venerdì 27 febbraio 2009

Emozioni



Scrivere me pare normal
si ij o'facc c'o cor
pensann a'tte che si o'sal
r'a vita mj,
c'a tu si o'sol
r'a journata mj.

Guardann't in'da l'uocchie,
vec comm te siente
tutt'o mal c'a te sient n'guoll
tutt'o ben c'a te facc.

E si ij pens a chi,
pe tant'ann a me
comm carta stracc m'ha trattat,
comm a na petacc m'ha jettat,
capisco che ttutt chest aer'a passà
pe te put'è trovà
pe te put'è vasà.

Perchè è normal rir't cc'a si bell,
pecchè è facil rir't cc'a si a sol
bast sul truvà e parol
ma s'i nun se sent'n nun so bbon.

Ma,ij, si te scriv tutte sti cos,
è pecchè pe mme si mej e na ros,
che ancor nun sso ssent e sta a sboccià,
ma ij a guard e,
n'do cor mj,
nun me voj cchiù ij r'a ccà.

Traduzione per i non bilingue:

Scrivere mi riesce normale
se lo faccio col cuore,
pensando a te che sei il sale
della vita mia,
il sole,
della giornata mia.

Guardandoti negli occhi
capisco come ti senti,
tutto la tristezza che hai addosso
o tutto il bene che ti faccio.

E se penso a chi,
per tanti anni,
mi ha trattato come carta straccia,
oppure mi ha gettato via,
capisco che doveva accadere,
per poter trovare te
per poter baciare te.

Perchè è normale dirti che sei bella,
è normale dirti che se la sola,
basta solo trovare le parole
ma bisogna sentirle
sennò non sono buone.

Ma, io, se ti scrivo tutto ciò,
è perchè per me sei meglio di una rosa
che non sa di star per sbocciare
e io ti guardo,
e nel cuor mio,
non ti voglio mai lasciare.

mercoledì 25 febbraio 2009

Infinito



Saltare da un giorno all'altro
tra le parentesi di un sogno fatto,
voltare strada, trovarsi arrampicato
in una montagna costruita dal fato.

Vivere e morire nello stesso andante,
costruirsi un futuro in un istante,
giocare con il destino felicitante,
rovinarsi un'amore per niente.

Lavorare una vita intera,
subire soprusi di ogni maniera,
cancellare i piaceri a poco a poco,
sopportare tutto come se fosse un gioco.

Saper cosa ci aspetta un domani,
rinascere in un luogo che ci renda sani.
Formare, insieme, un elemento forte
che riesca, insieme, a vincere la morte.

Saltare da un giorno all'altro,
tra due parentesi vicine, senza spazio,
voltare vita, trovarsi liberato
da tutti i problemi che hai immaginato,
ma da solo niente puoi fare,
sol quando avrai trovato
chi ti tocca l'anima, avrai capito
che ormai sei arrivato
e tutto quello che accadrà
ti troverà preparato.

martedì 24 febbraio 2009

Morte di un clown - 2



Se tutto va bene, quanto scritto qua sotto dovrebbe essere detto da un lottatore di lotta libera messicana a Smiley, un clown in crisi di identità. Siamo in uno degli squallidi bar di una delle squallide città dell'Europa post-prima guerra mondiale. Questa volta il testo non è autobiografico o ispirato a quello che mi passa per la testa in questo momento. Perlomeno, la prima parte la condivido in pieno. La seconda no, e sono molto contento di aver scritto qualcosa che non riguarda me, visto che lo faccio troppe poche volte!


