venerdì 30 luglio 2010

Prontuario di conversazioni estive... (ci risiamo)



E' risaputo che nel periodo estivo, tra un bagnetto di qua e un'abbordata di là, non c'è il tempo materiale e la voglia di intraprendere una conversazione seria. Si passa dai soliti "Ehi bella, sei single?" agli ormai assodati "Ehi pupa, fuggiamo prima che mia moglie mi veda", per poi tramutarsi negli inevitabili "Ehi dolcezza, il divorzio mi è costato un patrimonio, che ne dici se ti seduco con una pizza e una birra?", e robe simili. Dato che gli ormoni, e non solo quelli, impazziscono con il caldo, eccovi pronto per voi, e solo per voi, un altro "Prontuario di conversazioni estive ed esaurienti risposte per ogni tipo di domanda" che solo per stavolta vi darò aggratis! Dalla prossima occasione il prezzo oscillerà sui 10 euri, e il libro edito per l'occasione avrà la copertina de "La solitudine dei numeri primi". Non so perchè ma la gente lo compra quel libro! Ed è orrendo! E ci fanno pure un film! Ma vi rendete conto?


"Ma no, alla fin fine si amano ancora come il primo giorno. E' che, lo sai, le donne son fatte così. Vogliono sempre un po' di certezze e certezze e certezze. E' l'amore, che ci vuoi fare?"
(Risposta eclatante alla domanda: "Ma Berlusconi e Fini si lasceranno?")

"Massì, tutti al mare, che ce ne frega della crisi!"
(Risposta rovinosa alla domanda: "Papà, ma quest'anno niente vacanze?". E poi si passa Settembre a mangiare sempre pasta in brodo per recuperare le spese)

"Ma lo sa dove potrebbero infilarselo?"
(Risposta esauriente alla domanda "Cosa ne pensa dei blogger che protestano contro la legge-bavaglio?", fatta da un giornalista ad un esponente del pdl)

"Soft, ovviamente soft. C'e la crisi. Noi non buttiamo soldi!"
(Risposta soddisfacente alla domanda "Signora Gregoraci, idee per le vacanze?" e poi vederla salire sopra un aereo con destinazione Maldive)

"Ma lo sai che ancora non l'ho capito?
(Risposta dubbia alla domanda "Ma alla fin fine, Briatore, che mestiere fa?")

"Certo, certo, son cose brutte. Niente da dir...noooooo Corona e Belen ancora insieme! Che fissa!"
(Risposta esaltata alla domanda "Altri due morti in Afghanistan, ma ti rendi conto? Questa per te è una missione di pace?")

"Mancano sette giorni, 8 ore e dodici minuti"
(Risposta esattamente precisa alla domanda "Quanto manca alla pubblicazione del listone della Gazzetta per il Fantacalcio?")

"NotreDame"
(Risposta giusta alla domanda "8 orizzontale, cattedrale parigina")

"Per trombarmi tutte".
(Risposta da non effettuare se, durante un colloquio, ti chiedono: "E tu, perchè vorresti fare il bagnino?)

"..."
(Mutezza soddisfatta alla domanda "Ma ti rendi conto che la Juve ha vinto una partita?". Da farsi con faccia incredibilmente sorpresa)

"Giuro che l'anno prossimo non si và da nessuna parte. Ma vostra madre mi ha sentito?"
(Esclamazione improvvisa fatta da un padre davanti alla propria famiglia in vacanza. La frase verrà ripetuta a voce sempre più alta finchè la propria moglie non l'avrà effettivamente sentita. E, magari, la finirà di flirtare col bagnino)

"No, amore mio, non mi permetterei mai. Che volgarità!"
(Risposta bugiarda di un ragazzo alla domanda della sua pulzella "Ma sicuro che non vai a vedere il concorso di Miss Maglietta Bagnata?")

"No, amore mio, non è come credi. E che apprezzo le loro qualità intellettuali e artistiche."
(Da dire con un rivolo di bava calante. Risposta dello stesso ragazzo alla domanda della propria pulzella: "Ma non avevi detto di andarmi a prendere un ghiacciolo?" e poi sgamato nella visione del concorso di cui sopra)

"Non c'è niente di meglio in tv!"
(Risposta preoccupante alla domanda "Ma vedi Velone?")

"No, non lo so. Mi bruciano gli occhi, quei cosi so strani. Mi annebbiano la vista. Chissà con che materiali li fanno."
(Risposta sfuggente alla domanda "Se non hai niente da fare, perchè non ti leggi un libro?")

"Ma no, certo che no. Vada pure!"
(Risposta sbrigativa di un bagnino alla domanda di una cozza in costume intero: "Bel giovane, posso farmi il bagno dopo un'ora dal pranzo?")

"Alt, non le permetto di rovinarsi la giornata. La requisisco nella mia cabina."
(Risposta seducente di un bagnino alla domanda di una biondona mozzafiato in due pezzi: "Bel giovane, posso farmi il bagno dopo tre ore dal pranzo?" mentre la cozza di prima ormai ha preso il largo e sta per affogare)

"Io!"
(Risposta da effettuare con alzata d'indice se una ragazza single con ottime forme domanda "Chi vuole spalmarmi la cremina?")(Credo che dovrete dirlo a voce ben alta per farvi sentire. Non sarete l'unico)

"Io no!"
(Risposta standard se il vostro migliore amico, se siete maschio, vi chiede la stessa cosa di cui sopra)

"....."
(Accompagnato da un rivolo di bava. Più che una risposta è la sensazione di assoluta immobilità e meraviglia, che si prova mentre si guardano due ragazze che si spalmano vicendevolmente la cremina di cui sopra sopra.)

"L'ho capito! C'ha na scuderia in formula uno!"
(Risposta sbagliata alla domanda "Ma veramente sai che mestiere fa Briatore?")

