo, per ore, di qualsiasi argomento. In linea di massima contiamo le persone che ce l’hanno messo in quel posto, vedo tristezza nei tuoi occhi come credo ci sia anche nei miei, vorrei fare una cosa ma non ci riesco, è qualcosa di semplice, che può far capire che io sono con te ma mi blocchi e non so il perché. Vorrei stringerti la mano, forte, per portare via tutti i tuoi cattivi pensieri. Vorrei abbracciarti, per farti capire che un amico per te ci sarà sempre. Vorrei dirti che sei una grande persona, per farti capire che lo sei veramente. Vorrei dirti che mi dispiacerà andarmene, perché, dopo molto tempo, ho (ri)trovato una persona che sa ascoltare e da cui è impossibile allontanarsi. Vorrei ma non ci riesco, sarà per timidezza, paura di un fraindentimento o altro non so. So solo che avrei voluto farlo ma non ci sono riuscito, chissà alla prossima…

Potessi trattenere il fiato prima di parlare
Avessi le parole quelle giuste per poterti raccontare
Qualcosa che di me poi non somiglia a te

Parliamo, discutiamo e capiamo che io e te siamo uguali, o meglio, abbiamo tante cose in comune. Siamo eterni sfigati, che cercano sempre quell’amore che ci farà stare meglio e puntualmente ci fa stare peggio. Crediamo tutti e due di valere meno di quello che effettivamente valiamo. Ci buttiamo a terra senza motivo, quando a buttarsi a terra dovrebbero essere altri. Ci rialziamo, ogni volta, con gli abiti un po’ sporchi ma sempre fieri di noi stessi. E guardiamo avanti, sperando di trovare quel qualcosa per cui valga la pena soffrire un po’ che un giorno ci regalerà una gioia immensa…

Potessi trattenere il fiato prima di pensare
Avessi le parole quelle grandi per poterti circondare
In quello che di me, bellezza in fondo poi non è


Vorrei dirti tutto quello che sei, per farti stare meglio, per farti capire che tu sei qualcosa di unico in questa vita che ho. E farti capire che se ti ho conosciuto un motivo ci sarà. E dovrai sopportarmi per molto e molto tempo…

Bocca dentro bocca
E non chiederti perché
Tutto poi ritorna
In quel posto che non c’è
Dove per magia
Tu respiri dalla stessa pancia mia

Lo so, la canzone parla di un’amore, non proprio quello che c’è tra noi. Bocca dentro bocca o significa che stanno limonando o uno dei due è in carenza d’ossigeno e l’altro lo sta rianimando. Ma i significati ci sono. Loro respirano dalla stessa pancia(quindi la tesi della rianimazione è molto valida!). Loro condividono un corpo in due, condividono problemi, paure, gioia, felicità, e tutti gli imprevisti della vita insieme. Hanno capito che solo insieme possono andare avanti. Ma anche capendo questo può succedere qualcosa di strano, qualcosa che può interrompere tutto. Ogni amore o amicizia o qualsiasi rapporto ha milioni di bivi(Enrico ruggeri ne sa qualcosa!), sta a noi capire quali prendere, capire le scelte che ci possono far continuare o finire un determinato rapporto. Io da oggi in poi vado avanti cercando di noi interrompere un ‘Amicizia che ho desiderato e ho ritrovato, chissà di chi sto parlando…

Potresti raccontarmi un gusto nuovo per mangiare i giorni
Avresti la certezza che di me in fondo poi ti vuoi fidare
Quel posto che non c’è, hai imbrogliato tutti tranne me tranne me tranne me…

E tu mi guardi, ti fidi di me perché ho sta faccia a pesce lesso. Pensi che io ti possa capire, suggerire, criticare. Guardi e vedi in me un ragazzo tanto alto quanto scemo che non perde occasione per fare battute, mi porti nella tua stanza, nella tua casa, mi fai conoscere i tuoi amici, mi chiedi di uscire con te. Mi fai entrare nella tua vita con felicità, pur sapendo che sono un completo idiota, pur sapendo che ogni tanto potrei fare una sparata di niente e rovinare tutto, pur sapendo che non sono proprio quel ragazzo perfetto che le donne vorrebbero avere, ma sapendo che io ti voglio bbene da morire(le due b sono volute), e che ti seguirei, or ora, dappertutto.

Dovresti, disegnarmi un volto nuovo e occhi per guardarmi
Avresti la certezza che non è di me che poi ti vuoi fidare

Questa parte qui spero che non sia anche la tua. Mi piace l’idea che ti fidi, che credi in me. Lascia agli altri i dubbi e le incertezze, io sono qua per te. Mi trasformo in tua bertuccia quando lo vuoi e lo desideri, basta chiederlo. Mi trasformo in confidente quando tu vuoi. Mi trasformo in padre se tu me lo chiedi. Mi trasformo in cuscino se vuoi dormire, in cuoco se vuoi mangiare, in Tiziano Ferro se vuoi cantare. Sono qui, basta chiedere.

Quel posto che non c’è, hai mandato solo me…

Ora bisogna capire qual è “il posto che non c’è”. Se è quello che diceva Alberto Sordi non mi piace tanto, se è quello di Peter Pan è troppo lontano e troppo brutto, non si può rimanere sempre bambini, sembrerebbe una tortura. Se, invece, è uno spazio che hai dentro al tuo cuore, un piccolo buco che non è occupato da nessuno, allora mi va benissimo. Sapere che sono nel tuo cuore in ogni angolo della giornata , sapere che mi porti a lezione, a casa, mentre studi, mentre ridi, esci con gli amici, è qualcosa di bellissimo. Sapere che ti ho così a cuore è quasi come sentirsi amati, sentirlo dire, magari, dalle tue labbra è come una vincita al superenalotto. Sapere che ci sei tu, a questo mondo, che condividi ogni mio sentimento è qualcosa di incredibile e impensabile, sapere che ho sempre qualcuno su cui contare non ha prezzo…(un pò come una certa carta di credito!)

venerdì 23 maggio 2008

La prova del vulcano




Da qualche mese sto frequentando un corso di sceneggiatura che comprende anche un (mini)corso di scrittura creativa. In una di queste lezioni ci hanno spiegato che, tra i tanti metodi da usare per sviluppare nuove idee, c'è quello di accostare due parole prese a caso (magari suggerite da qualcuno) e fonderle in un racconto che le comprenda entrambe. Le due parole che mi sono capitate a lezione sono state "vulcano" e "semplice", da cui sono partito per una storiella molto banale ma che in ogni caso mi è servita per smuovermi dall'apatia che ho in questo periodo. Buona lettura!