Non lo senti il rumore di questa città, Smiley? Non senti come stride, come crepita contro le pareti delle nostre inutili esistenze e come si fa beffe di noi?
Guarda, Smiley, guarda questa città per quella che è realmente. Non lo senti il profumo delle maschere di noi poveri clown, non riesci a sentire quell’odore misto a finzione e realtà che preannuncia ogni nuovo spettacolo, non vedi quel sottile filo trasparente su cui ci affanniamo noi poveri trampolieri?
Chiudi gli occhi, Smiley, e guarda questa città per quella che è realmente. Perché se li chiudi bene, puoi annusarne il profumo e respirarne l’anima. Non riesci già a percepire la presenza di un tendone, intorno a noi? Non riesci già a percepire l’arena, su cui ogni giorno ci mostriamo in cerca di un applauso?
Riesci a percepirlo, Smiley? E’ la vita.
Sì, lei, la vita, quella che ci affanniamo a vivere ogni giorno, combattendo tra di noi per un momento di celebrità e lottando come tanti animali ammaestrati bramosi di un pezzo di carne.
E’ lei, la vita, un unico grande e immenso circo in cui tutto è finzione e apparenza, in cui ogni brandello di vita umana viene trasformata in una maschera di ipocrisia grazie alla quale poter andare avanti e farsi strada, cancellando ogni stralcio della coscienza che ancora ci rimane attaccata addosso.
Ma io ho visto il suo vero volto, Smiley.
Dicono che solo l’amore può salvarci, che solo in questo sentimento puro possiamo trovare la nostra massima realizzazione. Il nostro senso, la nostra essenza e il fine ultimo del nostro essere.
Cazzate, Smiley.
Troppe volte ho visto cosa si nasconde quelle maschere di amore e di buoni sentimenti.
Troppe volte ho visto quello che vuol dire amare.
Guarda, Smiley. La vedi quella principessa triste là giù, seduta ad un tavolo tutta sola? Le vedi le sue lacrime affogare nel bicchiere sempre troppo vuoto per contenere il dolore della sua anima?
Era innamorata, Smiley. Amava perdutamente il suo uomo, un ufficiale di marina imbarcatosi tanti anni fa su una nave partita in guerra. Lei ogni giorno aspettava sulla banchina del porto con lo stesso abito da sposa, in attesa di vedere quella nave con il suo uomo profilarsi all’orizzonte. Giorno dopo giorno, la ragazza si recava al porto quando sorgeva il sole e tornava a casa all’imbrunire, con il suo bagaglio di amore e speranze, aspettando il giorno in cui lui sarebbe sceso da quella nave e le sarebbe corso incontro, abbracciandola per passare tutto il resto della sua vita insieme a lei.
Vuoi sapere una cosa buffa, Smiley? Quella nave un giorno tornò. La ragazza, non appena la vide profilarsi all’orizzonte, provò una forte fitta al cuore. Finalmente l’avrebbe rivisto, dopo tanti anni passati ad aspettarlo su quella fredda banchina del porto. Quando i marinai cominciarono a scendere, lui era lì, esattamente come lei lo ricordava. Solo che non era più da solo. Accanto a lui, infatti, c’era una ragazza. Era una giovane infermiera che si era presa cura di lui durante la grande guerra e che ora lo accarezzava come lei non aveva mai fatto e gli sfiorava le labbra come a lei non era mai stato concesso.
La ragazza, a quella vista, scappò in lacrime e si rifugiò qui, in questo bar, dove si siede ogni giorno per affogare la sua tristezza. Non ha più nessuno che voglia parlare con lei, tutti la evitano come se fosse un’appestata. La gente ha paura di quello che lei potrebbe raccontare, perché a nessuno interessa ascoltare le paure che sono nascoste in fondo al nostro cuore.
L’amore non esiste, Smiley. E’ solo una forma di egoismo proiettato verso una persona da cui cerchiamo di ricavare dei vantaggi per il nostro ego bisognoso di sicurezze.
Siamo dei parassiti travestiti da sammaritani, siamo piante carnivore travestite da fiori di campo, siamo odio travestito da amore.
Non riesci a percepire quanto odio circola in noi, aspettando solo il momento per uscire allo scoperto ed esplodere in tutto il suo fragore?
L’odio, Smiley.
E’ l’odio che può salvare il genere umano. La violenza che attende solo di essere sprigionata, la rabbia che si annida nel profondo del nostro quieto vivere, nella nostra monotonia perbenista, nella nostra ignavia moralista. L’odio, Smiley, l’odio.
Solo lui può comandare il tuo corpo e le tue azioni, il tuo cervello e i tuoi pensieri. Perché è l’odio che ci fa vivere, che ci fa sopravvivere.
Dimentica le illusioni nascoste dietro le finte frasi d’amore di cui chi crede di amare o fa sfoggio, cancella le apparenze nascoste dietro i sospiri regalati al vento di cui chi crede di essere amato fa bella mostra.
Dimentica l’amore, Smiley.
L’amore è una maschera, e tu sai bene cosa vuol dire vivere per anni con una finta immagine di se stesso, da consegnare agli altri in nome di un sorriso o di un applauso.
Dimentica la coscienza, Smiley.
La coscienza è uno specchio per le allodole, e tu sai bene cosa vuol dire ingannare per anni con un’identità che ti è stata imposta ma che non corrisponde a quello che ti porti dentro.
Dimentica l’amicizia, Smiley.
L’amicizia è solo un percorso di dolore e sofferenza, e tu sai bene cosa vuol dire essere spinto ogni giorno di più verso il baratro della disperazione e di autocommiserazione.
Dimentica i sentimenti, Smiley.
Dimentica i sorrisi.
Dimentica gli applausi.
Dimentica tutto questo. Da oggi puoi essere te stesso.
Odia, Smiley.
Odia con tutto il tuo cuore.
E uccidi chiunque ti impedisca di farlo.

Nuove proposte?


Ecco a voi, in anteprima mondiale, il nuovo video della canzone di Arisa, vincitrice della categoria giovani del festival di Sanremo 2009.



Chiedo scusa, mi sa che ho sbagliato canzone...
...
...
o forse no?? :P

giovedì 19 febbraio 2009

Canzoni stonate



Seguo Sanremo. Si. Faccio outing. Ogni anno lo aspetto trepidante. Perchè Sanremo è Gialappa's. Accendo la tv su Rai Uno, tolgo l'audio e metto la radio su Radio2 e mi godo la kermesse(parola che si usa solo una volta all'anno, appunto, a Febbraio) canora con commento Gialappiano. E riesco a resistere alle 4, anche 5 certe volte, ore di diretta senza problemi, tra risate e canzoni(quelle che fanno sentire). E, quindi, come non potevo fare una poesia dedicata al Festival e al fluorilegio di note che sentiamo in questo periodo. Sarebbe stato un sacrilegio non provarci. E questo è il risultato:

Canto solamente insieme a pochi amici
quando ci troviamo a casa e abbiamo bevuto
non pensare che ti abbiam dimenticato
proprio ieri sera parlavamo di te

Camminando verso casa mi sei tornata in mente
a letto mi son girato e non ho detto niente
e ho ripensato alla tua voce così fresca e strana
che dava al nostro gruppo qualcosa di più.

Enrico che suona sua moglie fa il coro
Giovanni come sempre ascolta stonato com'e'
canzoni d'amore che fanno ancora bene al cuore
noi stanchi ma contenti se chiudi gli occhi
forse ci senti anche di lì.

L'altra domenica siamo andati al lago
ho anche preso un luccio grande che sembrava un drago
poi la sera in treno abbiam cantato piano
quel pezzo americano che cantavi tu.

Canzoni stonate parole sempre più sbagliate
ricordi quante serate passate così
canzoni d'amore che fanno ancora bene al cuore
diciamo quasi sempre qualche volta no.


Ps: Piaciuta?

Ps2: Si?

Ps3: Non è mia!

Ps4: Per questo vi è piaciuta!

Ps5: Testo e Musica di Gianni Morandi. Anni e anni fa.

Ps6: Merita perchè è stata una delle canzoni della mia infanzia. Merita veramente.

Ps7: Se mi ci metto ne faccio una simile. Lo prometto.

domenica 15 febbraio 2009

Avere vent'anni..



