venerdì 31 agosto 2012

La scelta


(Penultima parte di un racconto che si concluderà tra domani, domenica o lunedì, dipende da quando avrò tempo per scriverne il finale. Se sei giunto fino qui finisci di leggerlo, ormai il danno è fatto. Se invece non sapevi dell'esistenza di questo racconto, è giunto il momento di iniziare a leggerlo tutto dalla prima puntata. Fallo. Prima di Umberto Eco perchè sennò è lui che si prenderà il merito di avermi scoperto. Dai, cosa aspetti?)

Se ora fossi in una sceneggiatura scritta da un tizio capellone e magro da far paura, mi sveglierei su di un treno, magari il primo che ho preso in questa strana giornata, e tutto quello che è accaduto da quando sono uscito di casa ad ora sarebbe da cancellare. Ma non è un sogno proprio no. Anche se Lei, Samantha, la donna che sto rincorrendo da qualche ora, mi sta baciando.
Cosa si pensa veramente quando si bacia qualcuno, soprattutto se è la prima volta?
A che figura stai facendo. Se ti sei lavato i denti. Se metti il quantitativo giusto, esatto, perfetto di lingua. Se non risucchi la sua essenza vitale tipo vampiro che ha sbagliato posto dove incidere. Se devi tenere gli occhi aperti o chiusi. Se l'altro o l'altra è partecipe o stai vivendo quel momento tutto da solo. Dove devi mettere le mani, sotto il ventre è da sfacciati, ma ad alcune potrebbe piacere, mentre ai maschi piace a tutti.
Se ti piace soprattutto, il bacio in se per se.
Se senti le campane, i violini, i fuochi d'artificio in testa.
Se quel bacio lo vorresti riprovare tante e tante e tante volte.
Per me quest'attimo, eterno, che forse è durato poco, è stato stupendo. Lo spero anche per lei, d'altronde non sono stato io a fare il primo passo, prima dell'antipasto d'altronde.

Poi, dopo un tempo indefinito ci stacchiamo.
Rimaniamo in silenzio per qualche secondo, come a metabolizzare il suo minuto di "pazzia" e il mio non essermi discostato da un gesto d'affetto forse già fin troppo intimo. Parla lei per prima.
"Bello", non si danno commenti sui baci, sui primi baci soprattutto. Ma le è piaciuto, quindi poco me ne frega.
"Idem", non potevo dire cosa più squallida.
"Bisognerebbe riprovare qualche volta, per migliorare la tecnica intendo", quanto è sfacciata, o è solo l'incarnazione di ogni sogno maschile.
"Potremmo fare un corso accellerato se vuoi, mi permetto di essere maestro e studente nello stesso contempo".
"Giuralo".
"Cosa?".
"Che non mi lascerai mai, che sarai sempre gentile con me, che resisterai al decadimento del mio corpo perchè sì, diventerò ogni anno più brutta mentre tu, avanzando, diventerai più affascinante. Che mangerai ogni cosa io ti prepari e dirai che è buono o, al massimo, lievemente migliorabile. Che laverai i piatti prima ancora che ti chieda di farlo, che farai la spesa il sabato mattina con me, che cambierai i pannolini ai piccoli di tua spontanea volontà, che mi dirai che sono bella anche quando il mio corpo si deformerà per la gravidanza, che giocherai con i nostri bambini e non ti ingelosirai quando penserò più a loro che a te, che non ci rimarrai male quando dirò che alcuni tuoi amici mi stanno antipatici o che non posso seguirti ad ogni tua partita di calcetto il mercoledì e che quando vorrò solo un semplice abbraccio tu ci sarai sempre per donarmelo. Giuralo", mi prende alla sprovvista. O cerca marito o il mio bacio l'ha fatta impazzire. Credo tutto ciò sia lievemente eccessivo.
"Devo giurare su tutto ciò prima dell'antipasto?", cerco di sviare il discorso.
"No. Il tempo è molto più dilazionato. Hai anni di tempo per giurare su ognuna di quelle cose in ogni relazione che inizi. E' questo quello che si fa ai primi appuntamenti giusto? Solo che questo è un po' diverso, qui ci siamo io e tu, due ragazzi che si sono incontrati per caso e, se tutto andrà bene, non si lasceranno più e finiranno la loro esistenza insieme come in una favola o in un romanzo di Moccia", alla parola Moccia mi sento lievemente spaesato.
"E perchè dirci tutto adesso?"
"Perchè il tempo è tiranno, Andrea. L'hai detto tu prima no? Hai effettuato tutte le domande base che esistono in una relazione quando è all'inizio, le risposte servono a far capire, ad entrambi, se la storia avrà un senso. Solo che ci impiegano normalmente mesi per dirsi quelle cose, o forse anni. Come puoi stare con qualcuno che non vuole avere figli mentre tu sogni una famiglia gigantesca? Come puoi sottostare alle regole di un essere geloso e possessivo quando hai sempre desiderato essere libera? Come puoi vivere con un ignorante quando tu in realtà adori leggere e comprendere? Abbiamo solo poche ore di tempo per capirci, per riuscire a trovare quella linea in comune che ci faccia dire "è quello giusto". Perchè se il destino, il caso, la fortuna o la sfortuna ci hanno portati qui è per un motivo. Forse dovevamo trovarci per non lasciarci mai, o forse dovevamo trovarci per cambiare parte di noi e non rivederci più".
"...", il mio inaspettato mutismo ferma la conversazione. Il cameriere di prima ne approfitta per portarci un antipasto che non abbiamo richiesto ma che desideravo ardentemente giusto adesso. Lei stacca un pezzo di pane dal canestro a centrotavola e addenta un pezzo di prosciutto con delicatezza, quasi con timore di poterlo rompere o distruggerlo preventivamente. Nel mentre cerco anche io di mangiare qualcosa per riprendermi dal mezzo choc che sto subendo.
"Esperienza extra-corporea?", mi chiede, come se mi conoscesse da decenni.
"Quasi", biascico imbarazzato.
"Certe volte ho l'impressione che dentro di me ci siano due Samantha. Una è quella che vedi davanti a te, l'altra esce fuori quando io sto pesando e mi blocco. Spero seriamente che la seconda sia un'eroina. Una di quelle che salva la gente dagli edifici in fiamme mentre io sto crogiolandomi nel dubbio del se mangiare pasta o riso a pranzo. E poi lei ritorna, dopo che ha finito di tirare giù gattini dagli alberi, e io trovo la soluzione al problema che mi affligeva".
"E' una bella idea", sorrido.
"E' un'ottima idea. Sono io la donna, tu hai decenti idee, le mie sono sempre ottime, anche quando sono sbagliate, ricordalo", è l'incarnazione della donna perfetta o magari è solo la mia.

Il pranzo va' avanti tra risate ed aneddoti. I discorsi importanti vengono rinviati a dopo, forse a quando saremo sul treno, o magari a mai più. Dopo aver pagato il conto, dividendocelo alla romana sotto sue continue insistenze, ci scambiamo qualche altro bacio, di sicuro più sentiti e più delicati. Giriamo per Bologna per tutto il pomeriggio osservando e discutendo su ogni coppia che vedevamo, se magari potevano essere più felici o più decisi di noi. Come se esistesse in quella giornata un "noi".
Tornando alla stazione notiamo due ragazzi con enormi valigie al seguito e con zaini in spalla. Lui è alto, ha un taglio da primo John Lennon e mantiene per la mano la sua presunta ragazza, molto più bassa, con capelli lunghi che le arrivano fino ad oltre le spalle e con un sorriso dolcissimo che spunta quando le loro mani si incontrano al buio. Samantha decide di fermarli per parlarci.
"Ragazzi", si girano. Lui strabuzza gli occhi dopo aver visto lei, poi ritorna serio in un secondo. Lei, prima sembra titubante, poi assume un'espressione interrogativa.
"Io non la conosco", sembra dire lui alla sua ragazza che gli crede all'istante.
"Ragazzi, volevo farvi alcune domande, se possibile".
"Ah, no. Non siamo interessati", taglia corto lui, intanto mi avvicino.
"No, non siamo Testimoni di Geova o altro, siamo solo semplici viaggiatori come voi. E non è nessun sondaggio su Trenitalia o altre amenità varie. Volevamo solo chiedervi un paio di cose", dico, eliminando quel muro che si stava creando.
"Di dove siete?", chiede Samantha.
"Di Caserta", risponde lei, "provincia di Caserta".
"Come mai siete qui a Bologna?", aggiunge.
"E' stato un viaggio improvvisato, diciamo. Siamo andati altrove ma avevamo questa parte di giornata ancora libera. Dopo quattro giorni insieme, da soli, volevamo rimandare ancora più a lungo il nostro ritorno a casa e abbiamo scelto una città a caso tra quelle del centro-Italia. Ha vinto Bologna e ci siamo fatti un giro".
"Da quanto tempo state insieme?", chiedo.
"Più di tre anni e mezzo", risponde lei visibilmente entusiasta.
"Ne avete passate tante, immagino".
"Qualcuna".
"E siete ancora felici di stare insieme", i loro volti si muovono nello stesso istante, si guardano, sorridono e rispondono insieme un semplice "Sì", ma convinto.
"Troppo belli, troppo genuini, grazie ragazzi", Samantha li congeda, i due fanno per andarsene quando lei ritorna per dirci qualcosa.
"Anche voi siete una bella coppia", e se ne va' inseguendo il suo fidanzato che si trascina dietro entrambe le valigie per la stazione.
"Siamo una bella coppia, hai sentito?", le riferisco.
"In effetti siamo due e siamo belli, quindi era normale pensarlo", svia lei.
"Il treno è tra mezz'ora. Dovremmo fare finalmente i biglietti", propongo.
"Certo. Ma prima dovrei dirti qualcosa, Andrea", diventa improvvisamente seria.
"Non puoi dirmela sul treno o mentre facciamo i biglietti?", ho paura ma cerco di non darlo a vedere.
"No."