(p.s. se non altro, per la gioia di Lutty, qui non c'è il "to be continued" :P )

Nella piccola capanna, l’aria si faceva sempre più pesante. Il tempo, scandito dal respiro affannato della piccola Lena, sembrava non passare mai. Le ombre della notte si allungavano sempre più cupe, e scendevano implacabili sul magro contorno della ragazza addormentata. Da qualche giorno, infatti, una violenta febbre aveva colpito il suo grazioso corpo, rendendolo quasi irriconoscibile. Il corpo, ansimante e scarnito, spesso era scosso da terribile scariche che la facevano scuotere dolorosamente.
Erich la osservava in silenzio, il volto rigato da lacrime di paura e di speranza, le mani intrecciate in una preghiera che gli era ancora sconosciuta. Forse il suo dio non poteva ancora ascoltarlo, forse Lena sarebbe morta lo stesso, ma Erich continuava a vegliare sulla ragazza come solo una persona innamorata può fare. Si chiedeva come mai proprio lei, la figlia del capo del villaggio, fosse stata condannata a tutto quel dolore e come mai le preghiere del padre non erano state ascoltate dalle loro divinità.
Ancora poche ore, pensò Erich, ancora poche ore e il nostro dio ascolterà anche me, Lena, e le mie supplica si uniranno a quelle di tuo padre. Lo farò per te, ti aiuterò a guarire e vivremo per sempre insieme.
Era solo un ragazzo, Erich,ma aveva fretta di diventare uomo. Voleva farlo per lei, solo per lei, la sua piccola Lena, la bambina che aveva conosciuto sul dorso di quello stesso vulcano che da lì a poche ore l’avrebbe legato a lei per sempre.
Da quanto tempo era lì, in quella capanna, a vegliare su di lei? Minuti, ore, forse giorni, non lo ricordava più. Quando era con lei il tempo sembrava non contare nulla, ed era come se si trovassero in un mondo tutto loro dove niente e nessuno poteva ferirli. E quando aveva saputo della malattia di Lena, Erich aveva capito che la loro invulnerabilità era solo uno stupido desiderio con cui la realtà aveva deciso di farli scontrare. Così il ragazzo aveva accettato la sfida, rimanendo vicino alla sua amata dall’inizio, senza separarsi neanche per un istante da lei, interrompendo senza esitazioni il duro allenamento a cui si stava sottoponendo. In quei giorni Erich avrebbe dovuto prepararsi per affrontare la terribile prova di iniziazione che lo avrebbe fatto eleggere nuovo capo del villaggio. La prova consisteva nel calarsi all’interno del vulcano ed affrontare un terribile labirinto, cercando in tutti i modi di sopravvivere. Solo in questo modo, diceva lo Stregone del villaggio, si poteva dimostrare di avere le doti per diventare il capo indiscusso. Erich lo sapeva bene, e per questo aveva deciso di allenarsi duramente per superare le prove. Ma poi era sopraggiunta la malattia di Lena, e tutto era cambiato. Non esisteva più nessuna prova, nessun vulcano, nessun titolo o responsabilità: l’unica cosa per cui valeva la pena di continuare a vivere era lì, in quella stanza, scossa da fremiti che non le davano pace. E più si convinceva di aver fatto la scelta giusta, più aveva paura. Più consumava tutte le sue energie per pregare, più capiva che solo superando la prova avrebbe potuto diventare un uomo saggio, un uomo degno di essere ascoltato. Avrebbe voluto tanto poter riuscire dal vulcano da vincitore, prendere il posto del padre di Lena e avere il potere di farla guarire. Ma sapeva benissimo che, anche se la salvezza di Lena non dipendeva da lui, il destino di capo del villaggio era tutto nelle sue mani, e si sarebbe deciso tra pochissimo.
Erich aspettava in silenzio che il padre di Lena venisse a prenderlo per portarlo dalla capanna al centro, dove poi, seguiti dalla popolazione, avrebbero preso la strada per il vulcano.
Lena, come se avesse seguito i pensieri di Erich, ebbe un altro, terribile scossone, poi tornò al suo respiro affannato. Erich si alzò di scatto dal pagliericcio su cui era seduto, osservò preoccupato la ragazza, poi cominciò a camminare nervosamente per la stanza. Se avesse potuto, sarebbe uscito di corsa dalla capanna per raggiungere il prima possibile il vulcano, senza dover aspettare ancora.
Ma la sua attesa era finita. Il capo del villaggio era appena arrivato a prenderlo.
Era un uomo dall’aspetto fiero e maestoso, dai lineamenti induriti per il passare del tempo e per le avversità che la natura gli aveva riservato. Guardava Erich con aria severa, fissandolo con i suoi occhi di fuoco, senza degnare il minimo sguardo al pagliericcio in cui giaceva sua figlia. Era come se la ragazza, in quel momento, per lui non esistesse.
“Sei pronto, ragazzo? E’ giunto il momento della tua iniziazione… ” gli chiese poi con tono solenne.
Erich rispose al suo sguardo cercando di mostrarsi più forte di quanto in realtà non fosse in quel momento. Si voltò verso Lena, a fissare il suo corpo febbricitante sempre più pallido, per cercare quel coraggio che non aveva ancora trovato. Si avvicinò alla sua fronte e, chiudendo gli occhi, la baciò sulla fronte. Quando si rese conto di aver baciato la figlia del villaggio davanti al proprio padre, capì che in quel momento era riuscito a trovare tutta la forza di cui aveva bisogno per diventare uomo. Si voltò verso l’uomo alle sue spalle e, fissando deciso i suoi occhi, gli rispose: “sono pronto, andiamo…”.

