giovedì 19 giugno 2008

C'era un uomo in quel locale...





C’era un uomo in quel locale, ed era solo. Giocava alle slot – machine passando freneticamente da una all’altra, in attesa di una vittoria che non arrivava. Consumava dieci euro con la media di cinque minuti, e ogni volta si giurava, e giurava a noi, che sarebbe stata l’ultima. Io e il mio amico Enrico rimanevamo lì a parlare dei fatti nostri, aspettando insonnoliti che arrivassero le 2, cercando di fare caso il meno possibile a quell’uomo che, con un semplice colpo di leva, stava affidando la sua serata a tre banali diamanti allineati. Quell’uomo aveva l’aria di un uomo solo, di un uomo a cui la vita non aveva mai chiesto nulla perché non aveva mai voluto dargli niente. Si avvicinava al bancone con aria timida, senza dire nulla, quasi a voler chiedere scusa di essere lì, come se stesse rubando qualcosa a qualcuno. O forse, più semplicemente, sapeva di essere ladro di se stesso, della propria vita, e non voleva ammetterlo. Dopo una decina di minuti, quando il locale stava per chiudere, io e i miei amici siamo usciti e, fermandoci a parlare, abbiamo sentito lo stesso uomo imprecare. L’abbiamo visto uscire furioso, sbattere il portafoglio per terra e prenderlo a calci, in preda ad una rabbia cieca che lo aveva trasformato dall’uomo mite di qualche minuto prima ad un’altra persona.
Io ero lì, a guardarlo, chiedendomi come si potesse sentire quello strano personaggio e se, nel migliore dei casi, riuscisse a sentirsi in qualche modo. Ero lì a chiedermi quale percorso avesse dovuto affrontare per arrivare lì, quella precisa sera, in quel preciso locale, a giocare a delle slot per colmare il vuoto che forse aveva dentro. Mi chiedevo se avesse una donna che l’aspettava a casa, se un affetto, un amico, una famiglia da cui andare, se fosse di quella vita. Mi rispondevo che molto probabilmente no, non aveva nessuno, e non era felice di quella vita. Mi dicevo che la vita è uno strano gioco, una gara in cui bisogna lottare fin dall’inizio, senza esclusioni di colpi, per cercare di arrivare al traguardo nel migliore dei modi possibili. E allora ho cominciato a domandarmi cosa rende una vita davvero degna di essere vissuta, cosa la rende viva, unica, preziosa. E mi sono chiesto se io, un giorno, diventerò esattamente come lui. Se avrò un lavoro che mi piacerà, se sarò accanto alla donna che amo, se avrò degli amici e degli affetti, se la strada che ora penso di voler intraprendere sia quella giusta. Se, insomma, avrò una vita normale, che magari non sarà eccezionale ma che mi farà pensare di non aver buttato i miei anni e il mio tempo. Non lo so, sono solo paranoie, ma da quando ho visto questa scena non faccio altro che pensarci. Che ne sarà di me? Che ne sarà di noi, di tutte quelle persone a cui tengo, della donna che amo, delle persone che ho conosciuto ma che non vedo più, di quelle che hanno sfiorato la mia vita solo per un attimo ma che magari, nel loro piccolo, hanno lasciato per sempre il segno? Che ne sarà di tutte quelle persone a cui volevo dire qualcosa, ma a cui non ho avuto il coraggio di dire niente? Forse la loro vita sarebbe dipesa da quelle mie parole, e ora il loro destino è completamente stravolte. Paranoie, paranoie tristi, ma la tristezza che mi ha assalito in quel momento era così forte da farmi stare male. E mi ripeto che devo sfruttare il mio tempo a disposizione, che non devo buttare neanche un attimo di quanto mi sta venendo concesso. Ma poi, puntualmente, quando mi fermo a pensare e a guardarmi dentro, mi scopro terribilmente inutile e pietrificato davanti al pensiero del mio futuro che incombe e che aspetta di essere scritto dal mio presente puntualmente impreparato.

p.s. lo ammetto, mentre scrivevo questo post ascoltavo “Time” dei Pink Floyd, ma, per favore, non ditelo a Lello!!! :P

4 commenti:

Cate ha detto...

Bèh Diggy...in primis, che cacchio di bar frequentate per vedere sta gente???( praticamente frequentate un qualsiasi bar..)
Comunque e per quello che vale, io credo che riuscirai a dire quello che volevi, quello che ti è rimasto dentro e continua a rimanere lì..e credo che riuscirai a dirlo a molta gente...tanta che neanche ti immagini( poi magari ti aiuta zio Sergio, insieme a mamma Sclavi e papà Moore)e magari riuscirai a rendere quella gente felice, o la farai piangere, sognare, incazzare...
Sfrutta il tuo tempo, non perderlo, ma non crucciarti del tuo presente impreparato( se non fosse impreparato non sarebbe presente e non avresti la possibilità di crescere), quella è la base per il tuo futuro,il futuro che è come la linea dell'orizzonte, il futuro che vuoi e che scegli...e il tempo che hai a disposizione serve per preparare quel presente e renderlo il futuro...il tuo...non sentirti inutile...non lo sei...

luttazzi4ever ha detto...

Quello del futuro è un argomento che appassiona i ragazzi, ripudiano i bambini e gli adolescenti e accettano gli adulti. E' un argomento forte, non sai mai cosa succederà finchè non avverrà. Tutti i programmi che, magari, ci facciamo andranno a farsi friggere o, forse, riusciremo a concretizzarli e non ci sembreranno sta grande cosa. Oppure un giorno riusciremo a fare tutto quello che ci siamo prefissati di fare in una vita e ci sentiremo appagati. L'importante è andare avanti per la propria strada, ominide pulcioso, e capire quando è l'ora di cambiarla(attenzione ai bivi direbbe Enrico)e di scegliere le persone che ci accompagnano su quel cammino. Buona vita ignobile personaggio! E dai che ce la fai!(e io speriamo che me la cavo!)

DjJurgen ha detto...

@Anja: grazie mille, davvero...il tuo commento mi ha davvero colpito...spero solo che sarà come dici tu, io intanto ci proverò con tutte le mie forze! ;)
p.s. ovviamente lo stesso discorso vale anche per te, anche se tu hai lo svantaggio di non provenire da una famiglia come la mia! :P

@Lutty: ti ringrazio per le illuminanti parole...cercherò di trarne un prezioso consiglio: se un giorno ad un bivio dovessi incontrare Enrico Ruggeri, cambierò strada!! :P

Cate ha detto...

oddio no..Enrico Ruggeri Noooooooooooooooooooooooooooooooo!!!!
Per favore pietà....

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