Avere vent'anni. Essere in quella parte di esistenza in cui tutti da te si aspettano qualcosa. Ma se questo qualcosa non arriva, non fuoriesce, cosa bisogna fare? Sognare, ridere o crescere? Iniziare a pensare al futuro, divertirsi nella giovinezza, o creare il proprio destino, chiudere l'animo del giovane che è dentro ed iniziare ad essere maturi, seri.
Il discorso è serio, indi sembra quasi che io mi sia fiondato sulla terza opzione. Essere seri, maturi, iniziare a prepararsi, anzi, a consolidare il proprio futuro. Ma non è così. Ora parlerò dei tre casi, analizzando pro e contro delle tre opzioni e decidendo, magari finalmente, da che parte stare perchè, personalmente, non l'ho mai capito.
Prima categoria: Sognare
L'opzione "sognare" è dedicata alle persone, che appunto a vent'anni o su di lì o giù di lì, si ritrovano in una situazione che non vorrebbero avere e iniziano a pensare al futuro. Al futuro dove tutto andrà bene, dove tutto sarà speciale, dove si troverà l'anima gemella, dove si troverà il lavoro perfetto, quello che si sogna da una vita, il futuro è un capolavoro e sarà perfetto. Si vive la realtà solo per arrivare a quel progetto di futuro programmato, e si perde il contatto con la stessa. Ingannati da un progetto talmente perfetto da non avere un fondamento di verità. A meno che non si sia decisamente determinati, e di riuscire a passare su tutte le difficoltà, tutti i problemi, tutti i dispiaceri. Normalmente chi spera nel futuro si dimentica che il presente è importante lo stesso. E' così concentrato sulla vita che verrà da dimenticarsi completamente che se non si indirizza quella esistente non ci sarà nessun miglioramento. In questa categoria è normale trovare gli artisti, di ogni genere. Musicisti, scrittori, pittori, attori, ogni mestiere che ha a che fare con l'arte ha in sè milioni di sognatori. Gente che sa che un giorno riuscirà in quello che si è sempre prefissata di fare. Ma che, se non si rimbocca le maniche, rimarrà sempre nella stessa condizione anche facendo passare gli anni. E il futuro non arriverà mai. Altri della categoria: Gli universitari. Ma solo quelli fuori corso. Che più andranno avanti e più non si terranno alla larga da un futuro sempre più difficile da raggiungere.

Seconda categoria: Ridere.
E' quella che preferiscono i ventenni di adesso, del passato, e anche quelli del futuro. D'altronde la giovinezza è una sola, è bello godersela, viverla in ogni attimo, in ogni secondo, e non pensare al futuro, non pensare a maturare ma divertirsi. Ragionamento ineccepibile. Qualunque giovane con un pò di senno lo farebbe. Ma qui dobbiamo fare una certa distinzione.
Ci sono i giovani che vorrebbero farlo ma non ne hanno il coraggio, la possibilità o persino la volontà. Alcuni di loro non lo fanno per dare una mano a casa, e quindi vanno in cerca di un lavoro, e diventano inevitabilmente adulti e maturi prima degli altri, quasi senza volerlo, in poco tempo si ritrovano diversi e non riescono neanche più a tornare indietro e, a loro, alla fin fine, va bene così. La categoria della risata è la migliore perchè, come ho sempre detto, ridere è la cosa più bella che si può fare al mondo(al pari passo con l'amare), ed un giorno senza risate è un giorno inutile. Un giorno in cui non mostri i tuoi denti in segno di felicità ad un'altra persona, è un giorno che non ha senso. Ridere fa bene. E per questo motivo i giovani ridono, escono, fanno amicizia, bevono, discutono, litigano, fanno pace, si rovinano la vita, se la migliorano, e così via. Ci sono alcuni ragazzi che rimandano le decisioni per un'ipotetico futuro a data da destinarsi. Aspettano. Così. E intanto ridono. Vivono la notte, dormono il giorno. Si divertono perchè è questo l'unico momento giusto per farlo. Dopo no, ci sarà un lavoro, una moglie/un marito, dei figli, un futuro. Ora no. Finchè si è giovani ci si diverte. E' questo l'unica preoccupazione.
E molte volte succedono delle liti in famiglia su questi temi. I genitori non vogliono che i figli non abbiano un futuro, o almeno un presente. E fanno sacrifici per far si che, un giorno o l'altro, il proprio frutto dell'amore maturi e cresca. Ma per certi individui bisognerà aspettare molto tempo. Anche troppo certe volte.

Terza categoria: Crescere.
Ne fanno parte coloro che ho parlato nel "paragrafo" precedente: i maturi non a scelta loro. Quei ragazzi che, ad un certo punto, non possono più "perdere tempo" dietro ai libri o dietro alla scuola e devono lavorare. Per mangiare. Per dare una dignità ad una famiglia. Per vivere. Ma non solo loro sono gli unici di questa cricca di persone.
Ci sono i decisi. Coloro che sanno già cosa fare nella vita, quelli che, magari, hanno un sogno da quando erano piccoli, e non vedono l'ora di farlo rendere realtà. Ci sono quelli che sognano una vita da militare, o quelli che vogliono diventare ricchi imprenditori, ci sono quelli che vogliono una cosa e la otterranno. Badate bene che ho usato il termine "sognare"ma, a differenza di quelli della prima categoria, i ragazzi appartenenti a questa sono determinati a raggiungere il proprio scopo. E ci sono quelli che studiano initerrottamente all'università, dimenticando anche amici, risate e vita. Per raggiungere un risultato, per ripagare i propri genitori dei sacrifici fatti, per raggiungere quello scopo che si protrae ormai da tempo, troppo tempo. E' una cosa che si vuole fare per sè principalmente, per volersi bene, per avere un futuro sognato.
Ci sono pro e contro anche qui, ovviamente. Bisogna pensare che, difficilmente, chi inizia ad isolarsi dal mondo giovanile potrà poi rientrarci. Il divertimento può darsi arriverà lo stesso ma si perderà la magnifica leggerezza della giovane età. E, in futuro, ne avrà non pochi rimpianti.
Non dimentichiamo, poi, che si possono trovare anche gli (in)decisi. Ragazzi che sono stati indirizzati, con le buone o con le cattive, dai propri genitori verso un determinato percorso e, senza farlo apposta o magari anche volendolo, questi giovani sentono un desiderio di vita che non è loro. Basti pensare ai piccoli calciatori. Sono i padri che li spingono a provarci e a metterci la passione. Basti pensare ai musicisti. Sono i genitori che sperano che diventino qualcuno un giorno. Come se essere Qualcuno potesse essere un rimedio ai mali dell'esistenza. Ovviamente ad alcuni piacerà la strada (già) tracciata. Ma il sentore di pacco sarà molto grande.