Lungo la strada che conduceva dalla capanna al centro del villaggio, Erich osservava rapito l’uomo che si trovava davanti a lui. Era incredibile quanta eleganza trasparisse dai suoi gesti e dai suoi movimenti, quanta forza si potesse scorgere in quel portamento così fiero e nobile. Era come se nulla potesse scalfirlo o turbarlo, come se nessun umano potesse penetrare in quella corazza di muscoli e autorità. Neanche la scoperta della malattia che aveva colpito sua figlia, sembrava averlo turbato. Chiuso nel suo silenzio, si era rifugiato sempre più in se stesso, chiudendosi in un silenzio che nessuno nel villaggio sapeva come interpretare. I più erano convinti che stesse pregando, altri che stesse solo manifestando il suo dolore, altri che considerava la malattia come un segno divino.
La verità, credeva Erich, era che il suo silenzio non aveva di certo aiutato la degenza di Lena. Non aveva mai vegliato su di lei, e le uniche volte in cui era venuto a visitarla era solo per accompagnare lo stregone alla sua capanna. E così Erich aveva deciso di sostituire la sua figura, di fare quello che avrebbe dovuto fare lui, e di vegliare sulla ragazza anche a costo di compromettere i suoi allenamenti per superare la prova del vulcano.
Erich alzò di scatto la testa, quando si accorse che il capo del villaggio lo stava fissando con sguardo severo:
- Spero che tu ti sia allenato abbastanza… - gli disse, quasi leggendo i suoi pensieri.
- Io…spero che i miei allenamenti possano bastare…da quando Lena si è ammalata sono rimasto sempre accanto a lei - rispose Erich, a testa bassa.
- Un capo del villaggio non dovrebbe lasciare che i sentimenti diventino più importanti del proprio cammino di condottiero - replicò duro l’uomo - ma ora basta parlare, stiamo per arrivare al centro del villaggio…e da quel momento in poi il rito dovrà essere compiuto in perfetto silenzio.

Dette queste parole, si ammutolì. Erich fece lo stesso, accorgendosi che sempre più abitanti si stavano accodando a loro. C’erano tutti: uomini, donne con in braccio i loro piccoli, bambini incuriositi e impressionati da quel lugubre silenzio. Tutti camminavano accanto a loro, gettando occhiate di incoraggiamento a quel ragazzino che un giorno sarebbe potuto diventare il loro capo. Poi il corteo passò davanti ad una capanna più grande, dalla quale uscì solenne lo stregone del villaggio. L’anziano, ricoperto dalla pelliccia di un giaguaro e da un copricapo a forma di teschio di bue, si affiancò al capo del villaggio, e guidò con lui il corteo sul dorso del vulcano.
Lentamente, il corteo arrivò sulla cima del vulcano. Lassù la temperatura era insopportabile: dal cratere uscivano di getti di vapore sulfureo, che, seguiti da piccoli spruzzi di lava, rendevano la temperatura altissima. Erich si avvicinò al bordo del cratere, osservando terrorizzato ciò che lo aspettava una volta sceso dalla piccola scaletta in legno che avrebbe condotto nelle profondità del vulcano: lì sotto, si nascondeva un vero e proprio dedalo di scale e ponti di pietra, intervallati da anelli infuocati e stretti passaggi in cui le fiamme si alternavano a brevi intervalli di tempo. Poi, alla fine di questo percorso, un lungo ponte di legno conduceva verso il centro della terra.
Erich osservava quello spettacolo con un misto di stupore e di paura: da una parte non riusciva a credere come altri uomini prima di lui avessero potuto costruire tutto quello, e dall’altra sentiva che la forza che aveva trovato quando aveva baciato la piccola Lena, stava scomparendo del tutto per lasciare il posto al terrore e alla disperazione. Dalle sue spalle, le parole del capo del villaggio lo distolsero ancora una volta dai suoi pensieri:
- Il momento è giunto, ragazzo…dovrai calarti nel centro del vulcano e affrontare il labirinto e le sue trappole. Se ci riuscirai, dovrai percorrere il lungo ponte che ti porterà verso il centro del vulcano; lì troverai delle piccole bombe che dovrai gettare nella lava. Stai bene attento allo scoppio delle bombe, perché la loro esplosione provocherà l’eruzione del vulcano. Quello sarà il segnale che ci farà capire che sei arrivato fino in fondo. Ma se non riuscirai a fare lo stesso percorso all’indietro, vorrà dire che hai fallito proprio dove un grande capo non dovrebbe fallire: sarai caduto, ma non sarai riuscito a rialzarti. E ora va, che la prova abbia inizio.
Detto questo, si avvicinò ad Erich, e posandogli una mano sulla spalla, lo condusse fino alla scala in legno che scendeva nelle profondità del vulcano.

