venerdì 25 dicembre 2009

L'errore del piacere



Cosa c'è di meglio di un post di auguri natalizi? Un post senza auguri natalizi ma con un racconto che di natalizio non ha nulla, da riassumere in poche semplici parole:

Il Bloggo degli Sgrittori, nell'augurarvi buon Natale, vi invita alla lettura di un giallo che, mesi fa, usai per un concorso sostenuto da un settimanale femminile. Ovviamente i sei vincitori(tre per sezione) furono tutte donne. Che caso! Non sono un dietrologo ma, diciamo, che gli articoli di entusiasmo si sprecavano per la partecipazione femminile mentre, in sette mesi, neanche una riga fù dedicata a quella maschile. Ma, si sa, alla fin fine si accetta qualsiasi giudizio. E ora, con sommo piacere, attendo il vostro. Mangiato bene ieri sera? Giocato bene? Vinto o perso? Avete bisogno di un digestivo? Eccovi questo bel raccontino che vi concilierà il sonno, la mente e tanto entusiasmo. Buon Natale. E felici mangiate!

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Dolore alle ossa. Gli arti iniziano pian piano ad abbandonarmi. Sento un cerchio alla testa che sembra quasi farmela scoppiare. Penso, tra me e me, che forse sarà già l’aureola. Ma non credo di meritarla, o meglio, non ci ho mai pensato. Non sono un religioso e neanche un anti-religioso. Non so cosa sono. Ma so cosa ero. Un giovane ragazzo promettente a quindici anni, un genio della matematica a diciotto, un campione di basket giovanile a ventuno e un detective quasi morto a trent’anni. Sull’asfalto, bagnato come un sogno di un’adolescente. Sul catrame, che olezza di un acuto fetore di pneumatici, bisognerebbe dire al proprietario dell’ultima macchina che è passata di qui che dovrebbe fare un check up completo, perdeva olio. Io da domani non potrò dire niente a nessuno, ormai sono finito. A meno che qualcuno non mi salvi all’ultimo istante, ma la vita non è mica un film, qui si muore davvero e non c’è possibilità di un bis. Bello chiudere la propria esistenza con una frase ad effetto. Peccato che non era neanche mia. Alzo il sipario con una citazione, spero che il Sommo o l’Infimo non ne abbiano a male di così misera originalità. Buio.

Luce. E’ giorno ormai ed il mio cadavere giace arrogante in mezzo alla strada che conduce all’Ippodromo. Oggi per i piccoli e grandi puledri sarà giorno di festa. Niente corse, solo macchine della polizia, medici e fotografi. E agenti ovviamente, tutti qui per me. Potrei quasi sentirmi importante.
La zona, dopo la chiamata del custode, è stata già recintata, ma non saranno quattro nastri gialli a fermare i curiosi. Un omicidio è quanto di più bello e macabro attira l’essere umano, se poi si aggiunge che il cadavere sono io, tutto ciò è ancora più interessante. I flash del fotografo mi sconvolgono, non ho mai ricevuto così tante foto in tutta la mia vita. E mi pento di non essermi posizionato col mio lato migliore. Prometto che al prossimo omicidio ai miei danni ci penserò.
Finalmente in tutta la marmaglia sembra arrivare qualcuno che sa il fatto suo: il tenente Jay O’Connolly, un vero duro. Uno che Humphrey Bogart se lo mangia a colazione, uno che l’ispettore Derrick, al suo confronto, è un personaggio di fantasia. Alto, brizzolato, barba incolta, occhi azzurri pieni di sapere, e un problema al ginocchio destro che si porta da quando, da giovane, cadde durante una partita di calcio.
“Chi abbiamo oggi?” – Deciso, diretto, come solo lui sa essere.
“Fabio de Stasi, trent’anni, celibe, detective privato, ha collaborato molte volte col nostro distretto, una brutta perdita.” – questo è Alex Martelli, agente scelto, il suo braccio destro, lavorano sempre a stretto contatto. Molto meno sognatore del tenente, gli serve per avere un contatto più stretto con la realtà.
“Non esistono buone perdite, amico mio, parla col dottore e fatti dire l’orario del decesso,io scambio due chiacchiere col custode.” – detto, fatto. In due secondi ha già in mano la situazione. Si trattiene a parlare col vecchio pensionato, tale Guglielmo Coscioni, che ora vigila nell’Ippodromo. Non ci ricava niente. E’ normale, in questo quartiere nessuno vede, nessuno parla.
“Alex, che ti ha detto il Coroner?” – ritorna dal suo sottoposto, la domanda è gentile, calma, precisa.
“E’ morto tra le quattro e le sei del mattino. Cavato qualcosa dal Coscioni?”
“Per essere un custode non custodisce niente. Era a casa, dice che lo fa spesso perché a nessuno interessa rubare i cavalli dato che qui ci sono solo brocchi.”
“Non le sembra sospetto, capo?”
“Si, la cosa mi puzza e non poco.”
“Sarà il cadavere?”
“Bella battuta, Martè.” – Nessun rispetto per un giovane deceduto. Dove andremo a finire?