Ci sediamo su di una panchina. Lei raccoglie il coraggio ed inizia a parlare.
"Non sono stata del tutto sincera con te. Sono sposata, ho una figlia e mio marito è a Bolzano, a casa, che mi aspetta. La storia va' un po' male, forse è quasi al capolinea, ma stiamo provando a ricominciare. Sono andata a Caserta per lavoro ma sono ritornata dopo aver scoperto che quello che cercavano non è qualificabile come "hostess" ma come "escort". Poi ho visto te, ed ora ho paura di tornare a casa, ho paura di innamorarmi seriamente, ho paura di come potrebbe prenderla mia figlia, ho paura di tutto. Ed ho paura persino di te".
"Di me?".
"Ho paura che sei come ti ho immaginato. Uno che potrebbe veramente giurarmi tutte quelle cose che ti ho detto al ristorante. Uno che riuscirebbe davvero a rendermi felice come non mai, e che mi darebbe le emozioni che provano quei due ragazzi, che cercano il modo per rimanere insieme, da soli, in questo mondo in cui non sei mai realmente da solo".
"Anche io non ti ho detto qualcosa", le confesso, "ti ho visto da stamattina, da quando eri su quel treno che da Caserta portava a Napoli. Forse mi sono innamorato all'istante, forse ho capito che eri la donna giusta per me dopo un solo secondo, ed ho provato ad avvicinarti durante il viaggio per Bologna che, per inciso, non avrei dovuto fare perchè non era assolutamente in programma. Ed ora sono qui, a guardarti e a pensare che tutto quello che ho fatto aveva un motivo perfetto: te. E ti voglio seguire, ovunque tu vada, ma se pensi che con lui può ricominciare, mi metto da parte. Ricorderò per sempre questo giorno ma dimenticherò questi attimi".
"Se verrai su quel treno potrebbe essere inutile il tuo viaggio".
"Allora scendi con me, torniamo indietro".
"Non posso scappare, Margherita mi aspetta a casa".
"Quindi sono io che devo scegliere", penso ad alta voce.
"O sali con me senza avere certezze, o scendi da solo e l'unica sicurezza che avrai sarà quella che non mi rivedrai mai più".
"Bella responsabilità".
"Io vado a fare il biglietto. Il binario è il numero 12. Ti aspetto. O forse spero che tu non venga per non costringere me a scegliere. Vado, ma voglio prima un'altra cosa", e mi bacia, e questo è di sicuro il miglior bacio che abbia mai ricevuto in tutta la mia esistenza.
"Sono io a dover scegliere..."
"Qualuque scelta farai la capisco. Grazie".
"Di cosa?"
"Di avermi fatto riscoprire per un attimo un po' di libertà. O di spensieratezza. Grazie. Queste cinque ore le porto nel cuore", e se ne va', lasciandomi solo a pensare.

Andare da Lei senza sicurezze o fuggire perchè Lei potrebbe portarmi solo verso un baratro di dolore?
Bella responsabilità.
Prendo il portafogli e mi accingo a cliccare il nome della mia stazione di arrivo.
"Bolzano" o "Napoli"?

(12 - Continua)

giovedì 30 agosto 2012

Pranzo d'affari


(Undicesima e forse terzultima parte di un racconto che è iniziato a metà mese d'Agosto e si sta per concludere ormai. La storia è quasi biografica. Racconta di tutti le fatiche che ha dovuto intraprendere Piersilvio Berlusconi prima di farsi accettare da questo mondo corrotto e nepotistico. Una storia struggente. Ah no: questa è la trama del mio romanzo, chiedo scusa. In realtà qui si parla di treni, di tratte lunghe, di donne, di amori e di incontri fugaci. Si parla in prima persona. Lo dovreste ormai sapere dopo dieci puntate)

Facendo finta che oggi sia un giorno come un altro posso dire che il destino ci ha messo la mano in questa storia ed ora ho un appuntamento con la donna più bella che esista al mondo, eliminando qualche top model, qualche soubrette, e Jennifer Aniston.
Questa ragazza è convinta di avermi incontrato per caso, per un fortuito avvenimento, per un viaggio che entrambi abbiamo fatto nello stesso giorno, verso la stessa meta, prendendo le stesse decisioni su treni, orari, e obbiettivi. Ma non è così.
Se Lei, o per meglio dire: se Samantha sapesse che sono ore che la inseguo per l'Italia solo per poterla conoscere, per farle capire che è speciale, che è la donna perfetta, come ho fatto già in passato con altre, sbagliando certo, perchè è Lei quella giusta.
O forse me la sono sempre ripetuta in testa questa scusa. Lei è l'unica. L'ho detto così tante volte a me stesso e ai miei amici che forse avevano ragione a seguirmi in qualuque storia mi lanciassi, per tirarmi fuori al momento opportuno.
Forse qualcuna l'ho fatta soffrire. E magari qualcun'altra si è pentita di avermi incontrato. Ma Lei no. Con Lei sarà diverso.
Lei è simpatica, lo so, mi ha parlato solo per qualche minuto ma so che è simpatica. Poi è intelligente, lo giuro, si vede dalle battute che ha fatto. Poi, ovviamente, è bella ma di questo me ne ero già reso conto. Ed ha due occhi che non sono nulla in confronto alla luna piena nel massimo del suo splendore.
Non è che poi il seno sia così brutto sia chiaro.
E le gambe non siano snelle e lunghe, si intendi.
E le forme non siano tutte al punto giusto, d'altronde.
Sì. La inseguo perchè è bona. Questo è il punto principale, questo è quello che ho sempre fatto. Che me ne frega se sa chi sono Battisti e Baudelaire, nemmeno io so più di cinque canzoni di uno ed ho mai letto un libro dell'altro. Voglio lei perchè è sexy, in ogni angolo la si guardi, e la sua voce mi provoca la pelle d'oca. E il sol pensiero di toccarle la mano mi fa lo stesso effetto delle droghe provate in gioventù.
Poca roba, sia chiaro.
Almeno questo è quello che mi disse l'infermiere all'ospedale durante il ricovero.
Ed ora sono con Lei, mentre ci dirigiamo in un qualsiasi ristorante per consumare un pasto che interesserà ben poco a me e forse niente anche a lei. In realtà questa è una prova: considerare se la persona che hai appena conosciuta la vuoi rivedere per tutto il resto che ti resta da vivere, ogni giorno, davanti alla tua faccia.
Io accetto, osservando la sua, mentre mi sorride.
Lei non so. Forse si sta domandando perchè non parlo da più di cinque minuti. Ed in questo momento anche io mi chiedo del perchè non parlo da più di cinque minuti.
"Scusa".
"Di che?", mi chiede.
"Del mio inaspettato mutismo".
"Ah, non preoccuparti, per me è normale. Ci passo anche io: inizio a pensare così intensamente che mi estraneo dal mondo. E certe volte faccio certe figure che non ti dico", mi confessa.
"E' una sorta di viaggio extracorporeo, non pensi anche tu?"
"Certo. Peccato che ti riporta in te quando prendi, dritto in fronte, un palo della luce", mi mostra la ferita nascosta tra i capelli, "Ecco. Due anni fa: tre punti. Non fu una bella giornata".
"Troppi pensieri indicano o un'elevata dose di fantasia o di indecisione, secondo te?".
"Entrambe le cose. Non posso dirti quante volte ci penso prima di effettuare una decisione importante, poi va' a finire pure che me la dimentico un secondo dopo aver ideato una soluzione accettabile".
"Tipo uscire a pranzo con un tizio appena conosciuto che potrebbe perfino essere un maniaco seriale da treno?".
"No. Quella è stata una scelta più instintiva. Mi sei piaciuto a pelle. Sei un bravo ragazzo, lo ti si legge in faccia".
"Sei sicura?"
"Certo. E poi sei qui con me invece che con le due ragazze del treno. Quindi: o sei un bravo ragazzo o sei un idiota. Preferisco la prima ipotesi".
"Non posso che darti ragione", in effetti un po' idiota lo sono.
"Allora mi darai ragione anche sul ristorante da scegliere, andiamo lì, dicono che sia ottimo".
"Chi lo dice?"
"Non  lo so. Qualcuno lo dirà, no? Entriamo, magari saremo noi a riferirlo ad altri", evitando due macchine che a velocità siderale ci stavano per falciare, ci dirigiamo verso il locale. Lei, instintivamente, mi allunga la mano per attraversare, io la raccolgo come se fosse la sola ancora di salvataggio nel mare di asfalto che ci circonda, forse si è imbarazzata per il momento. La vedo arrossita sulle guance, o forse è solo impressione la mia. O tiepida speranza.

Il ristorante è moderno ma presenta tocchi del passato. Foto di attrezzi antichi costellano le pareti, immagini di luoghi di vacanze e cartoline sono situate dietro al bancone del proprietario, decine di clienti mangiano in religioso silenzio, un cameriere ci viene incontro.
"Buongiorno".
"Buongiorno a lei", rispondo gentile.
"Un tavolo per due?"
"Non so", mi giro e cerco Lei, "il tuo ragazzo è al lavoro fino alle 17 giusto, riusciamo a fregarlo o dobbiamo tenere un posto anche per lui", ride tantissimo, poi si fa seria in un attimo.
"Certo caro e mi raccomando", si rivolge al cameriere, "noi non siamo mai stati qui. Sa: è il suo migliore amico", il povero ragazzo sbianca in volto e ci indica un tavolo. Di sicuro saremo nei suoi aneddoti minimo per i prossimi cinque mesi.
"Hai distrutto la vita di un povero ragazzino", mi dice.
"Ma se ha più anni di me", le correggo.
"Allora hai distrutto la vita di un povero coetaneo".
"Ora è più probabile".
"Allora...caro, cosa prendiamo?"
"Tutto il meglio della casa, sappiamo benissimo che in questo momento a nessuno dei due interessa il cibo che ingurgiteremo", forse non è il verbo adatto da usare in un primo appuntamento.
"E cosa ci interessa?", chiede maliziosa.
"Che film ci piacciono, che interessi abbiamo in comune, che rapporti abbiamo con le nostre famiglie, chi ci pensa, quanti amici veri abbiamo, i nostri peggiori incubi, le nostre aspirazioni, quello che facciamo per vivere, come ci rapportiamo alla società, perchè tutti gli altri non ci capiscono, perchè abbiamo paura di rincontrare i nostri compagni di classe delle medie e delle superiori, se abbiamo mai finito o perlomeno iniziato l'università, cosa ci aspetta dal domani, i nostri cantanti preferiti, i concerti che avremmo voluto rivivere e i libri che hanno cambiato la nostra visione della realtà. Vado avanti?", dico, senza nemmeno riprendere fiato.
"Tutti quelli di Ben Stiller, i viaggi lunghi suppongo, con la mia è ottima, i miei genitori e i miei amici che sono pochi ma ottimi, ritrovarmi viva in una bara, fuggire ma poi ritornare, faccio la hostess per eventi, cerco di dimenticarmi che esiste una società, parla per te, perchè sono stupidi o forse lo eravamo troppo noi, finita ma è stato un sacrificio inutile, di sicuro un convegno di farmacologia a cui devo sorridere senza capire nulla di quello che dirano, non ho cantanti preferiti: sono onnivora, stesso vale per i concerti, il libro che ha cambiato la mia vita è stato quello che ho scritto perchè mi ha fatto capire che non so scrivere. Altro?", mi sorprende con la sua memoria.
"Ci saranno di sicuro tanti altri argomenti, ma l'obbiettivo finale sarà sempre lo stesso, non trovi?"
"Certo. Finire in una stanza d'albergo a donarsi venti minuti di lussuria per ricordare questo momento per sempre".
"Non è una scienza esatta, si può anche raccorpare tutto in un semplice bacio casto e puro, vissuto al termine del primo appuntamento insieme".
"E perchè aspettare?", mi chiede alzandosi dalla sedia.
"In che senso?", le domando senza capire dove vuole arrivare.
"Togliamoci il dente. Ci toglieremo il dolore", e mi bacia appassionatamente. Ricambio lo slancio senza tirarmi indietro. Di sicuro non è un momento che verrà ricordato per la sua castità e purezza. Ma è un momento così bello che non mi fa venire in mente nient'altro.
Voglio solo viverlo fino in fondo.

