venerdì 6 marzo 2009
Come foglie
E’ piovuto il caldo
Ha squarciato il cielo
Dicono sia colpa di un’estate come non mai
Piove e intanto penso
Ha quest’acqua un senso
Parla di un rumore
Prima del silenzio e poi…
Lo so. L'ho sempre saputo. Io odio l'estate. Io odio il caldo, odio tutto quello che si porta dietro. Ragazzini festanti per la fine della scuola che poi decidono di stare tutta la giornata in mezzo alla strada. E prendono possesso di qualcosa che prima era mio. Della mattina. E' così bello girare per le strade senza paura, no paura no, senza il pensiero di trovare piccoli esserini frignanti in ogni posto e luogo. E' la pace dell'anima. Si, lo saranno il futuro, vero. Non è politicamente corretto dire queste cose ma lo penso, che ci devo fare. Sono un rappresentante porta a porta poi, io adoro entrare nelle case della gente e trovare le giovani madri che non hanno nulla da fare. Ed io le dò una mano a trascorrere la giornata, no, niente di volgare. Solo qualche spiegazione su ciò che vendo. Sono una persona con la testa sulle spalle io. Non nego che certe volte il languorino mi è venuto e l'ho pure fatto passare, non da solo, effettivamente sono un ragazzo che piace. Comunque, dicevo, odio il caldo che porta tutti verso le spiagge, la montagna, il sole, il divertimento. Non sopporto tutto ciò perchè io sto qua, con un vestito elegante, anche sotto il sole cocente a 35 gradi. Ed io già non lo sopporto a venti, figuriamoci. Andrei vestito di sola canottiera in pieno inverno in mezzo alle strade, così, per godermi un pò di fresco. Per questo non capisco chi va al mare. E' fin da piccolo che cerco di spiegarmelo, ma niente. Perchè andare al mare per morire di caldo? Forse, penserete, sia un discorso da disfattista che non ha mai provato. Eh, no. Parlo per giusta cognizione di causa. Ho provato e ho odiato. Come adesso.
E’ un inverno che va via da noi
Allora come spieghi
Questa maledetta nostalgia
Di tremare come foglie e poi
Di cadere al tappeto?
Il freddo se ne và. La primavera incombe e il pensiero osceno di ciò che mi aspetta dopo mi fa star male. Eppur dovrei esserne felice. Tutti corpi gnudi sulle spiagge. Ragazze oliate che hanno iniziato la dieta dopo Natale per poter entrare in microcostumini che anche se non ci fossero non si noterebbe la differenza. Questa è l'estate. Ragazzi che giocano a racchettoni, vecchietti che tengono a bada i nipotini mentre il padre di famiglia continua a lavorare in città per pagare la vacanza. E la novità di questi anni è scandalosa. Le famiglie si indebitano per andare in vacanza e la continuano a pagare per tutto l'anno. E all'estate successiva che si fa? Ovviamente altri debiti. Questa è la new economy, questo è il nuovo mercato.
Ma non ci sono solo cose brutte. Le giornate si allungano no? Il freddo scompare, i locali si riempiono, le ragazze si svestono, i pervertiti vedono l'avvicinarsi dell'estate come il loro periodo. Si, sono disfattista. Però qualcosa di positivo c'è. C'è lei. Lei.
D’estate muoio un po’
Aspetto che ritorni l’illusione
Di un’estate che non so…
Quando arriva e quando parte,
Se riparte?
Lei. E' quel pensiero ricorrente che si cerca continuamente di scacciare via dalla mente. Oh, son bravo quando mi ci metto nelle rime. Lei è l'unica vera idea di vacanza che è in me. Lei è l'unico vero motivo che ho, puntualmente, ogni anno per amare l'estate. Lei è quella sorta di incontro che è destinato a non durare mai. Lei è l'amore estivo, quello da quattro soldi. Quello da una botta e via. Da un bacetto innocente sul lungomare, da uno sguardo lascivo sotto gli alberi, da una carezza sulla guancia bagnate con le proprie lacrime al momento dell'addio. O dell'arrivederci. Lei è il mio arrivederci. Ogni anno, ogni 15 giorni di un agosto sempre più caldo vado da lei. Corro da lei. Vivo per lei.
E ogni volta che la vedo sento le stesse medesime sensazioni. Lei, receptionist, anzi, proprietaria quasi, di un albergo in montagna. Bloccata lì, per dodici mesi all'anno. Unica figlia di una coppia di, ormai, anziani che non riescono più a badare alla loro proprietà. E, pur avendo molti sottoposti, lei non può abbandonare i suoi. Lei lavora incessantemente per farli felici, lei non si concede un attimo di tregua. Solo 15 giorni all'anno. Solo i 15 giorni che io arrivo da lei.