Intanto il mio assassino si dirigeva felice e fiero verso la sua casa. Il suo lavoro l’aveva svolto, aveva eliminato qualcuno che sapeva molto su alcuni traffici del suo capo. Dopo la nottata insonne era sicuro di meritarsi un degno riposo. Apre la porta della sua abitazione, situata in un condominio popolare fatiscente, tronfio. E’ certo che, da domani, dopo questo servigio, la sua situazione cambierà e si ritroverà a vivere in un appartamento al centro storico, ultimo piano, con due sorelle gemelle che condividono casa con lui, e non solo la casa. Ma, la vita si sa, è piena di imprevisti. E anche quando ti senti sicuro nelle tua mura domestiche, tutto può sempre accadere. Un caffè può essere fatale. Soprattutto se, ai granelli che inserisci nella moka, ci aggiungi anche del veleno abilmente mascherato. E un momento di relax diventerà il tuo ultimo istante di vita. Goditelo fino all’ultimo quell’intruglio nero ripieno di caffeina. E’ l’ultima cosa che assaggerai, ragazzo mio. E succede esattamente così, un nodo alla gola, poi un rantolo e una corsa disperata verso un punto nello spazio indefinito, e il tuo corpo, in pochi istanti, giace a terra esanime. Ti è andata male, amico. E forse tu non te l’aspettavi neanche.

Altrove. Altro luogo. Altro spazio. Altre persone.
“Capo, il detective è andato e con lui anche “Il Gobbo”. Ma non ho capito una cosa, perché eliminarlo?”
“Era solo un delinquentello da quartieri. E andava messo a tacere. Poteva iniziare a pensare di essere importante, è un messaggio a tutto il gruppo. E tu, non ti permettere di dubitare di una mia scelta, mai più, sia chiaro?”
“Certo capo.”
Arturo di Lio, capo della malavita della città. Un essere spregevole, arrogante, anche anti-estetico. Grosso, alto, flaccido, ma infonde una paura innata nei suoi nemici, e anche nei suoi, pochi, amici. E’ l’italo-americano per definizione. Prima iniziò come pizzaiolo, poi scoprì il piacere della criminalità e si ritrovò, in poco tempo, a comandare un piccolo esercito. Io mi sono messo contro di lui. Ed ho sbagliato. Tremendamente sbagliato. Il suo braccio destro è “Il Vecchio”, un ragazzo di belle speranze che un giorno potrebbe anche prendere il suo posto, se Don Arturo glielo lascerà, sia chiaro.