(11-Continua)

mercoledì 29 agosto 2012

Sosta forzata


(Decima parte di un racconto che è iniziato qualche giorno fa. Per riportarti in pari con la lettura non occorre prendere una settimana di ferie, ma se già ci sei aiuta. Scorri sulla pagina iniziale del Bloggo e leggi l'avventura che sta vivendo Andrea in giro per l'Italia su rotaie e binari. E poi torna torna per il 5 settembre che esigo il riassunto e le tue considerazioni sull'opera. Mi raccomando di non copiare)

Immagino il futuro molte volte durante la giornata, forse troppe. Mi ci metto così d'impegno che forse dovrei pensare anche al presente ogni tanto e finire di vivere in quel mondo fatato che è situato a tot anni, mesi o giorni da me. E pure quando vivo nel presente accade che perdo intere giornate a cercare di migliorare il futuro. E oggi è ovviamente una di quelle.
Fermo a Bologna Centrale scendo dal treno per dirigermi alla biglietteria, questo viaggio mi sta costando parecchio ma sento che ne vale la pena. Con lo sguardo, appena tocco il marciapiede, cerco nelle persone dinanzi a me i suoi capelli che sussultano ad ogni passo della sua andatura. Lei c'è.
Inizio a seguirla come il più subdolo degli stalker qualche metro distante. Entra in uno dei bar della stazione, ne approfitto anche io per una sosta obbligata dopo qualche ora di treno.
Alla cassa la sento ordinare un caffè e una briosche, segno che per lei è ancora abbastanza presto per un pranzo come si deve. Seguo alla lettera la sua ordinazione e dopo altri due clienti tocca a me. Siamo al bancone qualche attimo dopo, tutti e due, ognuno a guardare in direzioni opposte, forse per non sfiorarsi, per non avvicinarsi troppo quasi per paura di scottarsi, o perchè sappiamo entrambi che sarà un sentimento così forte quello che ci unirà da poterci far male.

Fantasie.
In realtà lei sembra vagare in un'altra realtà. E anche io non sono da meno. Forse ha il mio stesso problema: quello di escludersi troppo dal mondo circostante per rifugiarsi nella irrealtà. Me lo diceva sempre la mia maestra delle elementari, o meglio lo diceva a mia madre: "suo figlio è sempre in un altro pianeta, segue ma non segue, capisce ma non è con noi, impara ma se volesse potrebbe fare molto meglio". Non ho mai capito perchè, se un bambino è bravo a scuola ma possiede anche una forte dose di fantasia, le maestre cerchino sempre di riportarlo sulla dura terra. Perchè non volare via? Perchè distruggere i sogni? Forse per aiutarci ad un futuro di possibili delusioni, o forse perchè loro non sono riuscite a fuggire, vogliono che nessuno ci riesca? Mia madre, poi, mi capiva benissimo. Davanti alle maestre, alle loro elucubrazioni e consigli per farmi passare sulla "retta via", dava ascolto solo il tempo necessario prima di uscire di classe, poi rideva e mi chiedeva di prometterle sempre una cosa: di non seguire mai quei bacchettoni che rifiutano la creatività, la fantasia e l'immaginazione.
Glielo promisi. Fino a due anni fa. Ogni anno glielo promisi. Ora glielo prometto ogni giorno ma non trovo più il suo viso buono che mi sorride come tanti anni fa. Non la vedo più perchè lei non è più.
E non vive nel mio cuore. Vive solo nella mia mente, nei miei ricordi. E mi ritrovo a pensare al passato per lei e al futuro per un "noi" che adesso non esiste, ma che voglio far nascere.
Un saluto, un incontro fortuito, far finta di non averla inseguita per centinaia di chilometri perchè io la trovo bella, affascinante e incredibilmente vera.
Forse l'unica cosa perfettamente reale della mia vita. A parte le delusioni d'amore passate.

Mentre discuto con me stesso lei è andata già. La mia estraniazione certe volte ha dell'incredibile: ci sono ma sono trasmutato in un altro corpo. Forse ho un potere speciale o forse è un problema grave. Preferisco immaginare sia la prima soluzione.
Lascio una mancia al barista e scappo verso l'uscita posteriore di quel bar. La cerco in tutte le direzioni e la noto dirigersi verso una biglietteria automatica. Prendo tutto il coraggio di cui dispongo ed occupo un'altra macchina, proprio quella di fianco alla sua.
Stazione di partenza: Lei clicca su Bologna, faccio lo stesso.
Stazione di arrivo: Lei inizia a battere alcune lettere. Dopo la "b", la "o" e la "l" capisco perfettamente la sua destinazione, anche perchè ne ero già a corrente da prima. Premo i suoi stessi esatti pulsanti e cerco il treno giusto per me.
"Anche tu vai a Bolzano?", mi chiede e comprendo dopo poco che mi ha rivolto appena la parola.
"Certo", rispondo in maniera originalissima.
"Ma tu...non eri anche sul treno da Napoli?", mi ha beccato, ormai.
"Sì."
"Ma sei tu che hai salvato la vita a quella ragazza sul treno, nel vagone ristorante. Sei un eroe. Ed ho notato che era molto pregna di attenzioni dopo il salvataggio", sorride maliziosa.
"Non è che le avessi ricercate, però è stato tutto instintivo: lei stava soffocando, il suo pseudo-ragazzo non combinava niente, neanche l'altro. Forse andare a letto insieme non porta almeno ad aiutare l'oggetto del desiderio mentre sta per morire", cosa ho detto?
"Ah-ah", ride, "forse stavano già pensando su chi potevano saltare addosso dopo la sua morte".
"In effetti non li ho visti queste grandi cime. Anche se uno dei due aveva un bel gancio destro", aggrotta le sopracciglia e si rende conto che quel nero sotto il mio occhio sinistro non è proprio il suo colore naturale.
"Cribbio!", la sua esclamazione di stupore un po' mi distrugge internamente.
"Eh sì."
"E perchè ti ha attaccato? Cioè hai salvato la sua ragazza, la sua quasi ragazza, la ragazza che lo tradiva regolarmente e che ti è avvinghiata a te in un attimo...sì...ho capito perchè te l'ha mollato", ride ancora. E mentre lo fa l'occhio nero inizia a pulsare ininterrottamente. O forse è il cuore, chissà.
"Diciamo che avrebbe preferito vivere nella menzogna piuttosto che sapere che la sua ragazza era un po' libertina."
"Molti uomini vivono meglio così", mi dice, mentre forse cerca di capire se anche io faccio parte della categoria.
"Qualcuno esce fuori dal gregge ogni tanto, però..."
"Bisogna trovarlo quel qualcuno..."
"Certe volte è così facile che non ci si pensa nemmeno". Uno stridìo incessante dei freni di un treno ci impedisce di continuare questa specie di approccio improvvisato, ognuno ritorna a fissare il monitor e scopre una sorpresa a dir poco spiacevole: sciopero.
Il treno è soppresso a causa di uno sciopero. Ed io non ne sapevo niente, soprattutto perchè io non avrei dovuto trovarmi qui adesso.
"Il prossimo convoglio parte direttamente alle ore 20. Abbiamo...6 ore di tempo per prendere il treno. Direi che siamo perfettamente in orario, persino in anticipo, per accaparrarci i posti migliori", è molto divertita, non seccata, dalla cosa.
"Visto che siamo qui...visto l'orario...visto il luogo in cui ci troviamo, ti dispiace se occupiamo questo tempo per un pranzo veloce e un giro a Bologna?", la vedo lievemente dubbiosa. Ci pensa qualche secondo di troppo, per i miei gusti, e mi risponde.
"Certo che sì! Se Trenitalia ha voluto donarci sei ore inaspettate chi siamo noi per poterle rifiutare. Ma prima di uscire con te da questa stazione vorrei solo sapere una cosa", non respiro quasi: ho un appuntamento con Lei!
"Dimmi tutto".
"Come ti chiami?", vero! Il nome!
"Andrea, piacere di conoscerti".
"Piacere, io mi chiamo Samantha", le do la mano e intanto penso: Madonna, quanta!

(10-Continua)

lunedì 27 agosto 2012

Bologna Centrale


(Questo è un racconto a puntate. Prima di capirci qualcosa dovrai leggere i precedenti episodi o inventarteli da te. E se ti credi di essere così bravo, scriviti pure il finale. Ingrato!)

La testa fa un male disumano e la guancia batte all'inverosimile. E' giorno o notte? E sinceramente: chi sono e dove sono? Inizio a farmi domande sulla mia reale identità quando, in pochi secondi, i ricordi iniziano a farsi spazio nella mia mente.
E' agosto. Fa caldo. Stamattina sarei dovuto andare a Napoli per un ritrovo con i miei ex-compagni di classe, avrei assistito alla presentazione dei loro nuovi amori, avrei ascoltato i loro progetti e le loro speranze, forse avrei persino visto qualche foto di qualche bambino appena venuto al mondo ed avrei pensato alla mia vita che di sicuro, in questo momento, non ha nulla. E poi avrei parlato del mio lavoro, ed ognuno di loro mi avrebbe odiato perchè è di sicuro invidiabile.
E invece sono salito su un treno direzione Bologna, pagando una cifra considerevole per il biglietto che se ci penso ci piango, ho lasciato Mirko, uno dei miei amici che doveva essere presente alla festa, a Roma, ma a lui è andata benissimo, e tutto questo per cercare di seguire il sogno di un amore.
Forse sono sbagliato io.
Non sono così vecchio, quindi quando penso ad espressioni come "tutta la vita" mi rendo conto che sono esagerate. Diciamo che nel mio caso si può definire "tutta la mia adolescenza più quello che viene dopo". In questo lasso di tempo comunque, non ho avuto granchè fortuna con le relazioni amorose. E sono sempre stato il tipo che inseguiva un'idea, piuttosto che una realtà.
E per questo sacrosanto motivo, che dovrei eliminare dalla mia esistenza, ora sono su un treno diretto a Bologna, con una mandibola che mi fa malissimo e con un occhio nero. Almeno credo.
A rialzarmi dal pavimento ci ha pensato un vecchietto arzillo che aveva assistito a tutta la scena nel vagone ristorante, che mi ha poi adagiato sul sedile accanto a lui. Al mio risveglio, e dalla mia posizione, del mio assalitore non c'è traccia, ma sinceramente non avrei voglia di rivederlo a breve. Ho salvato la vita alla sua ormai ex-ragazza e invece di ringraziarmi come fanno tutti i comuni mortali con un cesto a Natale, ha avuto da ridire su ciò che è accaduto dopo. Compresi i due baci appassionati che lei mi ha estorto.
Che mi hanno fatto piacere, in effetti.