Quarta categoria non precedentemente citata: Concludere
E' composta da tutti quelli che pensano che l'esistenza sia solo un luogo di dolore e tristezza. Si parte dai ragazzi che, per un problema o un altro in famiglia o non, iniziano ad odiare così tanto la vita da drogarsi o cambiare totalmente la propria visione dell'esistenza. Iniziare a drogarsi è un atto difficile e facile allo stesso tempo che è, in qualche modo, una sorta di rassegnazione alla vita svolta e che dovrà svolgersi. Vivere è facile, ma il difficile è sopravvivere. E se questa cosa non la si vuole fare ci si ferma. Si pensa solo alla conclusione, piano piano ci si spegne per un motivo o per un altro basta solo che si arrivi al punto di non pensare. Che è meglio così poi, che non si serve a niente al mondo, che non siamo altro che passaggi fugaci in questo mondo che non si ricorderà di noi.
Ma così si sbaglia, la vita è una possibilità e questa è solo uno spreco. Dante metteva questa categoria nell'inferno, alla fin fine. Come punizione per non aver capito la meraviglia dell'esistenza. Personalmente non sarei così cattivo. Nessuno sa il perchè siamo su questa terra, le persone che si auto-annullano nemmeno. Solo che loro non hanno quel barlume di speranza che hanno tutti gli altri. Alcuni hanno ricevuto così tanto male dalla vita da non trovarne più la bellezza, altri lo fanno solo per farsi notare o, diversamente, per non farsi notare. Per non far capire che esistono. Per far dimenticare del loro passaggio. Per proclamarsi solo un errore di chiunque sia lassù che l'abbia portato quaggiù. Una categoria che comprende molti altri casi. Ma mi fermo qui per non scadere, oltre che nell'ovvio, anche nel pessimismo cosmico.


E con questo finisco il mio polpettone. Badate bene, però, che non ho precisato che una persona non può essere in due categorie o in tutte e quattro. Io mi sento quasi un miscuglio delle prime tre opzioni. E non nego, che un tempo, ho vissuto molto nella quarta. Ma, come sempre, credo di essere tentato, anzi, mi ci ritrovo dentro, nelle prime due. Sogno e Rido. Rido e Sogno. Aspetto un futuro in cui tutto accadrà in modo perfetto per la mia visione della vita, e intanto aspetto ridendo. Con i miei amici, col mio amore, con tutto ciò che può farmi stare bene. Ma più aspetto e più tutto si allontana. E tutto ciò non è positivo.
Ovviamente chi ha da farmi delle osservazioni, su altre categorie o su gruppi di persone da inserire in quelle che ho esposto io, sono sempre bene accette.
Dal Professor in Esperienzologia della Vita Moderna, Davide in arte Lutty è tutto. Alla prossima conferenza. Ehm, lezione. Ehm, post. Ehm, guazzabuglio di parole infilate ad arte per provocare reazioni, positive e non, basta che le provochino.

Ps: Scusatemi per i tremila "futuro" ed i duecento "esistenza" ma stasera ero a corto di sinonimi.

venerdì 13 febbraio 2009

Who's Billy Ballo?



Care amiche, cari amici, è giunto il momento di risolvere l'atroce dubbio che ormai, da giorni e giorni, cruccia i milioni di visitatori che quotidianamente affollano il nostro blog: chi è Billy Ballo?
Le prime tracce di questo strano fenomeno mediatico possono essere riscontrate nel programma "Mai dire Martedì", che vedeva tra le proprie file quel Maccio Capatonda che, come nessun altro, seppe apprezzare e valorizzare uno dei migliori ballerini in circolazione. No, non sto parlando di Kledi, ma del famigerato Billy Ballo.
Da subito, infatti, Maccio Capatonda intuì il potenziale di questo genio incompreso, facendone una spalla perfetta per i suoi trailer e un modello di riferimento per tutti coloro che avessero voluto intraprendere il difficile percorso della danza.
Fin qui la storia. Ma dove comincia la leggenda?
Si racconta che in una fredda sera dei primi mesi del 2008, dopo aver distrutto più o meno una ventina di canzoni del repertorio musicale italiano, alcuni ragazzi decisero di fare un giro su internet. Una di loro, improvvisamente, suggerì ai tre restanti fanciulli di guardare insieme i trailer del grandissimo comico Maccio Capatonda. I tre vennero subito folgorati dall'irresistibile e dilagante comicità del Maccio e, presi da furia youtubesca, passaraono tutta la serata a guardare gli altri trailer. Si narra che, ad un certo punto, imbattendosi nel trailer di "L'uomo che usciva la gente", i quattro vennero colpiti da un personaggio che più di tutti mostrava doti di attore e ballerino come pochi altri nel mondo: Billy Ballo. La visione aprì le porte delle loro menti e da quel giorno nulla fu più lo stesso.
Circa qualche mese dopo, infatti, uno degli stessi ragazzi, sotto l'effetto di qualche bicchiere di Gin-Lemon bevuto in compagnia, si scatenò improvvisamente in un passo di danza che aveva qualcosa di familiare. "Billy Ballo!!", esclamò fulmineamente quella stessa ragazza che per prima aveva fatto scoprire agli altri "l'uomo che usciva la gente". Certo, quel ragazzo che scimmiottava Billy Ballo con un movimento che consisteva in "battere ripetutamente il piede sinistro e agitare le mani in maniera inconvulsa" non aveva il parruccone, nè poteva dirsi bravo come l'originale, ma sentiva che in quel momento qualcosa si stava muovendo dentro di lui: ormai, lui, era diventato il nuovo Billy Ballo. I balletti a richiesta aumentarono, gli autografi da firmare crebbero a dismisura, i fan club sparsi in tutto il mondo iniziarono ad assumere la stessa importanza dei McDonald's, annoverando tra gli iscritti milioni di ragazzi e ragazze che vedevano nel nostro ragazzo un mito da eguagliare. Tra questi club, col passare del tempo, prese sempre piede il "Billy Ballo Fan Club", istituzione nata proprio da quella ragazza che aveva al nuovo Billy Ballo il tanto vituperato trailer.
Questa, più o meno, è la storia del nuovo Billy Ballo che, come forse i lettori più smaliziati avranno già capito, risponde all'identità di DjJurgen. Ovviamente chiedo scusa ai nostri numerosi lettori se ho ritenuto opportuno mantenere segreta la mia identità fino a questo momento, ma ho preferito mantenere stretto riserbo su questa faccenda per evitare ulteriori proposte di matrimonio.
Ma ora, dopo quasi un anno di silenzio, ho deciso di mostrare a tutti il mio vero volto e di svelare il mistero che circonda l'identità di Billy Ballo e soprattutto, di Billy Ballo Fan Club.
Inoltre, Nonostante la paura che orde di fan possano presentarsi sotto casa mia per chiedermi il famoso passo di danza, ho deciso di mostrarvi il video originale da cui tutto ebbe inizio. Io vi ho avvertiti: non provateci da casa.