Mentre scendeva, Erich sentiva il cuore battergli in gola. Dal basso sentiva vampate di fumo che gli salivano fino agli occhi, facendolo lacrimare per il bruciore; il suo corpo diventava sempre più pesante, colpa di un’aria sempre più rarefatta; le sue mani, sempre più sudate, rischiavano di fargli perdere la presa ad ogni piolo a cui si aggrappava . Guardò in alto, verso quel cielo così terso che ormai sembrava solo un ricordo. Ripensò alla piccola Lena, alla sua malattia, ai giorni felici che avrebbero vissuto se lui avesse superato quella prova. Si fece coraggio, rinsaldò bene la presa e scese sempre più velocemente fino ad una piccola superficie all’interno del vulcano.
Si trattava di un piccolo lembo di terra da cui, attraversando il labirinto, si scendeva sempre più nelle viscere di quell’inferno. Erich chiuse gli occhi, recitò una personalissima preghiera, e poi iniziò la sua discesa verso l’abisso.
Le mille insidie di quel labirinto erano state costruite in modo che chi le avesse affrontate avrebbe dovuto far ricorso a tutta la sua forza fisica e alla sua prontezza di spirito per arrivare fino in fondo. Erich, nonostante non si fosse allenato quanto avrebbe voluto, cercò di fare del suo meglio. Attraversò i ponti di pietra più velocemente possibile, superò i cerchi infuocati, evitò le trappole disseminate, continuò a correre come un forsennato per tutto il percorso senza voltarsi mai, guardando sempre in avanti con tutti i cinque sensi bene all’erta e aggrappandosi al pensiero di Lena. Si accorse che ormai mancava poco al ponte di legno, che gli mancavano poche prove per diventare un uomo. Finalmente, dopo aver evitato un altro potente getto di fuoco, Erich si trovò sul ponte. Cominciò a percorrerlo lentamente, per saggiare la sua resistenza. Si accorse che, per sua grande sfortuna, il ponte era traballante e che alcune assi erano quasi del tutto marce. Camminando lentamente, sarebbe stato facile attraversarlo; ma una volta al ritorno, quando bisognava fare in fretta, il ponte avrebbe costituito un serio pericolo. Erich iniziò ad attraversare il ponte, facendo bene attenzione a dove metteva i piedi. Aggrappato come meglio poteva alle logore funi che lo delimitavano, il ragazzo cercava di tenere bene a mente il percorso compiuto, in modo da essere agevolato al ritorno. Ad un certo punto, proprio quando si era fermato su un’asse per ricontrollare il proprio percorso, si accorse che il legno sotto i suoi piedi stava cedendo. In preda al panico, Erich si aggrappò con tutte le sue forze alla fine, stringendola più che poteva. Avrebbe tanto voluto mettersi a correre all’impazzata fino alla fine del ponte, ma non poteva. Doveva muoversi delicatamente, sperando che l’asse non cedesse. Alzò un piede, per spostarlo lentamente in avanti, ma proprio in quel momento, a causa del peso buttato tutto sull’altra gamba, l’asse crollò. Erich sentì la sue gambe scivolare nel vuoto, il caldo e la debolezza impadronirsi del suo corpo. Strinse con più forza le due corde, sperando che almeno loro reggessero. Ma un rumore, vanificò le sue speranze: si accorse che una delle due funi si stava cominciando a sfilacciare sempre di più, e che la corda diventava sempre più sottile. Chiuse gli occhi con forza, per evitare di guardare. Poi cominciò a inspirare ed espirare, per cercare di ritrovare quella lucidità che aveva perso. Ma sapeva benissimo che ormai era arrivata la fine. Ripensò alla piccola Lena, alla sua famiglia, ai suoi amici che non avrebbe più rivisto. Iniziò a pregare, sperando che qualcuno da lassù, avendo assistito alla sua prova compiuta a metà, lo ascoltasse. La corda si sfilacciò completamente, strappandosi bruscamente e facendo crollare la sua mano nel vuoto. Erich si accorse che lacrime profonde stavano rigando il suo volto, mentre il suo corpo diventava sempre più pesante. Sospeso nel vuoto, Erich sentì che anche l’altra mano stava lentamente cominciando a cedergli.
Ma, all’improvviso, quando tutto sembrava ormai perduto, sentì una potente mano stringere il suo braccio. Guardò in alto e, con sua grande sorpresa, vide che ad averlo afferrato era stato il capo del villaggio!
- Tieni duro, ragazzo, adesso ti tiro su - gli urlò l’uomo, facendo ricorso a tutta la sua poderosa forza.
Erich, a quelle parole, ritrovò tutto il vigore che i suoi muscoli avevano perso e, grazie alla spinta del capo del villaggio, si issò con forza fino a mettersi in salvo.
-Stai bene? - gli chiese l’uomo con un sorriso.
- Sì…sì…credo di sì - rispose Erich, ancora incredulo per quanto era accaduto
Il suo salvatore continuava a guardarlo sorridente
- Allora preparati a correre, ragazzo!!! - strillò, e detto questo estrasse dalla sua cintura una piccola bomba che si affrettò a gettare nel vuoto.
In men che non si dica, dal centro del vulcano cominciarono a risalire potenti getti di fuoco, che di lì a poco tempo avrebbero causato l’eruzione che avrebbe informato tutti della riuscita dell’impresa di Erich.
-Ma…perché mi ha salvato? Io ho fallito la mia prova, non sono degno di diventare capo del villaggio” disse Erich, mentre i due ripercorrevano il labirinto fino alla sua uscita
Il capo del villaggio si fermò, stringendo le mani sulle sue spalle e guardandolo dritto negli occhi:
“tu hai dimostrato di essere migliore di qualunque altro capo: hai vegliato su una donna malata, hai pregato per lei, hai preferito la forza del tuo cuore a quella dei tuoi muscoli. Oggi, subito dopo averti lasciato, sono tornato nella mia capanna, e Lena era in piedi, piangendo perché non aveva potuto salutarti. E’ guarita, Erich, e solo grazie a te…hai dimostrato di essere un uomo, e nessuna prova di coraggio potrebbe farti diventare più forte o più saggio di quanto tu già non sia. Complimenti, ragazzo, da adesso sei diventato il capo del nostro villaggio.
Erich non sapeva cosa rispondere, guardò commosso l’uomo che l’aveva salvato e, prima di riuscire a pronunciare qualsiasi parola, un potente getto di lava li avvertì che il vulcano aveva deciso che era giunto il momento di festeggiare il nuovo capo del villaggio.
Con il cuore in gola, i due uomini riuscirono a risalire la scala che li avrebbe condotti verso la superficie, proprio un attimo prima dell’eruzione. I due si buttarono per terra, il respiro affannato e il corpo bruciato dal calore del vulcano. Il capo del villaggio sorrise a Erich, poi, quando si accorse che dal villaggio stavano già cominciando a giungere i primi abitanti, riassunse la sua aria severa e solenne che era solito mostrare in pubblico.
Erich lo guardò ricco di ammirazione, ringraziandolo per la lezione che gli aveva appena dato. Era diventato un uomo grazie al suo cuore, e non credeva sarebbe stato così semplice.

venerdì 16 maggio 2008

Il bacio della vita eterna




E' così, quando non so più che scrivere mi metto a postare robe vecchie che ho in cantiere da qualche tempo. Un pò per non perdere l'abitudine, un pò per sperare di ritrovare l'ispirazione. Questa volta tocca a "Il bacio della vita eterna", una sceneggiatura di cinque tavole, che io e Anja l'anno scorso abbiamo portato a Lanciano (con dei disegni bellissimi di Anja che spero di potervi far vedere, prima o poi) senza però ottenere alcun risultato. Il problema è che, avendo voluto provare a scrivere una storia vera e propria, cinque tavole erano troppo poche per ottenere una sceneggiatura come si deve...il risultato quindi non mi soddisfa più di tanto, anche se lo spunto di partenza mi piace e mantengo la speranza che prima o poi mi possa mettere a lavorare bene su questi personaggi per costruire un progetto più sostanzioso! Buona lettura!!!

TAVOLA 1

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Esterno, prime luci del tramonto, pioggia battente. Inquadratura dell’esterno di un palazzo in decadenza, dalla cui porta-finestra del primo piano due figure indistinte osservano la viottola sul quale si affaccia l’edificio.

FIGURA 1 (DONNA): sei sicuro non ci sia un’altra soluzione?
FIGURA 2 (UOMO): ormai è troppo tardi per tornare indietro…e io ho fatto la mia scelta…

2/4
Ravvicinata sulla porta-finestra. Da dietro il vetro vediamo le due figure della moglie e del marito. Il marito, con un fucile in mano, guarda la pioggia cadere, mentre la moglie da dietro le spalle lo fissa, incredula e spaventata allo stesso tempo.

MOGLIE: ma tu non puoi andare! Hai scelto questa vita proprio per non diventare come lei!!!
MARITO: ho scelto questa vita perché credo che l’amore sia più forte di tutto…

5/6
Controcampo. Il marito poggia una mano contro il vetro, osservando stupito la chiesa gotica che si trova davanti il palazzo. Non serve inquadrare tutta la chiesa, basta disegnare il tetto e qualche segno che ci permetterà di riconoscerla qualche tavola dopo.