"Dove siamo?", chiedo, come se fossi Matt Damon in "The Bourne Identity".
"Sul treno, ragazzo, la botta deve essere stata bella forte immagino: hai dormito più di cinquanta minuti."
"Cinquanta minuti? Ma quindi..."
"Stiamo per giungere a Bologna", mi dice, sorridendo come il nonno che avrei sempre voluto essere. E che potrei diventare se Lei, la meravigliosa ragazza che sto seguendo, ha voglia di avere nipoti da me. Anche se credo dovremmo prima mettere in cantiere dei figli, per riuscirci.
"La ringrazio signor...", salto dal posto ed improvvisamente la mia voce si alza di due ottave.
"Ettore", pure un nome da nonno possiede. E' perfetto!
"Sono enormemente grato di quello che ha fatto per me, se poi sa anche dove sia andata quella ragazza bionda bella come il sole che sostava giustappunto lì durante l'intera tragedia greca di un'oretta fa, le sarei riconoscente e in debito per tutta la vita", gli dico, senza prendere fiato.
"Ah, ti sei preso una bella cotta eh, giovanotto? Eppure da ciò che ho notato non hai perso tempo con quelle due ragazze di prima".
"E' stato un piccolo problema di percorso".
"Capisco. Ne ho avuti a centinaia anche io alla tua età", e ride. Forse ho trovato il nonno di Cassano.
"Mi sa dire dove è andata?"
"Si è infilata nella carrozza tre se non sbaglio."
"Mi sa dire anche se era in compagnia o meno?", tra poco gli chiedo anche se conosce i suoi esami del sangue.
"Dubito fortemente. E questo, per te, è certamente un bene", sogghigna. Poi mi indica la strada: "Vai. Senza pensarci due volte."
"Grazie nonno", mi giro e percorro tutto il corridoio, barcollando leggermente. Arrivo all'entrata della terza carrozza e con forte difficoltà riesco a far scorrere la porta provocando un deciso rumore assordante per il cigolìo eccessivo della stessa. Sorrido a chi mi guarda male, tra le persone in corridoio, e mi fiondo alla ricerca di Lei.
Controllo con sicurezza, senza farmi notare troppo, se riesco a scorgere la sua presenza. E infine la vedo: discute a telefono con estrema gentilezza con qualcuno, forse è proprio il suo ragazzo, un uomo che non ha capito la dolcezza della stupenda donna che ha di fianco.
O forse è il suo capo che cerca di concupirla.
O forse è suo fratello che cerca di tenerla al guinzaglio.
O forse mi sto solo facendo più problemi di quanti non ce ne siano realmente.
Ora vado lì, mi siedo accanto a lei e le dico chi sono e da quanto tempo aspettavo di vedere una persona come lei sulla mia strada. Ora ci vado. Sicuro.
Sento chiudere la telefonata con decisione ma sempre con garbo.
"Scusami ma sto per arrivare a Bologna, ora prendo il treno e ritorno a Bolzano, a casa, così chiudiamo questa storia e metto più distanza possibile tra noi due."
Bolzano.
Casa.
Ho altro tempo, un altro viaggio, altre ore per riuscire nel mio obbiettivo. Sono così felice che non sento più il dolore alla testa e al viso. Scappo in direzione della mia carrozza un attimo prima che lei si volti e mi trovi in direzione del suo sguardo. Rientro felice al mio posto, canticchio qualche canzone d'amore e sorrido a tutti quelli che passano.
Il treno dopo un po' si ferma. Sono a Bologna, per la prima volta nella mia "adolescenza più qualche anno dopo", ma non la visiterò. La prossima tappa si chiama Bolzano. E su un treno in partenza tra venti minuti avrò solo qualche ora per farla innamorare di me.
Basteranno.

(9-Continua)

domenica 26 agosto 2012

Firenze S.M.N. - Bologna Centrale


(Questo racconto è l'ottava parte di un progetto un po' più ampio e che da due settimane prende vita su questo blog. Leggetelo, fatelo per la mia povera lettera "A" che si preme difficilmente sulla tastiera del mio portatile. E fatelo anche per me, che ci perdo minimo dieci minuti in più perchè batto in modo molto meno veloce)

La ragazza sta per soffocare e io instantaneamente mi butto a capofitto verso di lei, prendo con forza il suo ragazzo e lo tiro verso di me facendolo cadere a terra un secondo dopo, d'altronde era di disturbo per il mio scopo. Arrivo a lei, la sposto delicatamente al centro del corridonio e inizio a praticarle la manovra di Heimlich. L'ho dovuta imparare anni fa per lavoro, o quasi. Non l'ho mai effettuata realmente se non su manichini di gomma. Ma il manichino ha una pecularità che gli esseri umani non possiedono: non muore. Lei potrebbe. E pure se non è colpa mia lo diventerebbe perchè non sono riuscito a salvarla.
Ma ci riesco. Alla seconda pressione il bel bocconcino di carne ritorna sul tavolo, magicamente nel suo stesso piatto. Spero non lo rimangi.
La ragazza, credo si chiami Erika da quello che ho potuto intuire dalle urla della sua cara amica, si riprende. Si gira e mi stampa un bacio appassionato senza che io le avessi potuto dire un semplice: "come va?", e tutto questo davanti agli occhi del suo ragazzo, dei suoi amici e di Lei. Che ha assistito a tutta la scena quasi anch'essa in apnea. Poi mi lascia andare così come mi ha agguantato, si volta verso il suo gruppo, che comprende anche il suo ragazzo ancora fisso a terra imbambolato.
"Lucia, sono andata a letto con Marco", bum! C'avevo indovinato, meriterei mille punti MilleCorna.
"Cosa?", urla la povera Lucia, la cornuta.
"Che?", cerca di biascicare il tizio a terra senza riuscire a capire come sia possibile passare dallo status "qualcuno salvi la mia ragazza", allo status "qualcuno lanci la mia fedifraga giù dal treno".
Qualche minuto di panico nel vagone ristorante, forse durato più del momento di reale pericolo, e nessuno respira o tossisce, quasi come se tutti fossero in attesa del finale della tragedia greca al quale stanno assistendo. Erika calma gli animi e riprende la parola.
"Te lo volevo dire da qualche mese, ma avevo sempre paura. Ora ho capito tutto: ti voglio bene e non voglio che ci siano segreti tra di noi, e tu sei molto più importante di Marco o di questo idiota che mi porto dietro", indica il suo caro ragazzo sul pavimento, "e ti chiedo scusa per aver fatto ciò che ho fatto, ma volevo farti capire con che finto uomo sei stata per due anni. Per l'esattezza: tu e io non siamo mica state le uniche in tutto questo tempo eh", Lucia guarda con odio il suo ormai ex ragazzo. Lo colpisce con un pugno sul naso, provocandogli una rovinosa caduta.
"E tu per farmi capire che lui è uno stronzo ci vai a letto?", domanda che ognuno su questo treno si stava ponendo.
"Ho sbagliato e me ne pento. Se vuoi puoi restituirmi il favore", dice, ponendo il dito ancora verso il ragazzo rimasto carponi al centro del corridoio.
"Sono d'accordo", afferma il tizio. L'unico innominato dell'intera vicenda, cosa che interessa a ben pochi.
"Io no", sentenzia Lucia distruggendo di colpo almeno le speranze di un po' di sano sesso al cornuto. D'altronde tra appartenenti della stessa categoria ci si poteva intendere.
"Lo sospettavo", sorride Erika, "hai sempre avuto più gusto di me".
"Hai ragione. Ad iniziare da quella scappatella con tuo padre!", rivela la sua amica ridendo.
"Mi ha sempre detto che fu un meraviglioso week-end".
"Lo sapevi?", esprime stupita Lucia.
"Ho organizzato tutto io, sennò non si sarebbe mai fatto avanti. Bisogna pur aiutarli questi uomini, ogni tanto. Vivono nella costante paura del rifiuto", ride di gusto e si avvicina a lei abbracciandola. Lucia ricambia il saluto e nel vagone ristorante scoppia l'applauso. Che mancanza di tatto verso il tizio cornuto e quello col setto nasale rotto.
"E tu come ti chiami?", mi chiede Erika.
"Andrea", rispondo ricordandomi dopo qualche secondo quale fosse il mio nome.
"Se tutti gli uomini fossero come te le donne sarebbero tutte più felici", è un complimento. E me lo stanno facendo davanti a Lei.
"Grazie", e mi stampa un altro bacio sulla bocca.
"Grazie", aggiuge Lucia seguendo il suo stesso rituale. E poi aggiunge qualcosa nell'orecchio su un hotel già prenotato a Bologna dove potrei trovare entrambe casomai mi sentissi solo. Una proposta che dire allettante è dire poco.
"Prego", rispondo enormemente imbarazzato, "dovere", aggiungo, quasi come se fossi un vigile del fuoco iperpalestrato dopo aver salvato un gattino da un albero.
Le due amiche se ne vanno ciarlando dei loro ormai ex compagni e la normalità ritorna nel vagone.

Lei ha assistito a tutta la scena. Ora conosce il mio nome e ha visto mentre le due ragazze ci provavano senza remore col il sottoscritto. E' un bene o un male?
E poi lei è sicuramente accompagnata quindi perchè fregarmene del suo pensiero? Posso andare a divertirmi con due disinibite signorine invece di stare a rincorrere un amore impossibile che è nato stamattina, qualche ora fa su un regionale della Metrocampania-Nord-Est.
Se lo dicessi a Mirko diventerei il suo eroe. Se facessi la scelta più ovvia. Ma voglio ritornare da Lei. Voglio essere sicuro che sia da sola su questo treno, e che da oggi non sia neanche più da sola nella vita.
Si alza dal suo posto e si infila del vagone precedente, ondeggiando con delicatezza e femminilità evidente. Io la inseguo senza pensarci due volte quando mi sento tirare per la maglia.

Mi volto: è il tizio a terra, finalmente si è rialzato.
"Brutto stronzo, mi hai rovinato la vita con la tua voglia di fare l'eroe", e mi molla un pugno così forte che vedo improvvisamente tutto nero.

(8 - Continua)

venerdì 24 agosto 2012

Firenze Santa Maria Novella


(Questa è la settima parte di un racconto a puntate su rotaie. E' la storia di un astronauta che capisce finalmente che il suo sogno in vita era fare il controllore. Poi si sveglia ed è un controllore ma capisce di aver sempre voluto fare il macchinista. Poi si risveglia ed è un macchinista. Alla fin fine capisce di aver sempre voluto fare l'astronauta. Si risveglia ed è effettivamente un astronauta ed è su Marte. Ma senza il casco. E muore. Quindi il racconto parla di tutt'altro visto che l'astronauta è morto. Leggi le puntate pr.ecedenti, è più semplice poi capire il resto)

Fin da quando ero un timido ragazzino spaventato dal mondo esterno ricordo di essere sempre riuscito a rammentare ogni mio sogno notturno. E certe volte perdevo minuti, forse troppi, a cercarne un significato recondito che mai e poi mai riuscivo a trovare.
C'è stato addirittura un periodo, qualche mese fa, che dopo la visione di alcune serie tv americane catastrofiste, le varie "The Walking Dead", "Falling Skies", Lost, mi riducevo ad immaginare me come capo della rivolta, del gruppo, dei buoni, e a fare quasi sempre operazioni di salvataggio che nella semplice realtà di tutti i giorni non sarei mai riuscito nemmeno a pensare di fare. Non è cosa semplice, almeno secondo me, riuscire a mantenere i nervi saldi nelle situazioni di pericolo.
Se penso ad un incidente stradale, con una macchina ribaltata nella campagna ai bordi della carreggiata che sempre più velocemente inizia a bruciare, quante persone, quanti si sentirebbero sicuri di sè al tal punto da fare l'eroe? E quanti rimarrebbero fermi ed immobili senza sapere cosa fare? E quanti ancora cambierebbero strada cercando di dimenticare l'accaduto.
Non sono un tipo da atti eroici e per fortuna non mi ci sono mai ritrovato in mezzo. Perchè, da qualche parte nel mondo, di sicuro c'è qualcuno non addestrato a questo che riuscirebbe a trovare la forza necessaria a sconfiggere la paura, ma quello di sicuro non sono io.