mercoledì 11 febbraio 2009

Pomeriggi d'inverno



Calma e delicatezza nei tuoi occhi,
sensualità e saggezza nel tuo corpo,
la paura di averti credo che mi tocchi
e vivo mille scosse ad ogni tuo passo.

E rimango fermo a capire come si possa
decidere, da un giorno all'altro,
di non amarti a più non posso.

E' qualcosa che non penso in me accada,
d'altronde per te molti periodi ho passato,
di tristezza e rovinosa decandenza,
di torpore e successiva ripartenza.

L'unica cosa che mi teneva ancorato,
a questa situazione che non volevo,
era immaginarti in me e ho sognato,
e capito che eri tutto ciò che cercavo.

Forse ormai hai capito come sono fatto,
dolce e protettivo qualche volta,
seguace di un pensiero di libertà conpatto,
deciso a seguire i miei obiettivi,
anche se continuan ad esser fuggevoli,
ma col tuo sostegno continuo a crederli vivi.

E tutte quelle volte che ti farò adirare,
e dopo poco ci ritroveremo a far l'amore,
forse solo per scambiarci un'emozione,
forse solo per correggere un errore.
Saranno momenti di assoluta gioia,
e capiremo, con un groppo in gola,
che tutto quello che volevamo,
era lì, a portata di mano.

Ogni attimo è concentrato al tuo piacere,
per me è impossibile immaginare diversamente,
e continui ad organizzare le nostre sere,
io e te, e il cielo non ci mente.

Tante parole, forse troppe, da innamorato,
non sono le prime che ti ho dedicato.
Nemmeno le ultime sia chiaro,
ce ne saranno migliaia a venire,
perchè son riuscito, con calma, a capire
che tu, piano piano,
sei diventata il mio faro.

martedì 10 febbraio 2009

It's Five O' Clock


Lo ammetto, faccio un pò di confusione sull'autore di questa canzone. Alcuni dicono Demis Roussos, altri dicono gli Aphrodite's Child e, a meno che Demis Roussos non fosse uno del gruppo degli Aphrodite's Child, sono un pò in crisi.
So però che questa canzone è stata reinterpretata (e secondo me anche molto bene) da Franco Battiato, nel suo ultimo cd "Fleurs 2".
Gli accordi che ho deciso di inserire sono nella tonalità di Sol maggiore, ossia mezzo tono sopra la tonalità usata da Battiato (Fa#) e un tono sotto usata quella da Roussos (Sol#). Il tutto per facilitare quelli che con gli accordi un pò più complicati non hanno ancora tanta dimestichezza!!

IT' FIVE O'CLOCK

Sol re
It's five o' clock
Mi-
and I walk
Re
through the empty streets.
Sol Re
Thoughts fill my head
Mi-
but then still
Re
no one speaks to me
Sol Re
my mind takes me back
Mi-
to the years
Re Sol
that have passed me by


Do Mi- La-
Re Fa#- Si-


Sol Re
It is so hard to believe
Mi- Re
that it's me that I see
Do Re
in the window pane
Sol Re
it is so hard to believe
Mi- Re
that all this is the way
Do Re
that it has to be

Sol Re
It's five o' clock
Mi-
and I walk
Re
through the empty streets.
Sol Re
The night is my friend
Mi- Re
and in him I find sympathy
Sol Re Mi-
and so i go back to the years
Re
that have past me by


Do Mi- La-
Re Fa#- Si-


Sol Re
It is so hard to believe
Mi- Re
that it's me that I see
Do Re
in the window pane
Sol Re
it is so hard to believe
Mi- Re
that all this is the way
Do Re
that it has to be


Sol Re
It's five o' clock
Mi-
and I walk
Re
through the empty streets.
Sol Re
the night is my friend
Mi- Re
and in him I find sympathy.
Sol Re Mi-
He gives me day gives me hope
Re Sol
and a little dream too.