Intanto il tenente ed il suo sottoposto sono tornati alla stazione di polizia. Discutono sulla mia dipartita, è un piacere essere considerato così tanto.
“Allora, Investigatore Privato, in regola, non ha mai dato fastidio a nessuno. Perché è stato ammazzato?”
“Son domande a cui potrei rispondere solo con una palla di vetro, Alex. Ma non mi sovviene niente.”
“Controllando i suoi traffici telefonici risultano chiamate ad un numero preciso, appartenente a tale Rose O’Brian.”
“Un nome così comune che non può dire niente, ma che dice tantissimo. Contatta la signorina e vediamo dove possiamo arrivare.” – Ecco, hanno fatto bingo ma ancora non se ne sono accorti. La verità è vicina, signori miei, molto vicina.

La signorina in questione, intanto, è intenta a fuggire. Dal suo appartamento prende poche cose, le butta tutte in una valigia senza pensarci due volte e sta per correre via. Ma, ad un tratto, il telefono inizia a trillare potente, e, in cuor suo, Rose, spera che dall’altra parte ci sia la soluzione a tutti i suoi mali. Inizialmente titubante decide di rispondere.
“Pronto?”
“Parla Alex Martelli, agente del 21° Distretto. E’ la signora O’Brian?”
“Signorina”
“Si, giusto. Volevo chiederle ma lei aveva dei contatti con tale…Fabio De Stasi?” – Ed ecco, come un pugnale infilzato dal miglior assassino di New York arrivare un colpo dritto al cuore, al solo suono di quel nome. Il mio.
“…”
“Signorina?”
“Si, lo conosco, è, era, il mio ragazzo.” – Un suono sordo riecheggia nella stanza, la porta è stata sfondata. Lei è stata trovata. Ed è sola, senza possibilità di difendersi.
“Signorina cosa succede?”
“Devo andare!....” – e la chiamata si interrompe, lasciando Martelli allibito.
Nell’appartamento di Rose, due individui armati sono arrivati carichi di odio nei suoi confronti. Ma la sua fine è rimandata. Intanto lei sviene, e i due, seppur indifferenti al suo dolore, la caricano e la portano altrove.

“Capo, un miglioramento”
“Spara!”
“La signorina O’Brian mi ha appena rivelato che il detective era il suo ragazzo, poi si è sentito un colpo forte e la chiamata si è interrotta.”
“Andiamo subito al suo nuovo indirizzo, non vorrei che ci fosse un altro cadavere questa mattina da far sgombrare.” – Ancora più diretto, verso la verità, che è dietro l’angolo.

I due arrivano in poco tempo, non avranno trovato traffico, per una volta. L’appartamento di Rose è ormai quasi devastato. Il telefono è lasciato a terra, in un angolo. Nell’altro, su un letto, la valigia che stava preparando.
“Stava scappando da qualcosa o da qualcuno. E forse so anche di chi parliamo.” – O’ Connoly sembra sicuro di se.
“Che pensiero si è fatto, Tenente?”
“Che il povero detective si è cacciato in qualcosa di troppo grosso per lui.” – E non sai nemmeno quanto.
“Capo, ora che ci penso, la ragazza sapeva della morte del De Stasi. Sapeva tutto.”
“Forse ho capito, Martè, prima ho notato che la signorina lavorava da “Harrold’s””
“Il bordello?”
“Ufficialmente è un Night Club. Direi di andare a darci un’occhiata. Forse ho capito la situazione” – Bingo!

Si è fatta sera, ormai. Rose giace a terra in uno scantinato puzzolente e malridotto. Da sopra si ode una musica lieve, soffice, di intrattenimento. Al suo fianco un respiro forte, affannoso, che avrebbe preferito dimenticare.
“Ciao tesoro.”

Martelli e O’Connoly, intanto, sono arrivati al Night Club. Meglio mettere da parte i tesserini, potrebbe succedere di tutto qui. Il buttafuori è un nero, basso, sulla sessantina, si vede che non ha voglia di lavorare. Infatti dorme beato su una sedia appostata fuori al locale. I due, senza pensarci troppo, entrano senza problemi.