Tutto questo serve a premettere che mi sono addormentato in treno e al mio risveglio lei non è accanto a me. Il treno sta per rallentare e permettere ai passeggeri di scendere alla stazione di Firenze. E' l'ultima sosta prima di Bologna, è l'ultima ora che ho di tempo per parlarle e farla innamorare di me, ma lei non c'è.
Il mio vagone intanto si è quasi svuotato, ormai solo la vecchina e il tamarro mi fanno compagnia. Ne approfitto per creare una specie di complicità tra me e la donna anziana, al fine di avere un aiuto sulla mia missione da lei.
"Mi scusi signora..."
"Signorina!", iniziamo bene, direi.
"Non so se ha notato la ragazza seduta al posto di fianco al mio durante la tratta per Roma, volevo chiedere se fosse passata mentre io..."
"Mentre dormivi a bocca aperta russando come un caimano? Sì, è venuta a prendersi la borsa che aveva lasciato esattamente sulla tua testa", lei mi ha visto dormire, è finita.
"Non sa dove sia andata?"
"Certo, ragazzo. E' mio dovere, sui treni, chiedere ad ogni mio compagno di viaggio dove si rechi prima di giungere alla stazione di suo gradimento", il tamarro sghignazza ed io ho trovato la prima vecchiaccia zitella con uno spiccato senso dell'umorismo.
"Comprendo. La ringrazio comunque, la cercherò da solo", più gentile possibile e senza rifilarle un gancio alla mascella.

Mi infilo nel corridoio desideroso di trovarla senza minimamente sospettare che un Frecciarossa è di notevoli dimensioni. E' come cercare un sobrio in una discoteca alle 2 di notte. Probabili soluzioni entrano nel mio cervello per poi sparire instantaneamente. Tipo premere il freno d'emergenza e sperare che lei metta la testa fuori dal finestrino per controllare la situazione. O urlare un allarme bomba. O pregare il Dio Spaghetto. Ci vorrebbe un'idea geniale. Analizzare la situazione. Raccogliere gli elementi chiave.
Lei va a Bologna.
Lei è bella.
Ha una madre premurosa.
Il viaggio è lungo.
Lei ride in modo incantevole.
Lei mi ha visto dormire in modo orrendo.
Lei era seduta di fronte a me ma poi è scomparsa.
Lei affronta un lungo viaggio.
Lei forse non è diretta solo a Bologna.
Quindi Bologna è solo la tappa di un percorso più grande.
Lei, se fosse così, avrebbe bisogno di aumentare le forze.
Lei è nel vagone ristorante.

Esulto tipo una vittoria al superEnalotto e mi reco nella zona pranzo voglioso e desideroso di controllare se le mie supposizioni hanno avuto effetto. Cerco di non calpestare cose, persone o animali durante la mia corsa smisurata verso di Lei. Arrivo tutto trafelato e col fiatone, non sono un tipo da jogging o attività sportive che richiedano fatica, diciamo che sono più un giocatore di bocce. Anche se recuperarle al fine di ogni round non è mica così semplice.
Faccio scorrere la porta e controllo un attimo in sala. Due coppiette dialogano tra di loro mentre pranzano, si capisce benissimo che la donna di uno dei due è stata con l'altro. Chissà quando glielo confesseranno. Una ragazza di discreta bellezza aggiorna il suo status su Facebook e scatta foto a random. Un tizio la osserva dal tavolo affianco cercando di non farsi notare, che squallido. Certa gente manca proprio di senso del pudo...Lei!
Lei è seduta in disparte. Mentre sul suo tavolo c'è il quantitativo di cibo sufficiente per sfamare il principato di Monaco. Quindi non è sola. Quindi questo viaggio serviva per incontrare qualcuno, magari qualcuno che sia salito proprio a Roma, quando lei è scomparsa. Ed il mio viaggio è stato completamete inutile.
Avrei proprio voglia di qualcosa di forte.
Mi siedo all'ultimo tavolo libero, dietro le due coppiette di cornuti e ordino qualcosa di forte. Controllo i prezzi, cerco di fermare il tentativo di infarto del mio corpo e decido di acquistare un semplice bicchiere di Martini. Come pranzo.

Mentre discuto tra me e me delle tristezze del genere umano ma sopratutto delle mie guardo attraverso il finestrino il nostro arrivo alla stazione di Firenze. E, conseguentemente, osservo la ragazza nel tavolo davanti al mio diventare cianotica per un boccone di cibo di traverso.
Il panico. Tutti immobili.
Non sono mai stato un eroe.
Perchè dovrei iniziare ad esserlo adesso?

(7-Continua)

mercoledì 22 agosto 2012

Roma Termini - Firenze S.M.Novella


(Questo è un racconto a puntate che parla di un viaggio d'estate, uno di quelli improvvisati che fai solo perchè è giunto il momento di andare, senza meta, o forse di seguire qualcuno, come in questa particolare situazione. Di seguito c'è la sesta parte di un racconto lungo che dovrebbe concludersi alla fine di questo Agosto, le puntate precedenti si trovano facilmente sotto il tag "mentecatti" o "racconto". E sono le ultime cinque già postate.)

Torno alla carrozza dove c'è Lei dopo aver risolto la questione Mirko e mi ritrovo l'amara sorpresa: hanno occupato il mio sediolino. Il mio amato e dolce posticino situato anche di fronte alla donna più bella che io abbia mai visto da stamattina, e forse pure da quando sono nato. E non è tutto: Lei non c'è più. E l'unica poltroncina vuota è situata accanto alla sua. E' più difficile riuscire ad intraprendere un approccio stando seduti affianco alla propria preda mentre si combatte per chi deve poggiare il proprio arto sul bracciolo in comune. Sono fregato. E' finita.
O forse mi faccio dei problemi insormontabili per puro masochismo.

Ma sì, non esiste nessun prontuario di approccio sistematico nei treni. Non esiste nessun corso accellerato per trovarsi un compagno di viaggio nei Frecciarossa. E non esiste, sicuramente, nessun decalogo di cose da fare per conquistare l'anima gemella tra una fermata e l'altra, includendo anche una sosta nell'iperaccessoriato e minuscolo cubicolo che molti chiamano bagno, e che i germi chiamano "casa".
Non esiste.
E forse sarebbe giunta l'ora di scriverlo. Ma ci penserò poi. Ora la cosa più importante è iniziare un dialogo con Lei. E capire anche finalmente come si chiami.
Anche se esseri meravigliosi come Lei non hanno bisogno di un nome che li identifichi. Sono reali. E' solo questo che conta.
Mi siedo al mio nuovo posticino rimasto libero. Che poi dovrebbe essere stato prenotato dal buzzurro ma non sono più riuscito a trovarlo tra le varie carrozze. Potrebbe essere sceso anche lui in quel di Roma per inseguire Mirko.
Scrupolo di coscienza.
Devo chiamarlo? Devo constatare che sia effettivamente vivo e in possesso delle sue limitate capacità mentali?
O è meglio rimanere seduti, aspettare Lei, intrattenere una mirabile conversazione che spazi numerosi campi partendo dalla scienza, per poi posarsi sulla politica, sull'inutilità storica della religione per finir poi a ciarlare di Corona e della Minetti?
Lei non c'è ancora. Tanto vale togliersi il dubbio.

Prendo il telefonino dalla tasca, tutti mi osservano come se fosse un portatore di sventura o un terrorista. Cerco il numero tra le ultime chiamate. Squilla. E' già un segnale positivo.
Squilla ancora.
Sette volte.
E' morto o l'hanno rapito.
Dodici.
Sto per riattaccare quando una voce entusiasta risponde.
"Andrè, io ti amo!", lo urla a voce così alta che ogni componente dello scompartimento mi fissa ancora più preoccupato o sconvolto. La vecchina credo che stia per sparare uno dei cavalli di battaglia di ogni ultrasettantenne ancora in vita: "Non c'è più religione". Il tamarro fa una pura espressione di terrore, omofobo che non è altro, gli altri continuano a fissarmi senza una ragione, o forse a volermi studiare con lo sguardo.
"Lo avevo sempre sospettato."
"Tu sei un genio."
"Anche di questo ne ero certo".
"C'è un ragazzo qui, si chiama Oumandi, ha 17 anni e fa dei giochi col pallone meravigliosi."
"Dentro la stazione di Roma Termini?"
"Cerca di guadagnarsi qualcosa per aiutare la sua famiglia, sai come vanno queste cose."
"Ma non ti è venuto in mente che sappia solo palleggiare e non giocare? Ce ne sono molti di ragazzi così che girano per le piazze solo per fare qualche soldo."
"Ci sono dei suoi amici, dicono che gli pagano il campo per farlo venire a giocare con loro. E' la scoperta dell'anno. A Roma. A due passi da casa. E non ha mai fatto nessun provino. Non sapeva nemmeno che esistessero."
"Ottimo, direi. Per te, per lui e per la sua famiglia."
"Tu sei una mano santa. Per fortuna hai preso l'ennesima sbandata per l'ennesima sconosciuta. Ti dirò: sei un idiota ma certe volte ne fai qualcuna giusta."
"Vorrei dirlo anche io per te", la cosa più importante in un'amicizia è conoscere i propri limiti.
"Ora vado che devo farmi spedire dalla mia segretaria tutte le carte. Un dannato fax dove si può fare da queste parti", sento che parla con i ragazzi, "nessuno sa cosa sia un fax te ne rendi conto? E queste sono le nuove generazioni!"
"Cosa vuoi, è l'era social!"
"Un giorno arriverà anche l'era zombi. E ci assomigliano non poco quando stanno davanti al pc. Ci sentiamo...", e attacca. Senza nemmeno farmi discutere del reale motivo della mia chiamata. Ma sono contento gli sia andata bene.
E pure invidioso, aggiungerei. Io intanto aspetto il suo arrivo. Su questa poltroncina abbastanza comoda, cullato dal dolce rollìo di un treno lanciato a forte velocità, come una barca sulle onde del mare.

E mi addormento in venti secondi netti.

(6 - Continua)

lunedì 20 agosto 2012

Roma Termini


(Attenzione! Questo è un racconto a puntate che parla d'amore, ma a modo suo. Se vuoi capirci qualcosa leggi le puntate precedenti sul Bloggo, sono state pubblicate poco prima di questa. Son sicuro che riuscirai a trovarle da solo e senza link, perchè io credo in te figliolo/a)

Lei sorride ancora per il siparietto che è accaduto qualche secondo fa e io acquisto coraggio vedendola lievemente felice. D'altronde che cos'è una risata se non la concentrazione di un attimo di pura felicità? Mi odio quando penso cose di questo genere, e soprattutto non le pubblico in un libro di pensierini per bambini di terza elementare, o per menti povere, o per tredicenni alla ricerca di persone da idolatrare quali un Moccia. una Mayer, una sfumatura di grigio.
Se non mi faccio avanti ora non mi faccio avanti più, penso. E' l'attimo ideale: Lei ha abbassato le difese, è pronta ad ospitare nel suo cuore e nella sua esistenza, o almeno in questo viaggio ferroviario, una nuova conoscenza. Che potrei essere io e non quel tamarro sulla sua destra. Ma se perdo tempo potrebbe essere lui quello che la sposerà, le darà tanti figli tamarri che vorranno solo diventare neomelodici o partecipare ad "Amici" e lei passerà tutto il resto della sua vita a maledire questo giorno perchè io non ho fatto la prima mossa.
E' giunto il momento.
Devo farlo.
Per una miriade di motivi validi ma soprattutto per Lei, per me, per il futuro di questo mondo. Mi butto. Via. Senza rete.