sabato 7 febbraio 2009

C'era una volta un blog



C’era una volta un blog.
Si chiamava “bloggodeglisgrittori”, ma noi, per semplicità, lo chiameremo soltanto “bloggo”. Bloggo era nato in campagna, ed era frutto dell’amore dei suoi due genitori, mamma Lutty e babbo Diggy. I due si erano conosciuti da ragazzi su uno dei tanti forum che circolavano in rete durante l’età d’oro dei forum, quando entrambi erano solo due pischelli che si divertivano a fare scorribande e a cazzeggiare liberamente su uno spazio virtuale. Come in tutte le migliori storie d’amore, quando si conobbero i due provarono un intenso odio reciproco. “E’ troppo scemo, non li sopporto i tipi così”, diceva uno dell’altro. “Fa troppo lo spiritoso, mi stanno sulle balle quelli come lui”, diceva l’altro del’uno. Con il passare del tempo, però, i due impararono a conoscersi e capirono che, in fondo, erano tutti e due scemi allo stesso modo. Cominciarono a piacersi e, lentamente, ad apprezzarsi. I loro timidi approcci iniziali, lasciarono via via il passo ad rapporto sempre più intenso, che ebbe la sua massima manifestazione nel loro incontro in quel di Roma. Tra i due nacque un amore vero e profondo, che culminò nel desiderio dei due di avere un figlio tutto loro. Era passato il tempo dei forum, spazi colpevoli di non attribuire un degno peso autoriale a chi esprimeva i propri pensieri. E così Lutty e Diggy, uniti da quell’amore che sembrava eterno, decisero di creare un blog. Decisero di chiamarlo Bloggodeglisgrittori (ma per gli amici Bloggo) e di farlo crescere come un blog contenitore di racconti e sceneggiature.
La notizia della nascita di Bloggo fu accolta con entusiasmo sia dai suoi genitori che dagli amici dei suoi genitori, che si strinsero intorno a lui e gli diedero tutto l’affetto e i link dei blog amici possibili di cui un nascituro aveva bisogno.
La vita per la famiglia scorreva tranquilla: blog cresceva sano e forte e i suoi genitori si impegnavano sempre al massimo per offrirgli quanto di meglio un figlio potesse avere. Si prodigavano di raccontini, sceneggiature, resoconti di fiere, foto, fotomontaggi, pezzi di teatro e quant’altro. I due vedevano il loro figliolo crescere, ed erano contenti dei suoi progressi. Ma, con il passare del tempo, si accorsero che forse quella non era la vita che loro volevano per Bloggo. Capirono che l’aria di campagna, se pur fresca e genuina, non consentiva di sfondare nel mondo dei blog. E così, non appena il blog raggiunse le 5000 visite, armati di valigia e di tanti nuovi post, presero il loro figliuolo e si trasferirono in città.
Una volta arrivati, si accorsero che la vita di città era del tutto diversa da quella di campagna. Qui le strade erano sempre trafficate di blog in continuo aggiornamento, i semafori traboccavano di bloggers mendicanti che chiedevano di visitare il loro blog, e la notte circolavano per le strade utenti poco rassicuranti che chiedevano se qualcuno avesse un blog con la risposta all’annosa domanda: “quanti anni ha Ornella Vanoni”. Col passare dei giorni, però, i tre campagnoli riuscirono ad adattarsi alla vita di città e, addirittura, a farsela piacere. Babbo Diggy e mamma Lutty iscrissero Bloggo ad una prestigiosa scuola di blog, chiamata Blogspot, in cui il loro figliuolo potesse seguire corsi su come si ottengono nuove visite, su come si imposta una grafica accattivante e, soprattutto, su come si scelgono le immagini giuste per i propri post. Bloggo era contentissimo della scuola, aveva già trovato nuovi compagni da aggiungere ai link dei forum amici, e in più apprendeva con entusiasmo e intelligenza le lezioni dei suoi insegnanti.
I due genitori seguivano con apprensione il percorso di Bloggo, ed erano orgogliosi della loro creatura che, da come risultava da ogni colloquio con Google Analytics, diventava ogni giorno più visitato. Un giorno, però, babbo Diggy ricevette una telefonata dalla preside della scuola, che voleva invitare i due genitori a passare da lei per una conversazione. I due genitori, preoccupati per qualche possibile marachella combinata da Bloggo, si presentarono immediatamente dalla preside che, guardandoli sdegnata, disse loro: “Signori, da qualche giorno a questa parte Bloggo sta vivendo una dura crisi di identità...non sa più chi è, ha perso la consapevolezza di se stesso...vi ho chiamati perché, in qualità di suoi genitori e creatori, voi possiate dirmi cosa sta succedendo.” “Non so proprio cosa dirle, signora preside, in fondo non sta succedendo niente di nu...” disse mamma Lutty, senza il tempo di riuscire a finire la frase. Di colpo, infatti, babbo Diggy si era alzato furioso dalla sedia e aveva cominciato a inveire contro sua moglie: “Balle! Lo sai benissimo cosa sta succedendo! Stai tappezzando nostro figlio delle tue depressissime poesie!! Bloggo non era nato perché tu ci scrivessi sopra delle paturnie di cui non importa nulla a nessuno!! E smettila di scrivere quelle insulse poesie, che fanno schifo!!” urlò Diggy. Mamma Lutty, offesa e umiliata, uscì di corsa dalla porta piangendo, e scappando via senza mai voltarsi indietro. Babbo Diggy, pentito per il suo gesto, cercò di rincorrerla, ma era troppo tardi. Lutty, uscendo dalla scuola, era saltata su un camioncino che trasportava cd degli articolo31, ed era ormai lontana.
Babbo Diggy tornò a casa, triste e scoraggiato. “Che è sucesso? – chiese Bloggo preoccupato – e dov’è la mamma??”. Ma babbo Diggy non sapeva cosa rispondere. Quella notte, non riuscì a chiudere occhio. Pensava alla fuga di Lutty, e a cosa ne sarebbe stato ora del loro figliolo, orfano di madre e senza più un’identità. Come avrebbe fatto, a mandare avanti le visite quotidiane, senza la sua compagna? Nulla sarebbe stato più lo stesso.
Nei giorni successivi girò la città da cima a fondo, cercando disperatamente sua moglie. Ma niente, di Lutty non c’era nessuna traccia. Bloggo intanto diventava sempre più triste, e a nulla valevano i tentativi di babbo Diggy di sopperire alla mancanza di Lutty con dei racconti senza senso e senza grammatica. Iniziava a sentire tremendamente la mancanza di sua moglie, accorgendosene solo ora che era troppo tardi.
I giorni passavano così, lentamente, con le visite che calavano drasticamente e Lutty che non dava segni di vita. Diggy provò a cercarlo sul vecchio forum, luogo della loro gioventù spensierata, ma Lutty non c’era. Provò su msn, il loro ritrovo abituale, ma anche lì sembrava sparita. Di Lutty non c’era più nessuna traccia. Un giorno, improvvisamente, qualcuno suonò alla porta dei due. Diggy andò ad aprire e, all’improvviso, si trovò di fronte Lutty. Non era da sola, con lei c’erano un uomo e un piccolo blog. “Ma...cosa...cosa vuol dire questo?” chiese Diggy, fissando ora sua moglie ora gli altri due, allibito. “Questi sono il mio nuovo compagno e il nostro blog...non odiarmi, ma ho aperto un altro blog. Spero che non te la prenderai troppo” – rispose Lutty, a testa bassa e con l’immagine di un sacerdote che confessava un fedele pentito. Ma a queste parole, Diggy andò su tutte le furie: “Voglio il divorzio!!! – urlò – devi scegliere, o lui o me!!!”. Lutty, presa alla sprovvista, andò via, dicendo che sarebbe tornata dopo qualche giorno. Per babbo Diggy, arrivarono giornate durissime. Sentitosi solo e ferito, iniziò a pensare ad un eventuale divorzio, e alla solitudine che ne sarebbe derivata. E’ vero, il giudice avrebbe sicuramente affidato Bloggo a lui, visto che era stata Lutty ad andarsene, ma questo non sarebbe bastato. E’ vero, avrebbe potuto postare quello che voleva, quando voleva, cambiare il banner a suo piacimento, modificare la grafica, aggiungere link su link senza dover tener conto a nessuno e inserire foto di donnine nude a volontà, ma questo non sarebbe bastato. Si rese conto che sarebbe rimasto solo, e che nulla sarebbe stato più lo stesso. Ma era troppo arrabbiato per darla vinta a Lutty. Su una cosa non aveva dubbi: o Lutty avrebbe lasciato il blog, o lo avrebbe fatto lui.
Ma quando qualche giorno dopo, Lutty andò a fare visita a Diggy, le cose andarono molto diversamente. Diggy, furioso con la sua compagna, si arrabbiò enormemente, mettendola con le spalle al muro. Lutty però non riusciva a capire. “Perché sei così arrabbiato? In fondo a te le mie poesie facevano schifo, e poi non devi pensare che voglio andarmene perché mi sono stancata del nostro blog! Io voglio rimanere, perché a quello che abbiamo creato finora ci tengo!”. A queste parole, babbo Diggy si sciolse. Forse, pensò, aveva tirato troppo la corda. In fondo chi era lui per imporre a Lutty di avere un altro blog? Nessuno. Tra di loro non c’era nessun vincolo. Aveva sempre disprezzato le sue poesie, è vero, ma in fondo ormai ci si era affezionato. E poi sapeva benissimo che senza la presenza di Lutty, lui non si sarebbe più divertito, ad avere un blog.
Decise di fare pace con sua moglie, di metterci una pietra sopra e di lasciare libera la sua compagna di avere tutti i blog che voleva.
“In fondo anche Canemucca ha un sacco di blog”, gli spiegò Lutty. “E chi è Canemucca? Un cane con dei problemi di identità?”
“E’ uno degli autori web più bravi! Ma lo vedi che sei un ignorante?”
“Senti, pezzo di cretino, ignorante lo dirai a tua sorella! Io sono molto più acculturato di te, e scrivo anche cose più interessanti di te?”
“Ah, sì?? E com’è che tutte le persone che vengono sul blog vengono per leggere le mie poesie e non i tuoi racconti alla brutta copia della copia carbone dei romanzi di Umberto Eco? Eh? Eh? Eh?”
“Sei un maledetto stronzone, lo sai??
“Ti odio!!”
“No, ti odio io!!!”
“No, io!”
“No, io!”
“No, io!”
“No, io”
...
...
E continuarono così, per tutta la notte. Bloggo, a sentire i loro litigi, sorrise. Era bello, riavere di nuovo i suoi genitori che si odiavano come prima e, anzi, anche di più. I loro finti litigi, in fondo, erano solo un modo per dimostrarsi tutto l’affetto che nutrivano l’uno nei confronti dell’altro. E non importava se ora la famiglia era allargata, se all’improvviso era arrivato un fratellastro e Lutty sarebbe stato diviso tra lui e italiani medi. A Bloggo importava solo sapere che gli insulti finti, quelli che i suoi genitori si stavano lanciando da ore e ore, non avrebbero mai lasciato il posto a quelli veri e che nessuno di loro due l’avrebbe mai abbandonato.
Bloggo chiuse gli occhi, e decise di voler fare un regalo ai suoi genitori. Un racconto, da scrivere da solo e da postare senza che né Diggy né Lutty se ne accorgessero. Cominciò a spremersi le meningi, e a pensare. Poi cliccò su “nuovo post”, scelse un’immagine appropriata e, mettendo in pratica quello che aveva imparato dai suoi genitori, iniziò a scrivere:
“C’era una volta un blog...

