Dalle foto delle lettrici che il mio coinquilino di blog posta da queste parti, mi accorgo con piacere che il nostro blog sta acquisendo un pubblico sempre più selezionato e stimolante. Buona parte del merito, è inutile negarlo, va alla rubrica "Lunedì Botte", che infiamma i cuori dei giovani longweiani e fa accaldare le nostre giovani visitatrici.
E allora, bando alle ciance, Lunedì Botte sia!
RedBelt è un film di arti marziali, sì, ma in maniera del tutto sua.
E' un film che parla di botte, ma di quelle che si prendono nella vita. Parla di combattimento in senso lato, di tutta la filosofia che si cela dietro il mondo delle arti marziali. Praticarle non significa semplicemente picchiare duro, significa assumere una consapevolezza di sé che diventa parte integrante della vita di tutti i giorni.
Lo sa bene Terry Mike, interpretato dall'attore Chiwetel Ejiofor, ex militare, addestratore per i corpi di polizia e allenatore di una scuola di Ju Jitsu. Uomo integerrimo, con un'etica forte e rigorosa, un eroe puro in un mondo in cui corruzione e bugie sono all'ordine del giorno. Il film, scritto e diretto da David Mamet, mostra tutto quello che il combattimento è e al tempo stesso che non è, suggerendo in maniera cinica e mai didascalica le mille sfaccettature che si nascondono dietro questo mondo.
Terry è un uomo buono. Quando una giovane avvocatessa entra nella sua scuola e, inavvertitamente manda in mille pezzi una finestra con un colpo di pistola di un poliziotto che era lì ad allenarsi, l'uomo e il suo amico cercano di fare il possibile per coprire la donna dalle conseguenze di quello che è stato, effettivamente, un incidente.
E quando Chet Frank, un noto produttore cinematografico, viene pestato in un pub, l'allenatore interviene nella rissa per prendere le difese dell'uomo. Senza sapere niente di lui. Mike sa solo cosa è giusto fare in quel momento.
Ma a questo punto, per l'allenatore, tutto cambia. Il mondo di Chet Frank entra nel suo, portando con sé tutto quello che di sporco c'è nell'ambiente dei combattimenti. Bugie, scommesse, enormi giri di soldi, oggetti rubati e rivenduti, debiti e disperazione. Business, in una sola parola. Lo stesso business da cui Terry aveva sempre cercato di fuggire. Lo stesso Business che lo vedrà costretto a salire su un ring fatto di combattimenti truccati e corruzione. Lo stesso Business che lo vedrà costretto a vivere un dramma che sembra rinnegare tutti i suoi stessi insegnamenti.
Mike viene tradito. Le sue idee sul metodo di insegnamento gli vengono rubate per essere stravolte, le sue azioni, compiute in buona fede e per aiutare chi gli è amico, vengono manipolate per metterlo con le spalle al muro, il fascino dei soldi (e della ruota che gira, per dirla con le stesse parole del film) coinvolgono e allontano da lui chi dovrebbe essergli più vicino.
"Non c'è situazione da cui tu non possa scappare" ripete spesso e volentieri l'allenatore.
E quando, di fronte alla scoperta che anche il proprio incontro era deciso a tavolino e lo vedeva vincitore, Mike capisce di essere finito in una situazione senza via d'uscita. Ci penserà la giovane avvocatessa - nel frattempo diventata sua "allieva" - a fargli ritrovare il contatto con se stesso, con quell'Io più puro che nessuno avrebbe mai potuto costringerlo a tradire. E Mike non lo tradisce, combattendo, così come gli era stato chiesto. Ma secondo le proprie regole: con onore, lealtà, fuori dal ring corrotto, riuscendo a portare l'attenzione della folla verso una lotta senza compromessi, ritrovando così il proprio riscatto di fronte a chi fino a quel momento aveva deriso il suo modo di concepire le arti marziali.
In un'ultima, emozionante scena muta, Mike viene insignito della Cintura Rossa, il 10° Dan del Ju Jitsu, il riconoscimento più importante di questa pratica.
Mike ritrova se stesso, percorrendo una personalissima Walk of Fame che ha però tutto il sapore amaro di appartenere a un mondo che si è da tempo allontanato dall'essenza di quello per cui era stato concepito: arti marziali come filosofia di vita, Ju Jitsu come arma non per combattere ma per difendersi e proteggere la propria integrità. Integrità che l'eroe riesce a tutelare, perdendo però tutto il resto. A caro prezzo, per restare in tema di soldi. C'è sempre una speranza, però, e Mike lo sa bene. Forse non sempre tutto può essere riconducibile al Business.
Viene spontanea la risposta alla domanda di rito, quindi: avrebbe potuto Long Wei calarsi nei panni di Mike Terry? Ovviamente sì, i due condividono la stessa integrità morale e sono guidati dallo stesso credo. Long Wei, proprio come l'allenatore di Ju Jitsu, mette la corporeità delle arti marziali al servizio della propria spiritualità, e viceversa.
Forse Long Wei non ha ancora raggiunto quella piena consapevolezza di sé da ritenersi degno di allenare e gestire una scuola. I suoi fantasmi sono sempre alle porte, rendendolo a volte più fragile e vulnerabile di quanto voglia essere. Ma il ragazzo è sulla buona strada, in fondo. "Non c'è situazione da cui tu non possa uscire", gli direbbe Mike Terry, se solo i due potessero incontrarsi.
Avete visto:
RedBelt
di: David Mamet
con: Chiwetel Ejiofor, Emily Mortimer, Alice Braga, Tim Allen, Joe Mantegna
USA, 2008
Prossimo appuntamento con Lunedì Botte sul blog di Stefano!
Un grazie a Michele Monteleone per la locandina e il supporto morale!
Un grazie a quel tipo dai capelli lunghi e il cappotto simile al mio, meglio noto come "The Lord of the post-it", per avermi consigliato il film in questione.
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