Ma prima il nome o il cognome? E devo parlarle della mia professione o devo rimanere sul vago? Che poi mica è il lavoro a farci uomini o a far capire agli altri chi siamo? Uno potrebbe essere un operaio e nello stesso contempo scrivere le poesie più belle che quest'Italia abbia visto dai tempi di Quasimodo, uno potrebbe essere un gelatatio e magari riuscire con una sola foto a immortare il momento migliore di un attimo di vita, uno potrebbe essere un controllore ferroviario e fermarsi giustappunto adesso a chiedermi il biglietto proprio nel secondo esatto in cui mi stavo lanciando. C'aveva ragione il tizio buzzurro di prima, un controllore rimane un controllore. Non serve a niente, solo a rovinare gli attimi.
E a regalare ai suoi figli la possibilità di viaggiare ovunque senza pagare, inoltre.

Il dipendente delle Ferrovie dello Stato mi fissa e non parla ancora, cerco di trovare il biglietto, glielo mostro e mi fa cenno di alzare.
"Mi segua signor?"
"Tedeschi."
"Signor Tedeschi Andrea?"
"Sì, sono io. C'è qualche problema?"
"Uno sì, e le sarei grato se potesse seguirmi per qualche minuto", non era esattamente questo il modo in cui volevo che Lei conoscesse le mie generalità.
"Il biglietto è finto? Dicevo io che costava troppo!"
"No, il biglietto è perfettamente valido, e costa il giusto, direi.", come dargli torto: gli paga lo stipendio!
Lo seguo desideroso di capire il motivo valido per cui mi ha interrotto nell'istante giusto, nel secondo esatto, nel momento che avremmo ricordato io e Lei per sempre, in futuro, mentre nella nostra casa in campagna ci godevamo la vecchiaia rimembrando il giorno in cui iniziò il nostro amore.
E invece niente. Rapito da un controllore baffuto che farebbe sfracelo in un concorso sul miglior sosia del poliziotto dei Village People. In effetti indossa anche lui una divisa.

Dopo due minuti di rasentamento muri e di passaggio vagoni capisco il perchè sono stato prelevato contro la mia volontà da un posto di novantadue euri dinazi alla donna della mia vita: Mirko.
Il mio amico, o presunto tale, era seduto in una di quelle comodissime assi di ferro che qualcuno su, nella direzione di Trenitalia, si ostina a chiamare "sedie nel corridoio", era integro e senza segni di morsi, tumefazioni, tagli e tatuaggi del Pocho Lavezzi. Segno che il buzzurro napoletano non l'aveva agguantato. Mirko era in compagnia di un altro controllore, questa volta con pizzetto.
"Conosce questo signore?", mi chiede il baffuto.
"Certo. Purtroppo aggiungerei", provo a fare un sorriso, lo ritiro mezzo nanosecondo dopo.
"Il suo amico è sprovvisto di biglietto, devo fare regolare denuncia e poi è obbligato ad acquistarlo sul treno, ha affermato di non avere denaro a sufficenza per pagare e quindi ha richiesto la sua presenza. Lei è possibilitato al pagamento della sanzione?"
"Non potete recapitarla a domicilio?", chiedo, conoscendo qualche cosa di diritto ferroviario, se per caso esiste come materia.
"Potremmo. Ma sui FrecciaRossa questa regola non si applica", afferma il pizzettato. Dall'espressione del viso noto che sta dicendo un'oscura fregnaccia. Nella mia mente si aprono vari scenari su questa situazione. Dato che i due controllori vogliono soldi da spartirsi senza riferire alcunchè alla società Trenitalia, qualora li accusassi non risolverei granchè perchè sarebbe la loro parola contro la mia quindi i casi sono due: pagare o non pagare. O c'è una terza via.

"Da quel che so un passeggero senza biglietto deve assolutamente scendere dal treno. Pagherò l'equivalente della tratta fino ad ora percorsa dalla sua persona, siamo in dirittura d'arrivo a Roma, giusto?"
"Ma che...mi lasci a Roma?", borbotta Mirko senza capirci una mazza.
"Certo. Perchè sei un coglione, scusate il termine".
"E la multa?"
"Vorrei parlare col capostazione di Termini per constatare se fosse possibile riceverla a domicilio, il SUO domicilio. Questo farà ritardare la partenza del convoglio e magari, se si tarderà a lungo, si potrà fare molto ritardo sulla tabella di marcia. Molto ritardo uguale molti rimborsi. Una bella situazione, no c'è che dire".
I due si scambiano un'occhiata, poi il pizzettato parla a nome del duo.
"Credo che la questione si possa risolvere nel modo da lei descritto prima senza ulteriori strascichi per gli altri passeggeri. La multa sarà inviata al domicilio del signor Lau", sborso i venti dolorosi euro e la questione viene conclusa.
Attendo un attimo che i due simpaticissimi truffatori scappino e mollo un doloroso coppino(dicesi dello meraviglio schiaffo sulla nuca scoperta) a Mirko.
"Cioè...mi lasci a Roma, senza soldi e mi prendi pure a schiaffi?".
"E' il minimo."
"E da quando sei diventato esperto di diritti del passeggero?".
"Non lo sono mai stato, ho bluffato. Sì vede che non lo sono neanche loro."
"Sei veramente figo, fratello. Ma ora che faccio a Roma da solo? Scendi con me!".
"Non posso, ho una questione importante da risolvere. Tiè, beccati st'altri trenta euro. Prendi un interregionale per il ritorno, costa sugli undici euro. Il resto puoi andarci pure a mangiare basta che la smetti di combinare guai.", prelevo altri soldi dal portafoglio provocandomi dolore più mentale che fisico.
"Sei troppo generoso quando insegui un'altra delle tue fidanzate fantasma."
"E tutti questi soldi me li restituirai, intesi? E ora scappa che il treno si sta fermando e quei due idioti si sono dimenticati di farti la multa da spedirti a casa."
"Giusto! Ma sei un genio amico mio, sei un genio!"
"Corri, idiota. E non voltarti indietro".

Il convoglio giunge dolcemente alla stazione più importante della capitale. Mirko scende a velocità supersonica sincerandosi di non essere seguito dai due controllori. Io ritorno al mio posto di fronte a lei quando, purtroppo, scopro l'amara sorpresa...

(5-Continua)

venerdì 17 agosto 2012

Napoli Centrale - Roma Termini



(Questo è un racconto a puntate: ci sono altre tre parti prima di queste, leggile sul bloggo!)

Certe volte penso che la vita non sia altro che una stazione. Un luogo dove si decide che direzione intraprendere per poi capire se la strada è giusta o sbagliata o qualcuno ha manomesso i binari, facendoci tornare indietro sempre più stanchi. Poi mi riprendo e mi odio per essermi trasformato in un Fabio Volo qualsiasi e capisco che nessuna direzione è decisa finchè non c'è quel briciolo di pazzia a farci scattare...no...di nuovo!
Mirko mi insulta in quattro lingue diverse mentre cerco di recarmi alla carrozza dove c'è Lei. Sono molto soddisfatto delle esperienze positive all'estero del mio amico, ma non è colpa mia se in questo momento si ritrova in un Napoli-Bologna senza alcuna ragione apparente.
"Sono su questo treno per colpa tua", ecco: appunto.
"Non ti ho chiesto io di seguirmi in questa cosa".
"Questo è il tuo problema: non lo chiedi a nessuno ma ci obblighi ad entrare nelle tue emerite stron...", si zittisce un secondo mentre ci avviciniamo ad una signorina niente male. Credo si sia anche lievemente imbarazzato. "...zate!", mi sbagliavo.
"La vita è mia e la gestisco io", non potevo scegliere una frase più da teenager possibile.
"La devi smettere seriamente di vedere serie tv per adolescenti, ti fanno male. Ma proprio male."
"Sono ancora un sognatore perchè cerco la donna della mia vita? O sono solo un pazzo per lo stesso identico motivo?", credo di averlo messo in difficoltà.
"No tu sei un coglione. Solo quello sei, e se vuoi te lo dico in dodici lingue differenti", mi sbagliavo, di nuovo.
"Ma la prima cosa che t'impari nei tuoi viaggi all'estero sono i turpiloqui?".
"Per capire un altro Paese devi prima capire come si insultano. Così puoi far finta di essere uno di loro. E ti aprono qualsiasi porta."
"In effetti..."

Mirko ha uno di quei lavori che sogni da bambino, quando inizi per la prima volta a dare calci ad un pallone e ti rendi conto che no, non diventerai mai un campione osannato negli stadi di tutto il mondo, e nemmeno bravo da giocare nei campetti di periferia. Sei solo uno squallido amatore che può deliziare gli amici nel calcetto settimanale e niente più. Quindi ti re-inventi per trovare una tua dimensione nell'ambito del calcio, perchè lo ami come sport e come passione. E cerchi talenti. In tutto il mondo.
Viaggi pagati, vacanze pagate, mirabili accompagnatrici pagate e ti pagano ancora se trovi qualcuno degno da trapiantare in Italia.
Brasile, Argentina, Messico, Spagna, Svezia e tanti altri Paesi. L'anno prossimo partirà per il Giappone convinto di trovare il nuovo Nakata. O magari un Capitan Tsubasa. Non è ancora esperto di giapponese ma è convinto di poter imparare sul campo.

"Come si dice l'insulto di prima in giapponese?", gli chiedo visibilmente curioso delle lingue orientali.
"Anata wa baka desu".
"Troppe parole per un piccolo significato."
"E' la frase completa, amico mio, la grammatica è importante".

Entriamo nella carrozza sette e la vedo. Fortunatamente ci sono due posti liberi. Di fronte o accanto, questa è la scelta. Senza dimenticare che il tizio con cui mi accompagno si siederà al posto che io non sceglierò.
Scelta difficile direi.
Affianco, inalando gli effluvi del suo delicato profumo e della sua pelle chiara.
O di fronte, per mandare segnali d'approccio vagatamete velati ed intavolare una discussione senza il rischio di decidere chi dei due deve usufruire del bracciolo in comune?
Mirko mi toglie da ogni scelta e si siede accanto a lei. Che insolente! Poi mi osserva come a volermi dire "che ci fai ancora in piedi, baka che non sei altro?".
Metto a posto la piccola valigia in alto, mi siedo, le sorrido, lei risponde di conseguenza. Sposta gli occhi lievemente verso l'alto come a voler ricordare dove mi abbia già visto. Poi rammenta, o inizia a pensare ad altro. Mirko intanto mi lancia la sua miglior espressione di odio e tira fuori l'Ipod dalla tasca. Meglio che ascolti la musica, non dovrebbe fare guai, almeno così.