E’ arrivato il tempo
Di lasciare spazio
A chi dice che di spazio
E tempo non ne ho dato mai
Seguo il sesto senso
Della pioggia il vento
Che mi porti dritta
Dritta a te
E ogni anno è lo stesso copione. Io arrivo nella hall. Poso le valigie a terra. Lei mi vede, mi squadra, si disinteressa da qualunque cosa stia facendo. Una volta, tre anni fa, stava portando due valige di una coppia di tedeschi in camera e, dall'eccitazione, le lanciò per aria. Stavano quasi per decapitare un uomo. Comunque mi vede, sulla maglietta sembra luccicare ancora di più il tesserino col suo nome targato sopra, quasi a lettere cubitali, Claudia. Anche se tutti sanno come si chiama, anche se dopo due secondi che la conosci non puoi fare a meno di amarla e sostenerla. Anche se è lì, quasi 365 giorni all'anno è sempre sorridente, felice, disposta ad aiutare chiunque, è il suo lavoro, e lo fa maledettamente bene.
Mi ha visto, scavalca la porticina che delimita la reception, un salto che ho visto poche volte in vita mia, e maggiormente in quei film americani dove il protagonista usciva dalla propria decappotabile senza aprire la portiera. Salta e corre verso di me. Io lascio cadere le mie valigie, me ne frego delle mie valigie, voglio solo una cosa adesso, voglio un suo bacio, voglio sentire il suo odore su di me, voglio sentire la sua voce declamarmi poesie fino a notte fonda, voglio il romanticismo più puro. Voglio Claudia. E lei mi accontenta.
Che freddo sentirai
E’ un inverno che è già via da noi
Allora come spieghi
Questa maledetta nostalgia?
Di tremare come foglie e poi
Di cadere al tappeto?
I giorni che stiamo insieme sono, possono sembrare, quasi ripetitivi. La mattina usciamo per un giro nei boschi, e sotto qualche albero, incurante degli sguardi altrui, restiamo avvinghiati per tutta la mattinata. Al ritorno in albergo pranziamo, e poi riusciamo, le escursioni sono belle solo se ci siamo io e lei e basta. Nessun altro può capire come ci sentiamo. Nessun altro può sapere come ci sentiamo. Una coppia che è effettivamente tale solo un determinato periodo dell'anno. Due persone che aspettano l'avvicinarsi dell'estate per poter vivere l'idea e il sogno di una storia d'amore vera e pura. Ci ho provato a venire in inverno. Ma è terribilmente diverso. Lei è continuamente impegnata con l'albergo. E' il periodo più incasinato dell'anno e non ha quasi mai tempo per me. Non è il caso di rovinarle dei giorni di lavoro per la mia persona. E quindi aspetto. L'estate porta sempre amore effimero destinato ad esaurirsi brevemente. Il mio va avanti da 10 anni. Quindici giorni ogni anno. Un totale di centocinquanta giorni vissuti insieme. Si, anche il primo. E' stato il cosidetto colpo di fulmine, quello che si vede solo nei film e nei romanzetti rosa. Io l'ho vista, lei mi ha visto, io le ho parlato, lei mi ha parlato e da lì è scoccato l'amore. Senza inutili serenate o quant'altro. Ci siamo piaciuti dal primo istante, ci siamo amati dal primo instante, e ci roviniamo la vita dal primo istante.
D’estate muoio un po’
Aspetto che ritorni l’illusione
Di un’estate che non so…
Quando arriva e quando parte,
Se riparte?
E l'estate veramente mi uccide. Ogni anno, e non solo per il caldo, i bambini, i corpi oliati di chissà quale schifezza. Il finto benessere sulle facce delle famigliole felici. L'estate mi uccide perchè ogni anno aspetto un suo ripensamento. Spero che venga con me in città, abbandoni l'albergo che può benissimo vivere senza di lei. E' forte come proprietà, ha enormi quantità di lavoratori, non ha bisogno di lei. Ogni anno la stessa tiritera. Aspetto che mi dica si, vengo, però a dicembre me ne vado, oppure si, rimango con te, voglio vivere con te. Ma niente. Lei decide di rimanere in quella casa di cinque piani, con centinaia di stanze e nessun posto per un'amore sincero. Quello che le dò ogni maledetto anno. Quello che sento ogni maledetto giorno che non la vedo, non le parlo, non la bacio. Ogni maledetto istante della mia esistenza.
E’ un inverno che è già via da noi
Allora come spieghi
Questa maledetta nostalgia?
Di tremare come foglie e poi
Di cadere al tappeto
E i giorni passano. E da quindici diventano dieci. E da dieci diventano cinque. E il dolore aumenta. Il bello dei primi istanti insieme diventa la rassegnazione che siamo vicini alla fine. La fine di un sentimento ad ore, a giorni, a settimane. Due per l'esattezza. E l'amore distrugge fisicamente, distrugge l'anima ma ti fa amare quando non è ricambiato, distrugge l'anima e ti fa odiare quando è terminato, distrugge l'anima e ti rende immobile, senza meta, senza identità quando è rimandato. Un altro anno mi separerà dall'amore della mia vità. Da quel sentimento che sempre più sento inutile, rovinoso, destabilizzante per il mio umore e per la mia vita. Ma i giorni insieme ripagano di tutto. E' esaltante fare l'amore di notte sulle lenzuola di seta di una camera, che non pago da cinque anni precisiamo, dove io e lei ci diciamo di tutto, parliamo di tutto, ridiamo, beviamo, giochiamo e ci amiamo, regolamente ogni notte. Per farci dimenticare che questo è solo un periodo breve, che il tempo passa e noi non possiamo bloccarlo, che l'amore sembra sempre qualcosa di inutile ma è l'essenza stessa della vita, ma non gli diamo retta.