MARITO: ed ora è il momento di dimostrarlo…

TAVOLA 2

1/2
Striscia sottile e nera, con titolo e nome autori.

TITOLO: IL BACIO DELLA VITA ETERNA.

3/5
Stacco. Esterno, inquadratura leggermente dal basso della chiesa di cui si parlava nella tavola precedente. Come già accordato, la chiesa è quanto più gotica possibile, con tratti specifici che mettono subito in risalto il fatto che sia sconsacrata. Se riesci a inquadrare il portone, fallo quanto più alto e massiccio possibile. In primo piano di spalle, intimorito dalla solennità della chiesa, il marito impugna il suo fucile e cerca di farsi coraggio.

4
Ora, facendo finta che la vampira sia affacciata al rosone della chiesa, disegniamo la sua soggettiva, inquadrando dall’alto il marito che, casa alle spalle, si sta avviando verso l’entrata della chiesa. La sensazione dev’essere quella che il marito è spiato.

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Di spalle, il marito poggia le mani sulle due enormi ante che costituiscono il portone (tieni sempre conto del fucile) e lo apre.

TAVOLA 3

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Dall’interno dell’edificio, inquadriamo le ante della porta che si stanno leggermente aprendo, con il marito che, sulla difensiva, si affaccia tra lo spiraglio di luce che entra. Una voce dall’interno cattura la sua attenzione.

VOCE FC (DALL’INTERNO): a quanto pare hai infranto il nostro patto…

3/4
Totale dell’ambiente in cui ci troviamo. All’interno della chiesa, completamente in penombra, troviamo oggetti che le conferiscono un’aria spettrale: candelabri con candele accese, bare scoperchiate e quadri lacerati (insomma, gli oggetti puoi anche deciderli tu, non sono fondamentali). Al centro della stanza si trova un enorme tavolo rettangolare, il cui lato corto è rivolto verso il lettore. Infatti, proprio di spalle al lettore, a capotavola è seduta la vampira, bevendo del sangue da dei calici d’oro.
L’uomo, in primo piano di quinta di spalle, le rivolge la parola.
Facoltativo (se ti va e se ci entra): degli scheletri sono i commensali seduti lungo i lati lunghi del tavolo.

VAMPIRA: Se non sbaglio l’accordo era di non darci la caccia nelle nostre rispettive dimore…ma tu ora stai venendo meno al tuo impegno…
MARITO: no…

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Controcampo. In primo piano, seduta al suo trono mentre continua a sorseggiare tranquilla il sangue, è inquadrata la vampira. In secondo piano, il marito si avvicina alle sue spalle.

MARITO: Non sono venuto per ucciderti…sono venuto per diventare come te…

6
Primo piano del marito, con espressione dura ma anche enormemente infelice.

MARITO: Voglio diventare un vampiro…

TAVOLA 4

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La vampira, appena alzata, si avvicina all’uomo, accarezzandogli dolcemente il viso (fai vedere la sedia, in modo da far capire che la vampira si è appena alzata).

VAMPIRA: Non sai quanto ho atteso questo momento…per quanti anni ho desiderato di darti la vita eterna e renderti come me…

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Dettaglio. La vampira estrae i canini, avvicinandoli alla giugulare dell’uomo. Non lo morde, ma sembra quasi che lo stia per fare.

VAMPIRA: ed ora che sei tu a chiedermelo…io…

4
Allarghiamo leggermente. Primo piano della vampira e dell’uomo. La vampira, ad occhi chiusi, allontana i suoi canini dalla giugulare dell’uomo, triste.

VAMPIRA: io non posso farlo…

5
Allarghiamo ancora un pò. La vampira poggia la sua fronte contro la guancia dell’uomo.

VAMPIRA: per anni tu mi hai dato la caccia, per anni io ho assaporato il calore delle mie vittime braccata da te…questa eterna lotta ci rendeva vivi, dava un senso ai nostri giorni…

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Laterale. La vampira dà un bacio in fronte all’uomo, ad occhi chiusi.

VAMPIRA: se tu ora diventassi come me, nessuno dei due sarebbe più quello di prima e niente avrebbe più senso…va via, ora, e torna a odiarmi…ne abbiamo entrambi bisogno…



TAVOLA 5

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Esterno dell’edificio visto in tavola 1, quello in cui vivono la moglie e il marito. Avvicinandoci alla porta finestra, riusciamo a sentire delle voci provenire dall’interno.

VOCE 1: Ho fatto come volevi…non l’ho trasformato in vampiro…ma adesso spiegami il perché…

3
Interno della casa. Mezzo busto della moglie, che spiega alla vampira alle sue spalle.

MOGLIE: qualche notte fa una maledizione si è abbattuta su questa casa: un suo abitante sarebbe dovuto essere trasformato in vampiro…

4
Laterale. La moglie si gira verso la vampira, guardandola con un ghigno satanico.

MOGLIE: e così è venuto da te…ha cercato di sacrificarsi per me, non capendo che questo è un premio concesso a pochi, non una maledizione…lui non era degno…

5/6
Allarghiamo, con un’inquadratura di tre quarti leggermente dall’alto. La vampira morde sul collo la donna, in un atto di piacere assoluto da entrambe le parti.

DIDASCALIA: ...del bacio della vita eterna.

martedì 13 maggio 2008

Acqua...









Cade la pioggia e tutto lava
cancella le mie stesse ossa
Cade la pioggia e tutto casca
e scivolo sull’acqua sporca


Ti vidi quella sera, eri lì, a pochi passi da me, parlavi con un ragazzo ma sembrava non interessarti niente di quello che diceva, il tuo sguardo era nel mio sguardo distratto da alcuni pensieri futili. Questo avevo intuito, vedevo come mi fissavi senza farti accorgere. Era quello che facevo anche io insomma. Appena ci incrociavamo tu ritornavi ad osservavare il tuo interlocutore e io abbassavo la testa buttando giù il drink che avevo in mano.Ad un tratto guardai fuori, pioveva, ti osservai per due secondi, parlavi ancora, riguardai fuori e ascoltai l'unica cosa cui valesse la pena ascoltare: la pioggia battente...