E invece commette l'inenarrabile: prende possesso del bracciolo in comune con Lei provocando una smorfia del suo visino gentile, sbuffando dolcemente torna a leggere il romanzo che ha tra le mani, e ricade nella lettura.
Così onnubilato dalla sua vista non ho neanche notato che nello scompartimento ci sono altre tre persone oltre noi. Una vecchietta alla mia destra mezza addormentata, un signore in giacca e cravatta che legge "Il Sole 24 Ore" alla mia sinistra ed un tamarro appoggiato al finestrino alla destra di lei. E mi rendo conto che ho sempre odiato i posti in mezzo. Sempre.

Il treno corre veloce e non spiccico una mezza parola con Lei. Non so nemmeno il suo nome e cosa le piace della vita, qual'è il suo sogno del cassetto e quanti figli vorrebbe avere. E soprattutto non so se è libera o male accompagnata, perchè chiunque abbia come ragazzo, anche un sultano del Brunei, è pur sempre peggiore del sottoscritto. Certe volte mi stupisco di quanto narcisista sia.
Mirko intanto canta qualche canzone rap senegalese a bassa voce. O magari sta cantando l'Aida di Verdi, non so, e pian piano si lascia cullare dal dondolio del treno e corre a far compagnia alla vecchia al mio fianco nel magico mondo dei sogni.
Ma una voce fa capolino dal corridoio e ci fa sobbalzare tutti all'istante.
"Uè, bell'o frà, o'post e o mij. Aggiù prenotat, tre eur! Tre eur!"(*), dice mentre smuove incessantemente Mirko toccandogli una spalla, o slogandogliela.
"Non puoi sederti altrove?", risponde il mio amico non capendo che si trova di fronte un uomo sui trent'anni, visibilmete rotondo ed incline alle discussioni fisiche, di bassa cultura generale e amante dei giochi di squadra da poltrona, oltre che delle bellezze femminili di grossa cilidrata anteriore e posteriore. Ho sempre avuto quest'abitudine di capire le persone dopo una sola frase pronunciata.
"O' post è o mij, bello. Nun me ne 'mporta se ce ne stann ancor a n'ata part'. Aggiù pavat. E mò m'assett e si nun t vuò aizzà, chiamm'o cuntrullor.", due secondi dopo alza il volume della voce a livelli indicibili, "cuntrullò! Ar'ò cazz sta 'stu cuntrullor? Quann t faj o bigliett scumparn, quann non t'o faj stanno a diec ngopp'o tren!"(**), Mirko si alza per cercare di arrivare ad un accordo.
"Vabbè, ho capito, il posto è suo ed io mi sono seduto ignobilmente senza averne avuto il permesso. Le lascio lo spazio vitale per il quale ha pagato la somma di ben tre euri e le auguro una buona giornata ed un buon soggiorno", e conclude aggiungendo una frase in portoghese con un sorrisone sul volto. Non sono affatto sicuro sia stata una chiusura gentile.
"Mej accussì, sinnò ccà fnnev a palat! Vatten vvà, ricordt che t'aggiù graziat!"(***), afferma iniziando a posizionare l'enorme bagaglio sul montacarichi riposto sulla mia testa, sporgendosi mette in mostra un evidente tatuaggio situato sulla spalla sinistra con il volto di Lavezzi, ex colonna napoletana. Mirko non si fa scappare l'occasione.
"Ah...Ezequiel. Che bravo ragazzo. Quando gli ho parlato di Parigi come città in cui vivere ha fatto i salti di gioia. Quasi mi è dispiaciuto dire a Leo, il mio contatto, che lui era così interessato a partire...", due secondi dopo è già in fuga.
"Ssì stat tu o'nfam! E a me m pigln pe cul rà duj mes! Mò t'arravot e cerevell!"(****), lo insegue come un Hulk impazzito, provocando una risata celestiale a Lei.

Ride.
Ed io capisco perfettamente perchè sono su questo treno.

 (Note. Traduzioni per analogie delle espressioni in napoletano.
 (*) Mi scusi bel ragazzo ma quel posto è mio. Ho regolare prenotazione dal costo di ben tre euro aggiuntivi.
(**) Quel posto, mi permette di dissentire, è mio. Non ho alcun intenzione di sedermi altrove. E se non si alza chiamerò il controllore che, guarda caso, quanto compri il regolare biglietto scompare e quando ne sei sprovvisto te lo trovi ovunque.
(***) Ottimo, sarebbe stato inopportuno risolvere la questione con singolar tenzone. Ora la saluto. E ringrazi il cielo di non avermi sfidato.
(****) E' lei l'artefice della tragedia? E la gente, per colpa sua, mi deride da due mesi. Ha proprio bisogno di una bella lezione!)

(4- Continua)

mercoledì 15 agosto 2012

Napoli Centrale


(Questo è un racconto a puntate. Leggere prima il prologo e la prima tappa)

Cinque secondi prima il mio cuore sussultava ed immaginava figli con la donna più bella che abbia mai visto. Cinque secondi dopo erano in realtà passati venti minuti o giù di lì, e il treno si era fermato: stazione di Napoli Centrale. Tutti erano saltati su dalle sedie nel medesimo istante. Lei no. E neanch'io.
Insieme attendevamo che il flusso di persone si dirigesse verso l'uscita per poter scendere con facilità e senza nessuno che ci mettesse fretta. E proprio un secondo prima che potessi dirle qualcosa, squilla il telefono e rimango immobile, a capire quanto deficiente fossi stato.
E' fidanzata.
O sposata.
O peggio ancora: è l'amante di qualche riccone che la riempie di regali solo per il suo aspetto meraviglioso ma che in realtà le distrugge solo l'esistenza.
Idiota. Idiota. Idiota. Sono sempre il solito idiota. Mesto ascolto con un orecchio la chiamata, sperando di captare il nome di lui, del bastardo, e magari capire anche come si chiamasse lei, la soave dea che mi ha rubato il cuore.

"Pronto?", anche quando risponde è meravigliosa. Sento qualcuno ciarlare dall'altra parte, ma non riesco a cogliere alcuna parola comprensibile.
"Sì mamma, sono arrivata a Napoli. Tra poco prendo il treno per tornare a casa", casa? Ha una casa non qui, il suo viaggio non è terminato, in effetti non sembra una donna meridionale. Più una svedese a dirla tutta, ma parla in italiano quindi è un altro buco nell'acqua.
"Sì, il solito frecciarossa per Bologna...ho già il biglietto...no no...sta bene non ti preoccupare. Ora ti lascio che il treno parte tra poco e sono ancora nel regionale. Ti chiamo quando arrivo a Bologna. Ciao", e la saluta con un bacio. Che perfetta figlioletta, sarà di sicuro una ottima madre di famiglia.

Squilla intanto anche a me il cellulare. E' Mirko. Devo rispondere, purtroppo. Sennò è capace far diramare l'annuncio della mia scomparsa dal capostazione in persona.
"Che vuoi?", sono così dolce che la faccio voltare nella mia direzione. Idiota. Non è certo un bel bigliett da visita.
"Dove sei, coglione?", lui è più mieloso del sottoscritto.
"Sul treno, sto scendendo. Non andare di fretta."
"Regionale da caserta? Ottimo, binario 12. Attenzione che sta per ripartire eh, tra due minuti", due minuti? Devo avvertirla! Mi volto e con tutta la dolcezza, non come quella di poco fa, le parlo impacciato.
"Mi hanno riferito dalla regia che questo convoglio è quasi vicino alla ripartenza, quindi le consiglio di scendere in poco tempo", e sorrido come un completo fesso.
"Ti ringrazio", e lei mi sorride come una venere che sa di essere stupenda ma conserva ancora quella innata semplicità ed umiltà. Evito di sbavare e mi ricordo che ho un tizio al cellulare che mi cerca.
"Mirko?", tutto tace. Chiamata conclusa. Decido di scendere.

Appena atterrato sulla terraferma, i gradini dei regionali distano minimo mezzo metro dal marciapiede, ricevo un sonoro schiaffo dietro la nuca. E' il mio grande e simpaticissimo amico.
"Allora? Dov'è la baldracca?", sempre pregno di soavi espressioni.
"Zitto. E cammina."
"E' ancora sul treno vero? Ora salgo a conoscerla."
"Fermo, e non voltarti"; ci incamminiamo verso l'interno della stazione, lei intando scende dal treno con naturalezza, senza preoccuparsi del dislivello e reggendosi alla sua enorme valigia.
"Porcaccia la miseria! Ma è una gnocca disumana", ci pensa un attimo ed aggiunge, "Andrè, giuro che stavolta non ti si può dire niente: è la migliore di cui ti sei mai innamorato in cinque secondi, quindi non fa per te."
"Cosa vorresti intendere?"
"Che è troppo per un ometto disgraziato come te", questo adoro di Mirko: la sincerità.
"Ho anche io i miei aspetti positivi, diciamo".
"Certo. E se addizioniamo i miei pregi ai tuoi siamo sempre fuori dalla portata di quel sogno", e la indica. Questo odio di Mirko: la sincerità.
"Comunque me ne frego. Si va a Bologna", mentre lo dico evito ancora di ascoltarmi.
"A Bologna? Ma che stai dicendo? Stasera c'è la cena di classe, e ci sono un mare di ragazze. Capisci? Ragazze alla nostra portata. Che se sanno cosa fai di mestiere stasera te ne ritrovi minimo cinque nel letto. Che se poi aggiungi che c'hai un divieto di avvicinamento firmato dalla Hunziker di sicuro fai il botto, andrè...andrea?", lo lascio a parlare lì da solo mentre mi fiondo nella biglietteria.

La signorina allo sportello mi saluta con un sorrisone. Bella ragazza. Me ne sarei potuto innamorare se non avessi conosciuto Lei. Che non ha ancora un nome.
"Uno per Bologna centrale, grazie".
"Delle ore?"
"Il primo che c'è, grazie."
"Parte tra cinque minuti, binario 14. Sono 92 euro."
"Cribbio...volevo dire: pago con la carta", e pago veramente, dannazione. La signorina, Rachele da ciò che leggo dal tesserino, mi dona il biglietto e mi fiondo all'uscita. Vedo Mirko cercarmi con lo sguardo, l'unica cosa positiva del suo tentativo di rendermi un uomo normale è che difficilmente riesce a fare due più due in tempi brevi.
Mi reco al binario quattordici in un minuto o meno. Il treno è in partenza. Lei è affacciata al finestrino, già dentro la carrozza numero sette. Io entro alla nove, per non spaventarla o che.
Salgo un gradino e mi sento tirare. Ha fatto due più due.
"Dove cazzo vai eh?"
"Te l'ho detto: Bologna!"
"Ma che bisogno hai di andare a Bologna se manco combinerai niente?"
"Chi te l'ha detto, sono un uomo nuovo adesso."
"Un uomo nuovo che decide all'improvviso di andare in Emilia da un secondo all'altro?"
"Il vecchio me sarebbe andato fino a Milano."
"Che gran miglioramento, compare. Comunque non ci vai da solo. Vengo anche io."
"E il biglietto?"
"Ma quando mai ci sono i controllori su questi treni? Fammi spazio va'."