Da un grande potere...



Dopo il grande team-up di Spiderman col nuovo Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il nostro presidente Silvio Berlusconi, che non è da meno, annuncia, con furore, l'avvento delle edicole del numero speciale di Geppo che prevede la sua presenza. Prossima settimana: Provolino e Silvio contro Maciste!

venerdì 6 febbraio 2009

End of a time



Mi ritrovo a piangere
non su problemi esistenziali
ma per altri subdoli mali,
e mi dispiace esistere
essere di troppo, di peso
forse un po' incompreso
ma di certo già arreso.

Mi ritrovo a vedere
cose inaspettate, mai credute, inimmaginate.
Persone, idoli d'infanzia, caderti avanti
e divenire uomini come tanti,
con pregi e difetti
vittime di accadimenti maledetti.

Mi ritrovo a soffrire
a guardare e a non capire,
a osservare nello specchio
ciò che meno desideravo,
quasi scorgere un povero vecchio,
qualcuno già sottomesso
colui che non ha visto nessun successo.

Mi ritrovavo a sperare,
a vivere di sogni e quindi immaginare
un giorno futuro in cui avrei
vissuto tutti i desideri miei.
Mi ritrovavo e adesso tutto cambia,
esco di casa ed è tutto oscuro,
il mio destino è un granello nella sabbia
e ormai quello che volevo è ancora più insicuro
ed è tempo che scompaia.

Addio ai sogni avuti da bambino
al piccolo prete e all'onesto tutore.
Addio a quelli che ho avuto più vicino,
dal soldato miope al piccolo scribacchino
divenuto sceneggiatore e persino sgrittore
e fermatosi poi al gran poeta,
da domani, il mondo, non è detto che lo veda.

mercoledì 4 febbraio 2009

With love...



