sabato 4 dicembre 2010

Colpevole!



Mal di testa. Grande mal di testa. Mi sembra di aver dormito sul pavimento, cosa che temo di aver fatto. D'altronde sono ancora straiato a terra. Credo debba essere ancora nel bar di Alberto. Forse ho anche bevuto, deve essere questo il motivo del mio riposino improvvisato e poi ho un alito tremendo. Son sicuro che non riuscirei a migliorarlo neanche se mi mettessi un arbre magique ficcato giù per la gola. Qui ci serve direttamente l'idraulico liquido. Basta, devo alzarmi. Se solo riuscissi ad aprire gli occhi, una luce forte mi impedisce di capire cosa sta succedendo. Muovo le braccia per alzarmi, le uso a mò di visiera. Finalmente riesco a vedere. E lo spettacolo non è quello che speravo.
Poliziotti. Tanti poliziotti. E uno, anzi due, anzi tutti, mi guardano, mi indicano, mi tengono la pistola puntata. Che bello. Devo essere finito a Cinecittà durante un serial e neanche me ne sono reso conto. Ma col cazzo che gliela firmo la liberatoria, mi hanno fatto un provino da ubriaco. Chissà cosa avrò mai detto!

"Tu, alzati. Lentamente", mi dice una signorina dai modi bruschi. Bella, sicuramente, alta, slanciata, con tutte le cose sue al posto giusto. Forse un po' troppo magra, se devo dirlo, ma fa niente. Poi a me le divise, sulle donne, sono sempre piaciute. La mia preferita è l'infermiera. Il camice bianco, soprattutto se è in due pezzi, è un toccasana per ogni parte del corpo. Quelle sì che fanno un servizio utile alla collettività. Comunque mi osserva, la poliziotta sexy, devono pagare bene per questa serie. Hanno trovato una bellona niente male.
"Mi alzo, piccola. Non ti preoccupare" - e lo faccio. Ma cado quasi all'istante all'indietro. Non ce la faccio a mantenermi, sono sbronzo. O meglio: ero sbronzo e ora devo ancora riprendermi. Per fortuna cado sul morbido. Alberto avrà deciso di metterci qualche cuscino qui per terra, grande idea. Quell'uomo lì ha sempre avuto grandi idee nella sua vita: una volta riuscì a raddoppiare la clientela del suo locale nel giro di un'ora. E con una trovata geniale: convinse un gruppo di turiste tedesche che da queste parti era normale improvvisare lap dance quando si visitava un paese che non si conosceva. E quelle ci hanno creduto. In un'ora più di duecento maschi infoiati riempiva questo luogo di birre, superalcolici e biliardo. Che uomo. Che genio. Vabbè, mi rialzo. Ma prima riprendo il cuscino che mi ha salvato il culo. Anche se era un po' troppo duro. Mi giro e noto che non c'è alcun para-chiappe. Lì, a terra, in una pozza di sangue c'è Alberto. Stavolta mi alzo. Di scatto. E mi mantengo in piedi.
"Porca paletta" - esclamo. Poi mi rendo conto che ci sono fior fior di individui e cerco di aggiustare il tiro.
"Porco cazzo distillato all'altare!" - esclamo. Almeno mi do un tono.
"Lei vuol farmi credere che è la prima volta che vede tutto ciò?" - mi parla ancora la poliziotta sexy, che per comodità d’ora in poi chiamerò "Bona".
"Beh, forse non sono bravo nelle esclamazioni di stupore ma se vuole mi ci posso allenare. Non so, non avete un vocal coach qui? Un aiutante per le battute difficili, un mimo per le facce complicate?” – Bona mi guarda male. Forse ha appena finito una storia d’amore con uno dei tre che ho appena nominato. Anzi, a guardarla bene, direi con tutti e tre.
“Lei, alzi le mani. E si volti.” – mi dice Bona. Che è perfettamente entrata nella parte. – “Al mio tre sparo, se non si gira.” – Forte la tipa. Credo che le chiederò l’autografo. Ma il migliore qui dentro resta Alberto. Cazzo, quanto è reale. C’è da rimanerci secchi, per com’è bravo a far finta di esserci rimasto secco. Comunque le do retta. Mi mette le manette al polso. Un po’ mi eccito.
“La mia parola d’ordine è salvaguardia” – le rammento.
“Lei hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà potrà essere usata contro di lei in tribunale. Ha diritto ad un avvocato. E se non può permetterselo gliene verrà dato uno d’ufficio.” – E così via. Bona sarà anche brava ma non improvvisa. Ci vorrebbe un colpo di scena. Qualcosa che nessuno si aspetta. Un diversivo entusiasmante.
“Lì, in alto: c’è qualcosa!” – urlo. E tutti si voltano a guardare verso la finestra. Qualcuno scutra verso l’orizzonte. Bona continua a vedermi di sbieco, come si addice ad una vera protagonista principale con i controcazzi.
“Cosa hai visto” – mi chiede una qualsiasi comparsa vestita da poliziotto che chiamerò comodamente “Tizio”.
“Ma come, non l’avete notato? C’era Superman”. E guardo in qualche punto indefinito in cerca di una camera. Non ne trovo nessuna. Ecco, ora che ci penso non c’è alcuna ripresa. Non c’è alcun regista. Non c’è alcun scenografo, aiutante, attrezzista, schiavetto. Non c’è nessuno. C’è solo Alberto con tanta gente che gli scatta foto attorno, Bona con i suoi occhi gonfi di rabbia, Tizio che mi guarda divertito, e un congresso di tipi che mi osservano dubbiosi.
“Ok. Era uno scherzo. Ma si può sapere cosa è successo? – chiedo. Magari qualcuno mi risponde con sincerità e me ne posso tornare a casa prima che inizi “Porta a porta”. E poi attendere che incominci e spegnere la tivù.
“Lei è accusato dell’omicidio di Alberto Dominici. Nelle sue tasche non abbiamo trovato nulla, né un documento, né qualche oggetto di riconoscimento, indi non siamo ancora certi della sua identità. Ora la porteremo in centrale per iniziare l’interrogatorio. E sarà bene per lei che la finisca di fare lo stronzo.” – afferma Bona. Che quando si arrabbia è così caruccia. Comunque mi sento svenire. Rimango in piedi. Noto che coprono Alberto con un telo. Mi incammino verso l’uscita. Esco fuori scortato da Tizio e da Amico di Tizio. Guardo la gente che mi osserva, sorrido, sono un serial killer oggi. Domani sarà un giorno migliore. Almeno spero. Bona mi dice di abbassare la testa mentre entro nel sedile posteriore della sua Fiat Polizia. Chissà che modello è, non sono mai stato ferrato con le macchine. Guardo la gente. Di nuovo. Loro mi ri-osservano. Un tizio c’ha la faccia familiare. Mi saluta da lontano. Parla senza emettere voce, solo con le labbra. Mi sembra di capire qualcosa tipo “Bye bye” o magari “Ei fu, siccome immobile dato il mortal sospiro”. Ah no. Ora sta scandendo le parole. “Il”. E questo l’ho capito. “Prossimo”. Ok. “Sei”, me l’ha fatto a numero, indi è facile. “Tu”. Il prossimo sei tu.
“Porca paletta.” – Mi sconvolgo, ma per fortuna non c’era nessuno a sentirmi. Ne va della mia immagine di serial killer macho.

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