“Capo, questo è il paradiso!” – Ragazze discinte ballano su musiche inutili, potrebbero non fermarsi per ore, per guadagnare qualcosa da dare ai loro parenti lontani.
“Martè, siamo qui per lavoro. Dai un’occhiata in giro. Io cerco porte secondarie.”
“Ok, capo. Anche due di occhiate.” – Povero ragazzo, tutto lavoro e niente divertimento.

Mentre il suo secondo sembra ammirare il panorama, il vecchio Tenente nota un piccolo particolare. Davanti ad una porta chiusa, due energumeni osservano la situazione. Con una mossa fa capire al suo sottoposto di creare un diversivo. Martelli intuisce ed inizia a sbraitare per il locale. I due, come morsi da una tarantola invisibile, si muovono all’unisono verso il povero agente. Il tenente, intanto, corre, in un lampo,verso la porta, si ritrova su una rampa di scale ed inizia a scendere.

“Piccola, sono qui per te” – Il suo alito puzza di uova marce. Lo odiavi e lo odi ancora. Ma ti ha fatto ridestare adesso.
“A…Arturo, amore mio.” – Ed un ceffone ti molla sul tuo viso delicato. – “Perché amore? Perché?”
“Perché mi hai tradito, sgualdrina. Io ti amavo, ti amavo!” – Anche i criminali hanno un cuore. Molto sotto.
“Ma io ti amo, giuro che ti amo. Sei l’unico per me.”
“ E chi era quel detective eh? Uscivi con lui, ti vedevi con lui, facevi l’amore con lui. Tutto alle mie spalle.” – E mentre continua a parlare non si accorge ciò che veramente accade alle sue spalle. Il Tenente è lì, con la pistola puntata.
“Alza le mani, Di Lio!” – Ecco, mai commettere quest’errore con un boss.
“Certo che si” – Si gira di scatto. Quasi impossibile, se si pensa alla sua mole, ma ha il tempo di estrarre la pistola e sparare. Il tenente, per istinto, si sposta e restituisce il colpo. Per lui è più facile colpirlo. Dritto alla testa, senza pensieri.
Ora giace a terra un uomo di due metri senza vita. Connoly si fionda sulla ragazza e la cinge a sé e come in un miglior film degli anni 50 le sussurra parole dolci.
“Pupa, ti ho salvato la vita, ora dimmi cosa è successo!” – Non tanto dolci.
Lei inizia a piangere, quindi decidono di continuare la conversazione al commissariato. Mentre salgono le scale, si inorridisce davanti al cadavere del “Vecchio” anche lui preso alla sprovvista.

Al Distretto, Rose si rianima ed inizia a parlare.
“Ero la sua ragazza, di Arturo. Poi, per caso ho conosciuto Fabio e ci siamo innamorati. E quello era amore vero, lo sentivo vero. Era tutto quello di cui avevo bisogno, e abbiamo cercato di scappare via. Per ricominciare. Ma non ci siamo riusciti.”
“Delitto passionale, un classico. Beh, son contento che questa città abbia un boss in meno, ma ho paura di chi potrebbe prendere il suo posto. Anche se per una volta la giustizia ha vinto.”
“Parli per lei, tenente. Io ci ho rimesso due costole.” – Povero Martelli. La sua manfrina nel locale l’ha portato a prenderle dai due energumeni. Ma cosa non si fa per la verità?
“Signorina lei può andare, ma le consiglio, per il futuro, di stare lontano dai guai. Ci risentiamo per il processo.”
“Sicuro di non volermi vedere prima, tenente?”
“ Lei si che è una donna che va veloce, da Gordon’s alle nove?”
“Certo, al suo servizio.”

E se ne và, lasciando nell’aria la dolce freschezza del suo profumo. Sapevo di non essere il solo per lei ma pensavo piangesse di più sulla mia morte. D’altronde così và la vita, prima sei tutto, poi sei niente. E oramai che il caso è chiuso, il mio spirito può andare. E’ stata un bella vita dopotutto, breve e concisa ma divertente. Ora devo solo aspettare la fine dell’eternità. Hai detto niente…

FINE

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