Volto coperto costringe il tuo essere
a manifestarsi sotto altre spoglie,
vaghi pensieri inizia a tessere
finchè il velo non gli si toglie.

Cammini spedita verso altri lidi,
buttando uno sguardo, quasi furtivo,
sulle poche persone cui ti fidi,
su quel ragazzo molto schivo.

Lui non riesce a sostenere un tuo sorriso,
ti osserva e cambia, di colpo, obiettivo,
solo ai tuoi occhi dedica un pensiero deciso,
son l'unica cosa che lo fanno sentire vivo.

Fuggendo lontano arrivi di fronte ad un muro
e lasci il sentiero intrapreso, donna beata,
ritorni, timida, all'unico che può darti un futuro,
all'unico uomo che ti faccia sentire amata.

E, lasciandoti abbracciare, inali il suo calore
e, lasciandoti spogliare, avverti il suo piacere,
ti chiedi se, magari, ti procurerà poi dolore,
ma adesso sei felice e non lo vuoi sapere.

E passeranno i giorni, mesi e pure gli anni,
tante cose accadranno, muteranno, si rovineranno,
e della gentil ragazza avrai smesso i panni,
e tutti i problemi il tuo viso sfioriranno.

Ma lui ti sarà accanto, sarà la tua roccia,
insieme soffrirete e vivrete quanto basta,
il vostro amore sarà come una rosa che sboccia,
insieme passerete la vita che è rimasta.

E ti domandi il perchè di tutta questa mia sicurezza
su cose inventate, ipotizzate, da un pensiero mio,
ti rispondo con assoluta certezza,
che quel giovane innamorato sono io,
e finchè avrò un briciolo di coscienza
giurerò di amarti per tutta l'esistenza.

martedì 3 febbraio 2009

L'arte della confessione



Nella nostra vita ci ritroviamo, molte volte, a dover confessare qualche nostro errore, qualche nostro sbaglio, o qualche cosa che non vorremmo assolutamente dire. Basti pensare quando, da piccoli, non riusciamo a dire ai nostri genitori tutti i guai che abbiamo combinato. Nella mia famiglia poi c'era la paura di farsi male perchè, sicuramente, poi mia madre ce ne avrebbe date delle altre. Non c'è giustizia a questo mondo. Comunque, dicevo, l'atto della confessione, del parlare faccia a faccia senza paura è qualcosa di difficile. E la nostra attuale era di tecnologia avanzata non fa che peggiorare la situazione. Ormai si cerca, in ogni modo, di evitare il contatto fisico quando si devono dare delle brutte notizie. Basti pensare che, ormai, è diventato di uso comune terminare una storia, un rapporto d'amore, via msn o sms. Un comportamento non eccezionale. Nella mia vita cerco sempre di dire le cose più importanti faccia a faccia, mi è normale fare così, anche se poi ne soffrirò e avrò paura di dirlo fino all'ultimo istante ma così è più semplice fare. E la sensazione dopo che l'hai detta, quella frase, è bellissima. Ti liberi dentro.
L'atto della confessione, alla fin fine, è una teoria cattolica. Quella di rivelare tutti i mali commessi davanti al Sommo è un modo per togliere il peso della sofferenza che alberga dentro di noi. Ogni tanto serve parlare con qualcuno, togliere le cattiverie, i pensieri maligni, o anche discutere delle sfighe che uno ha, delle cose che non riesce a fare, che non riesce a capire, che non riesce a dire. E' importante, anche aldifuori della morale cattolica, trova qualcuno con cui riuscire a dire tutto, ma proprio tutto. Io ne ho trovate persone così. E credo che si sia aggiunta anche un'altra alla lista. Colei che ormai mi fa battere il cuore ad ogni attimo, ogni istante, colei che mi tocca l'anima, come dice lei.(Non potevo non inserirla in un post, ormai è dappertutto!)

Ma sono andato fuori argomento, come al solito, e mi tocca ritornare sulla retta via. Sicuramente questo non entrerà nella lista dei miei post migliori, ma il "meglio" deve ancora arrivare.
Prima, dicevo, dell'impossibilità di dire, ogni tanto, le cose che ci fanno star male in faccia. Io, per esempio, dovrei dirne una al mio co-admin ma non so come farlo dato che non ci sta mai su msn, è sempre irreperibile a casa, non ho mai soldi nel cellulare e la congiunzione astrale sotto cui risiedo mi impedisce di parlare con i Dj. Comunque, dicevo, tutto sto post, alla fin fine, è un modo per dire al signor Diggi che ho aperto un altro blog con un mio amico. Ecco. Bum. Sento la sue mano sul mio collo pronte ad uccidermi. Non ti preoccupare amico mio, continuerò a riempire il blog di idiozie, poesie lacrimevoli e raccontini divertenti. Lo so, lo so, ora mi odi, anzi, da 3 anni mi odi e questo aumenterà il tuo odio nei miei confronti ma sai, amico mio, ogni tanto ci sono delle scelte da fare, delle cose a cui non possiamo rinunciare, delle occasioni a cui non sappiamo dir di no, delle frasi senza senso che servono solo a far sì che ti perda nelle parole e non mi voglia così male. Ma sai, in amore si fa così, si lascia andare sicuri che, se era amore vero, ritornerà da te. Ed io ritornerò, amico mio, ogni volta tu voglia. Ogni volta tu mi voglia male. Ogni volta tu dica "maledetto stronzone". Io ritornerò. Oh, come sono melodrammatico.

Tutto sto post per varare "Italiani Medi" (www.italianimedi.blogspot.com), il blog che ho in collaborazione con AlessioAkaEgo un grande rapper, un giorno, speriamo. Diggi, ti voglio bene, non mi odiare. Non lo fare. Uff, lo stai facendo. Che persona cattiva che sei...

Ps: Ora il blog war si farà ancora meglio.

Ps2: Fatti sentire ogni tanto, mi manchi!

Ps3: Si, mi potrei far sentire anche io, ma son sempre senza dinero.

Ps4: Questo è peculato, utilizzo privato per uso pubblico, indi la finisco qua!

Ps5: Non mi uccidereeeeeee!