Dimmi a che serve restare
lontano in silenzio a guardare
la nostra passione che muore in un angolo e
non sa di noi


Sono uscito poi sul balcone, alcune gocce d'acqua mi finirono sul vestito, ma non mi interessava. Avevo voglia di respirare aria buona, finchè non sarei riuscito a respirare te. Mi avvicinai al parapetto, tu eri giù. Rimasi a contemplarti da lontano, alzasti lo sguardo, mi sorridesti. Mai in vita mia avevo visto un sorriso più bello di quello. Mai in vita mia avrei mai pensato che una donna come te avrebbe notato uno come me. E questa volta non abbassasti lo sguardo, sei rimasta immobile a sorridermi per un tempo indefinito per me. Potevano essere passati secondi, minuti, ore, io non me ne sarei accorto. Quando il destino non ci ha messo del suo, un fulmine e un tuono in rapida successione e tu rientrasti lasciandomi solo ad osservare la tua corsa impaurita verso la sala.

Cade la pioggia e tutto tace
lo vedi sento anch’io la pace
Cade la pioggia e questa pace
è solo acqua sporca e brace


Dentro ti cercai per tutte le sale, erano solo tre ,lo, so ma mi sembravano infinite. Cercavo quella splendida ragazza nel suo vestitino rosso, quella con gli occhi che potrebbero spegnere incendi con un solo sguardo. Quella con un corpo che potrebbe far ardere di passione qualunque uomo. Persi le speranze, pensai che te ne eri andata con chissà quale accompagnatore, uscii dall'ingresso principale, avevo percorso tutto il vialetto senza neanche accorgermente. La pioggia continuava a scendere e questa volta mi aveva bagnato quasi completamente. Non mi interessava più della festa, non mi interessavano più gli ospiti, non mi interessava più niente. Solo acqua e nient'altro attorno a me in quel momento. Rimasi in contemplazione e chiusi gli occhi.

E dimmi a che serve sperare
se piove e non senti dolore
come questa mia pelle che muore
che cambia colore
che cambia l’odore


E due mani si posero su quei miei occhi chiusi, erano le tue mani. Bagnate, scivolose, come eri completamente anche tu. Mi girai, scoprii che tacchi che indossavi ti portavano alla mia stessa altezza, scoprii che i miei occhi erano di fronte ai tuoi occhi, il mio naso di fronte al tuo naso e la mia bocca di fronte alla tua bocca. Tentai di parlare ma non me ne desti tempo, subito un bacio appassionato, avrei voluto non finisse mai, non so quantò durò, sentivo solo la pioggia che continuava a bagnarci e il tuo sapore che non avrei mai voluto abbandonare...

Tu dimmi poi che senso ha ora piangere
piangere addosso a me
che non so difendere questa mia brutta pelle
così sporca
tanto sporca
com'è sporca
questa pioggia sporca



Scendeva ancora la pioggia, più forte ancora, tu ti staccasti da me così come eri venuta, di colpo. Cercasti di dirmi qualcosa. Capii sicuramente due parole.Non posso. Non posso. Non posso. Le ripetevi sempre. Io cercai di tranquillizzarti ma tu scappasti via, ritornasti in sala così come eri, bagnata, impaurita, triste. Vidi dell'acqua sul tuo volto, ma non era pioggia. Erano lacrime. Erano per me...

Si ma tu non difendermi adesso
tu non difendermi adesso
tu non difendermi
piuttosto torna a fango si ma torna



Me ne ritornai a casa, così. Senza sapere chi eri e perchè decidesti di modificare la mia vita. Passai molte volte davanti quella villa ma niente. Di te nessuna traccia. Ogni giorno a intervalli regolari ero lì, ad osservare un cancello chiuso e un ricordo che sapeva di buono. Ogni giorno chiudevo gli occhi e attendevo le tue mani. Ogni giorno ritornavo a casa triste più del giorno prima...

E dimmi che serve restare
lontano in silenzio a guardare
la nostra passione non muore
ma cambia colore
tu fammi sperare
che piove e senti pure l’odore
di questa mia pelle che è bianca
e non vuole il colore
non vuole il colore


E una notte iniziò a piovere come quella sera, uscii di corsa di casa. Il mio cane mi guardò strano, dal suo sguardo capii che mi considerava pazzo ad uscire con quel temporale. Fui felice di sapere che almeno qualcuno ragionevole in casa c'era ma uscii lo stesso.
Ripassai davanti al cancello, l'odore di pioggia era così forte che mi ricordava la mia infanzia in montagna, al tuono rabbrividii ma rimasi fisso e immobile perfettamente davanti al centro del cancello. Richiusi gli occhi ancora...e quelle mani arrivarono.
Tu eri lì, avevi atteso la pioggia per mostrarti di nuovo a me, mi guardasti, mi dicesti qualcosa che non capii o feci finta di non capire. Mi baciasti, mi stringesti a te, e la pioggia finì, come per magia, come se avessero chiuso il rubinetto là sopra. Io ti dissi che non ti avrei più lasciata scappare via e tu mi rispondesti con un perfetto: "Lo so".

La mia pelle è carta bianca per il tuo racconto
scrivi tu la fine
io sono pronto
non voglio stare sulla soglia della nostra vita
guardare che è finita
nuvole che passano e scaricano pioggia come sassi
e ad ogni passo noi dimentichiamo i nostri passi
la strada che noi abbiamo fatto insieme
gettando sulla pietra il nostro seme
a ucciderci a ogni notte dopo rabbia
gocce di pioggia calde sulla sabbia
amore, amore mio
questa passione passata come fame ad un leone
dopo che ha divorato la sua preda ha abbandonato le ossa agli avvoltoi
tu non ricordi ma eravamo noi
noi due abbracciati fermi nella pioggia
mentre tutti correvano al riparo
e il nostro amore è polvere da sparo
il tuono è solo un battito di cuore
e il lampo illumina senza rumore
e la mia pelle è carta bianca per il tuo racconto
ma scrivi tu la fine
io sono pronto


Quella sera scrivesti l'inizio della nostra storia. Quella sera senza neanche conoscermi mi dicesti "ti amo". Era quello che feci finta di non capire. Per i primi cinque minuti. Perchè poi ho scoperto che anche io ti amavo alla follia, senza sapere nulla di te. Poi conoscendoti ti ho amato ancora di più, se fosse possibile, e ti amo ancora adesso bella mia, dopo 50 anni, dopo tutto quello che è successo io ti amo e ti amerò per sempre...
Riposa in pace Ilaria, al prossimo temporale son sicuro che ci rivedremo amore mio...

sabato 10 maggio 2008

Mi ricordo di un ricordo...



Notte. La tv è accesa su rete quattro. Per una volta stanno trasmettendo un film decente. Uno dei primi di Verdone. Guarda caso c'è quella sgnacchera di Claudia Gerini(che, detto tra noi, non capisco come faccia a stare con Zampaglione invece che con me). Sento,ogni tanto butto l'occhio, il film lo ricordo benissimo, basta un fotogramma e riconosco la scena, basta una battuta e ricordo le emozioni che vengono trasmesse dagli attori. Quello che un giorno riuscirò a fare o a far fare. Quello che mi sto prefissando di raggiungere come obiettivo giorno dopo giorno...