Il Frecciarossa parte preciso e puntuale. Lei è distante due soli vagoni dal sottoscritto. Ho tre ore e mezza per entrare nel suo cuore, ma non so assolutamente come fare.

martedì 14 agosto 2012

Caserta - Napoli


(Leggi prima il prologo!)

Il treno è partito da una decina di minuti, e alla stazione di Cancello gran parte della marmaglia ha decisoo di farmi un piacere e scendere. Sono sempre in angolo all'impiedi ma perlomeno respiro, ho uno spazio vitale e il tizio che non ricorda l'uso del sapone è scomparso in un altro vagone perchè, a suo dire, "trenitalia non bada alle esigenze di noi corpulenti". La frase esatta era ben diversa ma mi sono divertito a dargli una connotazione meno volgare.
Alla fermata di Acerra la gente continua a sfollare e salgono in pochi, l'aria rarefatta sembra un lontano ricordo e decido di respirare finalmente a pieni polmoni dimenticandomi che sono, pur sempre, in un regionale che viene lavato perfettamente una volta ogni vittoria di scudetto del Napoli. Scorgo anche un posto lasciato libero accanto al finestrino. E' nella direzione contraria allo scorrimento del treno ma per una volta decido che si può fare il sacrificio.
Ovviamente cinque minuti dopo sono in bagno in procinto di vomitare. Mi ricordo che non si può usare la toilette in vicinanza delle stazioni. E il treno si ferma. Mi pulisco le mani, trattengo lo stomaco, una sciacquata veloce anche alla faccia e agli occhi, mi soffermo un attimo ad osservarmi le occhiaie, chiunque mi darebbe minimo dieci giorni di insonnia guardandole. Prendo la carta, (c'è!) e me ne esco barcollante.
E sale lei.

Credo che ricorderò con entusiasmo ogni mia prossima sosta a Casalnuovo. Lei sale sul treno e io mi squaglio in un attimo. Ha due gambe che...due occhi che... un viso che...due braccia che... insomma è perfettamente umana e potrebbe essere usata per descrivere il meglio della nostra razza a qualsiasi alieno giunto per studiarci.
E' bella come non ne ho mai viste in giro. Lei si sofferma a guardarmi giustappunto mentre esco dal bagno con uno sguardo di chi ha appena perso cinque anni di vita. Mi vergogno all'istante e fingo che il telefono inizi a squillare, dopo qualche secondo mi rendo conto che forse è sembrato di più un attacco di dissenteria. Lei entra nel vagone, presumibilmente, io rientro nella toilette rosso in volto, innamorato all'istante, e pieno di vergogna.
Mi ritrovo il cellulare nella mano destra e decido di usufruirne: chiamo Mirko, il mio migliore amico. Sono le dieci, si dovrebbe essere già svegliato, spero.

"Pronto?", una voce dall'altra parte della linea. E' vivo.
"Mirko?"
"Sì affermativo, ma se hai chiamato me già sapevi che avrei risposto io, ora mi interessa sapere chi sei, amico."
"Mirko...sono io, Andrea."
"Ecco: ritiro il termine amico, che vuoi in piena notte?", un altro che la pensa come il sottoscritto.
"Senti...sono sul treno, sto venendo a Napoli..."
"E quindi? Già è tanto che ti devo sopportare per tutto il giorno, cosa vuoi? Devo incitarti per far correre il treno più velocemente?"
"No. Ti volevo dire che ho visto una ragazza. E' la donna della mia vita."
"No, cazzo no! Non di nuovo. Non un'altra volta. No. Categorico: NO!", le sue urla mi urtano un tantino.
"Non ti preoccupare questa volta è diverso!", per fortuna evito di sentirmi quando parlo.
"E' sempre diverso! Sei malato, Andrè, sei malato forte. Ora scendi da quel cazzo di treno e non iniziare un'altra delle tue sonore minchiate, andrè. Giuro che ti sgommo a sangue", fa così ma in realtà mi vuole un bene dell'anima.
"Mirko, è bella, è bionda, ha una camminata, uno stile, un viso...".
"Sì, lo so, e due tette, un culo stratosferici. E scommetto che l'hai vista per soli cinque secondi."
"Forse sei.", non è un'ottima giustificazione.
"Andrè, ti devo ricordare cosa è accaduto solo qualche mese fa?".
"Cosa?"
"E l'anno scorso? E quello prima ancora, e a scuola, e in mezzo alla strade di Milano?"
"Non ricordo alcunchè!", ricordo tutto invece...

(Lucia: vista in terza superiore un attimo al bar della scuola. Ci sono stato dietro due anni senza parlarle. Poi ho scoperto che se la spassava con un culturista. Però è stata una bella storia d'amore.
Elisa: la figlia della mia professoressa di italiano, l'ho notata al mio esame. Per colpa della sua visione angelica ho fatto il compito più orrendo della mia esistenza. E' durata un'estate. Con lei ci ho parlato. Ma era meglio che non l'avessi mai fatto.
Michelle: vista a Milano mentre passeggiava in una piazza abbastanza popolare. Era sempre circondata da un mare di gente, era bella pensavo. L'ho seguita tutta la giornata rimandando tre colloqui di lavoro e un concerto. Alla fine mi hanno arrestato per stalking. Era la Hunziker. Ho spiegato che non conoscevo affatto la sua persona perchè non guardo la televisione ma niente. Mi hanno pure schedato.
Katia: la mia ex. Una storia durata un anno iniziata in un caffè. Lei era col suo ragazzo io l'ho amata fin dal primo istante in cui l'ho vista. E per puro caso quel giorno hanno avuto un diverbio al bar. Per una volta ho avuto la faccia tosta di provarci. Ci riuscii. E ora lei dopo un anno è tornata con lui e c'ha pure fatto un bambino.
Paola: il mio amore scomparso. Nel senso che è stata la prima donna che abbia mai amato. Seconda elementare: un anno intero compagni di banco. Quando ero sul punto di dichiararmi è partita via con la famiglia. Non so in che posto sia e nemmeno il suo cognome.
E tante altre che è meglio non ricordare)

"Dove sei, idiota?"
"A Casalnuovo, massimo venti minuti mi dovrei trovare alla stazione centrale."
"Facciamo così: ti vengo a prendere io. Tu non ti muovere. Tu non fare niente di avventato, non parlarle, guarda altrove. Anzi: chiuditi in bagno."
"Già ci sono."
"Ecco, bravo! Hai già fatto metà del tuo lavoro. Rimani lì e non uscire per nessuna ragione al mondo. Conosci te stesso, sai che combini sempre guai. Ora cerca di essere forte e rimani lì. A tra poco", e riattacca in un nanosecondo.

Ci penso seriamente a non muovermi. E infatti per la prima volta avrò un briciolo di autocontrollo.
Quindici secondi dopo sono fuori. D'altronde non potevo rimanere tutto il tempo in bagno, occupare un servizio pubblico, e magari far star male chi ha bisogno della toilette.
La cerco con lo sguardo tra i due vagoni e niente: non c'è. Ma il treno non ha fatto ulteriori fermate, quindi è sicuramente nel terzo vagone. Mi armo di faccia tosta e mi ci precipito come un folletto alla fine dell'arcobaleno. Ora la vedo. Ha un vestito rosso che le delinea le forme ed è un chiaro invito a venerarla come una dea. Sento di amarla già.
Mi seggo alla sua sinistra e ascolto il rumore del treno che viaggia. Sono nella direzione opposta a quella di marcia ma non sento niente. Solo il mio cuore che batte a ritmo sui binari.

(Continua)

lunedì 13 agosto 2012

Prologo


Ho sempre avuto difficoltà ad alzarmi ad un orario antecedente le 10 di mattina. Se è per questo anche alle 12. L'ho sempre considerato "notte fonda", come se il realtà quelle ore mattutine fossero state inventate solo per il riposo. Ma non per questo sono un tipo notturno, sia chiaro. Come tutti i giovani della mia età io esco, mi diverto, conosco e vedo gente nuova, ma all'una massimo sono già nel mondo dei sogni. Il fatto è che ho solo bisogno di dormire un po' di più degli altri. Direi minimo nove ore ma il risultato ottimale è undici.
Solo così mi sveglio fresco e riposato.
Per questo motivo ora ho un sonno pazzesco e cammino difficilmente mentre cerco di prepararmi la borsa per il viaggio, e di collegare i semplici fili che annodano le azioni basilari da compiere al risveglio: andare in bagno, lavarsi i denti, vestirsi, fare colazione. Magari non in questo perfetto ordine ma farle è già un notevole successo mentre deambulo intontito per casa. In venti minuti ho già fatto tutto, tralasciando i cinque preziosi minuti persi cercando di infilarmi le scarpe al contrario, e sono pronto per uscire: la stazione non dista molto da casa mia, e il viaggio durerà poco. Avrò tempo per leggere parte di uno dei duecento libri che ho iniziato, almeno spero.

La stazione di Caserta è piccola, accogliente se uno ha tanto senso dell'umorismo, e abbastanza pregna di cani. L'attività è frenetica e l'incessante chiacchiericcio è un misto tra lingue e culture diverse. E' una città multietnica anche se stenta a riconscerselo.
Una rapida controllata al tabellone delle partenze e una corsa veloce per acquistare il biglietto per la tratta standard Caserta-Napoli, e sono pronto per i quaranta minuti canonici di sballottamento sul vagone. Copyright by Trenitalia, ovviamente.

Il mio convoglio, pieno di gente all'impiedi, arriva con un misero ritardo di cinque minuti, e mi sento un ragazzo fortunato. Spero esca un quantitativo enorme di gente ma a malapena ne scendono in dieci. Con me salgono sul treno una cinquantina di persone, si prospetta un viaggio perfetto: in piedi, col caldo afoso dell'ennesima estate più calda dal pleistocene ad oggi, e con affianco sicuramente qualcuno che ha dimenticato ben due dei passi fondamentali del risveglio, quelli più importanti per l'igiene. E tutto questo per una riunione di classe delle superiori, organizzata a Napoli perchè la maggior parte dei miei ex-compagni vive lì. Ed io sarò ospite per due giorni a casa di Claudio e Marta. Che stanno insieme dal secondo giorno della prima superiore. Il primo l'hanno utilizzato per conoscersi, d'altronde. Una storia che nessuno avrebbe mai pensato potesse durare così a lungo. Beati loro, penso.

Il treno parte, sono in un minuscolo angolo del treno, all'impiedi, e il tizio affianco a me, di due metri per centoventichili, decidi di alzare il braccio per tenersi meglio al soffito. Scariche di gas nocivo mi mandano quasi nel mondo dei sogni.

(No, l'interrogazione di diritto no)

Mi riprendo un istante dopo, prima di perdermi definitivamente nei ricordi passati, e respiro con la bocca. Che non sarà così igienico ma in questo caso credo sarebbe accettato anche dall'associazione medici mondiali. Claudio e Marta in questo momento non si saranno nemmeno svegliati. Beati loro, ripenso.

(Continua)