D’estate muoio un po’
Aspetto che ritorni l’illusione
Di un’estate che non so…
Quando arriva e quando parte,
Se riparte?
I giorni sono finiti. Domani riparto. Dopodomani ritorno al lavoro. Casalinghe annoiate mi daranno parte della loro mattinata per sentirmi parlare di aspirapolveri, contratti telefonici, pentole e quant'altro. Anche se vorranno altre cose da me, adorano sentirsi desiderate, adorano il fascino dello sconosciuto che bussa alla tua porta e potresti non rivederlo più. Donne che sanno cosa vogliono ma che non lo dicono. Certe volte acconsento alle loro lusinghe, sono un uomo anche io d'altronde. Altre faccio finta di niente. Il pensiero di Claudia mi si fionda davanti agli occhi e lì rimane. E penso che anche lei avrà altri amanti durante l'anno, magari ne ha uno invernale come ne ha uno estivo, che sarei io. Ma non ci voglio pensare, non ci ho mai voluto pensare, l'amore che mi dà le appartiene, si vede, si sente, si nota. E domani finisce tutto. Altre lacrime si verseranno, altro dolore si accumulerà per poi essere sfogato nel lavoro. E io andrò di casa in casa a cercare una meta non stabilita, e lei aspetterà dietro al bancone che le foglie inizino a cadere, che la neve prenda possesso del paesaggio, che la pioggia e il sole facciano capolino donando agli alberi nuova linfa e che il caldo si riprenda ancora tutta la forza delle persone. E da quella porta, poi, entri io, il suo amore. Forse stagionale, forse non l'unico. Ma per quindici giorni si. E mi bastano, purtroppo.
E’ arrivato il tempo
Di lasciare spazio
A chi dice che di tempo
E spazio non ne ho
Dato mai
Osservo le lacrime ricoprire le sue guancie paffute. Adoro il suo essere. Adoro il suo corpo. Adoro la sua mente. Adoro stare con lei ma devo andare. Fuggire via verso un'esistenza blanda. Ritornare al mio appartamento, ai miei contratti, ai miei clienti, alle casalinghe, alle persone screanzate che mi chiuderanno la porta in faccia. E solo un pensiero mi farà andare avanti. Solo il suo viso mi farà capire il perchè di tanta sopportazione. Vivere una vita intera solo per un periodo, minuscolo, di quindici giorni. E gli altri 350? Destinarli alla sopportazione eterna o all'attesa infinita? Poco importa sapere la risposta. Lei è qui, e piange, e mal sopporta questo abbandono. Le ripeto ancora la domanda che le faccio da otto anni a questa parte. "Vuoi venire con me?", e lei mi guarda sempre allo stesso modo. Sguardo assente, pensieri vaganti di una risposta che non vuole fare male ma lo farà lo stesso. Il suo viso si accende per un attimo stavolta. Solo per un attimo ma subito si spegne. Le sarà balenata per la mente l'idea di dire "si"due lettere capaci di modificare due vite, forse per l'eternità. Ma la risposta è sempre la solita. "No, non posso". Solita frase, solito pianto disperato. Solita tristezza che ci porta lontani ma pur sempre vicini. L'estate sta finendo, gli alberi iniziano a perdere le foglie, io la guardo mentre mi allontano disperato. Le lacrime inondano il mio viso, così succede anche al suo. Dallo specchietto noto che si accascia al suo, inginocchiata e si porta le mani al viso. Non l'ha mai fatto. Rimango assorto a guardarla. Fermo la macchina. Attendo un suo sguardo verso la mia vettura. Si rialza. Io chiudo gli occhi, e piangente, riparto...
L'estate arriverà di nuovo...
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3 commenti:
Bello, anche se secondo me l'hai tirata un pò troppo per le lunghe!! In ogni caso mi è piaciuto!
E per dimostrarti che l'ho letto davvero ti dico: secondo me l'amante è il signore tedesco a cui stava portando le valigie! :P
Ecco, io ti dico che scrivi poco e tu che scrivo troppo. Ci completiamo ragazzo mio.
Uhm... mi devo aspettare un contro-racconto sulle vincende del tedesco?
Nn so il perxhè nn lo avevo finito di leggere e nn so nemmeno xkè gg appena tornata a casa ho voluto leggerlo.Mi dispiace dirti ke nn è come mi dicevi ma è l'esatto contrario , mi è piaciuto tanto da toccarmi l'anima. bravo more.
ti amo. baci baci.
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