Venerdì notte, è stata una settimana intensa e ancora non è finita. Concerti, studio, e domani anche un colloquio di lavoro. Ma procediamo con calma.
Lunedì sono andato a Napoli, ospite di una mia amica(aggiungerei anche "cara") che mi ha chiesto di accompagnarla al concerto degli Elio e le Storie Tese. Ho accettato. Per molti motivi. Innanzitutto perchè li adoro, senza contare il fatto che finalmente potevo rivederla.
Comunque vado all'avventura, mi presento a casa di Giovanna, questo è il suo nome, mi mostra l'appartamento che lei e le sue amiche hanno affittato per l'università(sono di Procida e studiano a Napoli), e mi presenta una coinquilina: Alessandra, che non smetterò mai di ringraziare perchè, solo ridendo alle mie battute e mostrandomi quello splendido sorriso, mi ha dato una bella forza, d'altronde un comico(anche se fallito) ha bisogno del pubblico per vivere.

Il pomeriggio passa lieto chiacchierando con Giovanna, meglio di una seduta di psicoterapia. Avere qualcuno che ti ascolta è merce rara in codesti tempi. Si prepara una bandiera per il concerto serale quando arriva lei. Lei che mi ha modificato la vita. Lei che, ogni volta che la vedo, mi scombussola l'organismo. Come succede a Gomez quando Mortisia parla francese, come succede a Dylan Dog quando pensa all'amata Lillie, come succede a me quando guardo lei, Marinella. Ragazza amata per 15 giorni in una vacanza studio a Vienna nel 2003. Ragazza(quasi santa direi) che mi fece sbloccare e abbandonare la timidezza. Ragazza che amo a fasi alterne cioè ogni volta che la vedo. E purtroppo o per fortuna succede molto raramente.

Decidiamo di andare al concerto molto prima soprattutto per non sbagliare strada e trovare parcheggio. Ci riusciamo in poco tempo, ci fermiamo a bere un caffè al bar(un conto che dire salato era poco!), e entriamo per il concertone.Teatro Acacia, 901 posti tutti occupati, grande emozione da parte del pubblico che comprende fan e non, osservo gli strumenti sul palco, leggo striscioni strotolati, stringo forte la bandiera "Forza Panino" fatta dalle amorevoli manine di Alessandra(che non è venuta ed ha sporcato un tavolo per aiutarci, che mita!), e attendo di volare via con la mente per un paio d'ore...

E così fù. Due ore di canti, risate e ottima musica. Un dopoconcerto che mi porta ad avere quasi tutte le firme della band sulla bandiera. Una foto con Rocco Tanica che definire idolo è poco(Giovanna l'ha fatta con Faso, svenendo quasi). Poi una pizza in compagnia che fa sempre bene e tutti a dormire il sonno dei giusti. Il giorno dopo vengo svegliato da 4 ragazze che parlano e ridono, mi accodo all'aria gioviale(1000 punti! n.d.s.) che si respirava, si perde tempo per tutta la mattinata, si cucina, si mangia e poi finisce tutto. Vado via verso Caserta, ritorno a casa verso la normalità, anche se questi 2 giorni da universitario finto mi sono piaciuti. E non poco.

Sono le 2, vado a dormire, continuo domani con i racconti de:

"Il concerto dei Baustelle"(non ci volevo andare)
"I 3000 quiz"(per un concorso che non supererò mai)
"Colloquio di lavoro"(che avrò domani, o meglio oggi, in un paesino del beneventano. Anche se credo che sia un'altra cosa tipo rappresentante e ce ne fuggiremo, io e il mio amico, a gambe levate).

Alla prossima!

(Ps: ho appena notato che sia i signori Elii che i signori Baustelle saranno al Neapolis Festival il 24 Luglio, una notizia che farà contentissimi sia me e Giovanna che mio fratello baustelliano, ah..il destino!)

mercoledì 7 maggio 2008

Super Dj e Dylan Fog contro l'Imperatore!!!






Cosa fa un aspirante sgrittore bloggato quando non scrive sul bloggo? Pensa…
Pensa agli ultimi interventi del suo co-admin, al personaggio di Dylan Fog che secondo me non suona affatto male…pensa al simpatico disegno fatto da Paola che ritrae un “cartoonesco” Super Dj…pensa ai suoi parenti pugliesi appena visti e al figlio di sua cugina appena conosciuto, appellato “L’imperatore” non per niente…pensa a tante cose e, soprattutto, a come unire tutte queste cose: e questi sono i risultati, anche se molto provvisori:

L’idea alla base di tutto è che dietro Super Dj si nasconde un supereroe di stampo americano, e che dietro Dylan Fog si nasconde più che un eroe un anti-eroe, di quelli che non vincono mai e che sono tutti permeati da dubbi e incertezze. Di qui tutto il resto: Super Dj e Dylan Fog sono due ragazzi che hanno come sogno quello di diventare dei personaggi famosi di fumetti. Vivono entrambi in Italia, abitano insieme nello stesso loft (locale preferito da artisti e creativi, e chi più cretin…creativo dei Nostri due?!?), e insieme coltivano lo stesso sogno. Fino a quando Dylan Fog viene scelto come personaggio e ottiene una serie tutta sua su cui verrà pubblicato. Super Dj, depresso e sconsolato, decide di emigrare negli Stati Uniti per cercare qualche occasione migliore.

