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“Ah, papà, e ti ricordi di quando si ruppe il vaso in corridoio e mamma accusò te negandoti il sesso per un mese? In realtà sono stato io!” – gli direi.
“Ma che bravo figliolo” – risponderebbe lui ridendo a crepapelle.
“E, mamma, ti ricordi di quando dissi che era entrato l’idraulico per ore e ore e ore nella tua stanza e papà se ne andò via di casa per un mese(guarda caso lo stesso periodo di cui sopra), beh, non era assolutamente vero!” – gli rivelerei.
“Oh, caro, che pensiero gentile” – direbbe sganasciandosi anche lei.
“Infatti era il muratore.” – a questo punto mio padre collasserebbe di risate, ma sto divagando.
Oggi apriranno quella porta e io dirò ciò che sento dentro da anni e anni. E poi mi nasconderò sotto la enorme mole di zio Bruno, una specie di orso del Paleolitico, molto alto, grosso e barbuto, che ha sempre parlato poco, pochissimo, in tutta la vita. E’ il fratello di mia madre, e per quanto lei sia prolissa, lui è silenzioso. Lui ascolta, o forse non è mai riuscito ad avere l’ultima parola con lei, da piccolo, e quindi da quel momento ha deciso che era giunta l’ora di ascoltare, piuttosto che di ciarlare inutilmente senza essere sentito. Zio Bruno ha una moglie bassa, come spesso accade ai giganti, ma stranamente non riesco mai a beccare in giro delle stangone farsi accompagnare da dei tappetti, troppo maschilismo in questa società, l’ho sempre detto e sempre lo farò.
Zio Bruno ha cresciuto quattro figlie femmine: leggende narrano che non sia mai più riuscito a parlare dopo la nascita dell’ultima. Una volta, se il narratore non ha romanzato troppo la cosa, sembra abbia detto che “cinque donne per casa sono una meraviglia, non si riesce a fermare quell’orda di pensieri sublimi che io, da maschio, non posso certamente nemmeno pensare di interrompere”. Forse in realtà l’ha scritto su un foglietto, chissà.
Comunque sono arrivato, le macchine fuori fanno presagire che tutti siano entrati, non vedo le pompe funebri, quindi la maledizione della zia Maria è fallita, per una volta, o forse ha appena deciso di foderare gli artigli o, santa miseria!, mio padre avrà un infarto. Cribbio, non ci avevo pensato, non è il momento, non sono preparato. Ho bisogno di un valium. E ora che il panico mi ha ormai assalito, si apre la porta. E’ Michela, per fortuna.
“Fratellone! Cosa ti è successo? Sei bianco cadaverico!” – mi dice, mentre cerco di riprendere fiato.
“Non è il giorno giusto, non è il tempo giusto, non è l’anno giusto, non è il millennio giusto. Zia Maria…papà…rivelazione portano ad infarto. Tre indizi. Non si può.” – straparlo.
“Calmati, non è successo niente, ora andiamo in cucina, ti prendi un bel bicchiere d’acqua e finalmente cerchi di spiegarmi per bene cosa ti sta accadendo. Non vomitare, mi raccomando, che mamma c’ha messo una settimana intera per far brillare la casa, e se la sporchi anche solo camminando ho il sentore che potrebbe prenderti a testate. Bentornato a casa!” – suona come un augurio macabro, se ci si fa caso.
(2 - Continua)
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