Dieci anni dopo, Super Dj torna in Italia, dal suo amico Dylan Fog. Il motivo è presto detto: Super Dj, che in questi ultimi dieci anni è diventato un supereroe di successo, con serie a fumetti, film da miliardi di incassi e gadget di qualsiasi tipo, però, non è pronto per tutto questo, e ha deciso di smetterla con la vita da supereroe. Vorrebbe essere pubblicato, sì, ma preferirebbe farlo da personaggio “umano”, con le sue incertezze e le sue sconfitte, e non come un invincibile supereroe americano che non sbaglia mai un colpo. Si sente troppe responsabilità addosso, e, ricordandosi del suo vecchio amico, decide di chiedergli consiglio su come diventare un personaggio “normale”.
Tornato a sorpresa dal suo amico, però, ben presto Super Dj si accorge che le cose non sono rimaste esattamente come erano dieci anni prima. La serie di “Dylan Fog”, subito dopo la partenza dell’amico, era diventata stantia e affidata ad autori incapaci che, in breve, avevano drasticamente ridotto la qualità del livello con conseguente calo di vendite. Allarmata, la casa editrice aveva subito chiuso la testata e, in men che non si dica, il personaggio di Dylan Fog era caduto nel dimenticatoio. Lo stesso Dylan, l’amico che da ragazzo non si perdeva mai d’animo, non è più lo stesso: depresso, insicuro e completamente disilluso dal mondo e da quello che può rivelargli, è diventato un alcolizzato che passa le sue giornate chiuso nel vecchio loft, cercando di evitare quanto più il contatto con la gente. L’unica persona che davvero gli è rimasta vicina è sua sorella, una ragazza di cinque anni più piccola del fratello che, come lui un tempo, coltiva il suo stesso sogno: quello di diventare un personaggio dei fumetti. La ragazza, al contrario dei due amici, però, sogna di sfondare nel fumetto umoristico come “la donna dalle gaffes incredibili”, una supereroina al contrario che, invece di risolvere le situazioni, le complica con le sue imbarazzanti affermazioni. Nonostante le sue bizzarre ambizioni, però, la ragazza è dotata di una straordinaria intelligenza e nutre un profondo affetto per il fratello, che cerca invano di far guarire. Tra Super Dj e la Donna dalle gaffe incredibili (che per comodità chiameremo con un nome fittizio a caso, vale a dire Paola) nasce subito un sentimento che va oltre l’affetto in comune per Dylan Fog e i due saranno protagonisti di una romantica storia d’amore. Super Dj, però, non ha dimenticato il suo amico e, per cercare di farlo tornare quello di un tempo, decide di aiutarlo a trovare un nuovo editore che lo pubblichi.
I due cominciano a rivolgersi a varie case editrici, ottenendo però sempre la stessa risposta: “no, grazie, il vostro progetto non ci interessa”. Dopo aver girato una quindicina di case editrici, i due decidono di giocarsi il tutto per tutto e di rivolgersi a “l’Imperatore”, un editore spietato che detiene il controllo del mercato fumettistico nazionale. Dietro il nome dell’Imperatore, in realtà, si nasconde un innocuo bebè di otto mesi, che, circondato da una corte di fedelissimi Editors, grazie ai suoi capricci e ai suoi pianti può decidere il futuro di una testata e di un personaggio. I due aspiranti personaggi vengono rifiutati anche questa volta, e, proprio quando stanno per lasciare la casa editrice, vengono a scoprire per caso di una sala segreta in cui, proprio in quel momento, stavano cominciando a riunirsi tutti gli editori incontrati fino a quel momento. Super Dj e Dylan Fog, incuriositi, decidono di scoprire cosa stava succedendo, e si nascondono nella sala per assistere alla riunione. Gli editori, seduti in circolo e guidati dall’Imperatore, hanno progettato un progetto folle: quello di distruggere il fumetto europeo e americano per far emergere il sempre più affermato Manga, in modo da poter ottenere guadagni elevatissimi senza perdere finanze in progetti poco redditizi. Il progetto è folle, ma purtroppo attuabile.
Super Dj e Dylan Fog lo sanno benissimo, e capiscono che non c’è altra scelta: bisogna organizzare una resistenza per fermare il piano dell’Imperatore. Comincia così la ricerca di tutti i personaggi dei fumetti, da quelli già pubblicati a quelli che vogliono esserlo. Aiutati dalla donna dalle gaffes incredibili, i due fonderanno un’organizzazione che darà filo da torcere alla casta degli Editori e al suo capo.

To be continued…

domenica 4 maggio 2008

Elio and the trouble stories!


Rocco sto arrivando!! E anche tutti gli altri si intende. Elio e le storie Tese live a Napoli, Teatro Acacia domani sera ore 21 e 30. Manca poco...sarà bellissimo!!

Terzo concerto degli Elii che mi vedo in tre anni consecutivi. Prima volta che me lo vedo in compagnia di qualcheduno che conosco(Alleluia!). Come al solito,però, non sto più nella pelle!

I love Rocco!

sabato 3 maggio 2008

Comicon's foto



Se cliccate su codesto link troverete le restanti foto del Comicon! Se non vi interessano allora che avete cercato affare su internet "Comicon foto" da giorni e giorni eh? E non mi fate arrabbiare!
Ah...ricordatevi una cosa!
Cosa?
Una qualsiasi!

(Nello splendido ritratto ad olio su tela del '23 possiamo ammirare sopra un Mirko sorridente affianco a colui che per 5 giorni ha urlato "Bellaaaaaaaa" ad ogni microsecondo, credo che poi si sia suicidato!)

venerdì 2 maggio 2008

Seguono per i più colti...


Stasera navigavo felice quando un mio amico ovvero il signor Robyloved mi ha chiesto se passavo sul suo blog per leggere alcune sue poesie. Beh...l'ho fatto e mi sono così piaciute che le metto anca qui...sono tre, attendo commenti.


Domani metaforico


Notte in versi…

Fatta di pensieri molteplici e diversi…

Quando il tempo assume forme in fumo

E la musica comunica sentimenti e onde di confusione

Strade buie che lasciano a chi intende

Realtà nascoste tra buchi e tende

Impossibile incrociare la dolce verità

Nascosta tra la vita e la conformità

Avvillupare la camicia nelle proprie maniche

Accendere una sigaretta al balcone

Amori mai capiti

Amori mai intesi

Amori veri?!

Amicizie importanti che restano

Amicizie importanti che rafforzano

Amicizie importanti che trasformano

Tutto fa parte di una vita confusa e arcana

La vita è strana…

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Addio vita privata

Correndo verso il vuoto

Cosa troverò per me non lo so

So solo che sono pronto a tutto

Scrutando ogni odore di senso costrutto

Naufragando nel deserto del mio io

Con me solo uno zaino carico di vita

Verso nuove mete

Costellazioni di suoni e verità

Fiutando emozioni e sapori di gioia

Orizzonti melodici e silenziosi

Una spiaggia di felicità

Che non so se si troverà

Sono pronto a tutto…

Avventura esaltami…

Vita distruggimi…

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Innamorato

ormai il tempo è giunto
non ci sono più attimi per pensare
lasciati andare
è questione di sangue e odore
vogliamoci senza far rumore
lascia che il fango importuni menti altrui
senza amarci siamo noi
ci stiamo amando solo noi
domani io ci sarò
o forse no...
domani tu ci sarai
o forse no...
lascia perdere
non pensare
amami adesso
lasciati andare

a te che non ci sei...


Fatemi sapere se vi son piaciute.