"E' colpa del buco dell'ozono!"
(Risposta sincera alle domande "Perchè fa così caldo?" "Perchè l'Inter vince così tanto?" e anche a"Perchè George Michael viene ritrovato un giorno sì e l'altro pure a fare emerite minchiate?")

"Sì, ma non ci conterei così tanto. Quello c'ha sempre così tanto da fare. Tipo dormire, russare, mangiare e deglutire. Ha una vita troppo occupata per pensare a noi."
(Risposta perfetta alla domanda "Ma luttazzi4ever farà ancora n'altro topic de sta mondezza?")

"Non ne sarei così entusiasta!"
(Risposta ottimista e giusta alla domanda "Meno male che Silvio c'è?")

"Ma che ne sò! E' miliardario di suo. C'avrà avuto n'eredità disumana. Oppure se magna i soldi degli altri. Ma chi lo conosce!"
(Risposta adirata all'ennesima domanda: "Ma, Briatore, che fà per essere così ricco?")


Alcuni dicono che mi fisso sulle cose. Mica l'è vero? Dite di no vi prego. Come annunciato ho parlato poco e niente di Belen. No. L'ho rifatto di nuovo. Non dovevo parlare di Belen. Cribbio. Di nuovo. Devo cambiare spacciatore prima o poi.

Ps: Se vi è piaciuto avete quattro modi per dimostrarlo:
a) Scrivere nei commenti che vi è piaciuto ed esaltarmi. E costringermi a scrivere una terza puntata.
b) Invocare a gran voce il ritorno della vuvuzela in Italia.
c) Leccare il dorso di una rana. Ma voglio le foto!
d) Non andare al cinema a vedervi "La solitudine dei numeri primi".

mercoledì 28 luglio 2010

Nuvoloni all'orizzonte



Eppure siamo nel terzo millennio e abbiamo ancora paura del tempo. Ci facciamo modificare l'esistenza da quel brutto o cattivo tempo. Ci arrovelliamo in possibili soluzioni, pensieri, scorciatoie per superare la sua forza, che sia distruttrice in un senso o nell'altra. E' pur sempre, poi, il primo argomento di cui parliamo con tutti! Siamo anche un bel po' prevedibili. Insomma, siamo nel 2010 ma una nuvola, un po' di sole, un temporale, sono ancora capaci di rovinarci o abbellirci le giornate. Pensa te.

Ovviamente sto parlando del tempo atmosferico. Quello cronologico è un discorso a parte. Col fatto che il tempo scorre e ogni secondo perso non si può rimediare, il povero essere umano capisce i suoi limiti e li accetta. Ma intanto sogna di tornare dietro per fare tutte le cose che non ha fatto e per rimediare a tutti gli errori che ha commesso. Ma mi dispiace, se non siete Hiro Nakamura, questo è qualcosa che non fa per voi.

Ma torniamo al motivo di questo post: il tempo atmosferico con il suo corredo di vento, sole, pioggia, trombe d'aria e quant'altro. Di come, ancora oggi, una giornata di sole invernale ci ridà entusiasmo e gioia di vivere e di come, ancora oggi, una settimana di pioggie estive ci ridanno pace e serenità dopo aver sudato letteralmente sette camicie. Siamo ancora eternamente dipendenti dalle bizzarrie di quel ripiano sopra di noi che ancora, effettivamente, riusciamo a non capire. E ci siamo abituati, ormai. Abituati alle giornate sopra i 24 in inverno. Abituati alla scomparsa delle mezze stagioni(che bello, sognavo da tempo di inserirlo in un discorso). Abituati alla calura estiva perennemente sopra i 30. Ci siamo abituati anche a sentire le stesse cose, ogni estate: "Questa è l'estate più calda degli ultimi 100 e passa anni" . "Questa è l'estate più secca delle ultimi 100 e passa estati". "Questo è l'inverno più freddo degli ultimi 10 anni". E così via. Ci siamo abituati, l'è vero, ma siamo ancora capaci di stupirci.

Quando al mattino, d'inverno, vediamo quel sole tiepido dopo quattro giorni di pioggie. Quel sole che riscalda poco e niente e non migliora sto granchè la temperatura, ma è quel sole timido che rischiara, internamente, la giornata. Quando una sera, d'estate, notiamo dei nuvoloni neri all'orizzonte che porteranno acqua in quantità industriale, o forse faranno solo cambiare l'aria. E noi li adoreremo, perchè il caldo aveva bisogno di una pausa, perchè il sole ci stava distruggendo, perchè la temperatura era insopportabile. Ed è facile cadere nei tranelli dell'incoerenza. E' facile trovar chi si lamenta d'estate, del caldo, e d'inverno, del freddo. E' facile trovare chi si intristisce per giornati fresche estive e una settimana dopo(dopo sette giorni a temperatura 35), desidera fortemente un temporale, per tornare a lamentarsi della pioggia, forse. Ed è facile trovare chi apprezza le stagioni di mezzo, quelle non troppo fredde, non troppo calde. Quelle che insomma dovrebbero preparare al giaccone o ai pantaloncini. Quelle che sembrano quasi una specie di esame preliminare, per controllare se riusciremo a passare altri tre mesi attaccati ad un termosifone o ad un condizionatore. Il tempo è ancora padrone delle nostre vite. E non ce ne rendiamo conto.

Basti pensare a quanti siti sul meteo esistono. Io uso questo, mi serve per controllare se il mercoledì, nel mio paese, venga a piovere o meno. Il calcetto è importante, si sa. Comunque siamo ossessionati dal sapere che tempo farà, magari un giorno quoteranno le giornate di pioggia alla snai. D'altronde è tutto prevedibile, ma non al secondo, non al minuto, talvolta neanche il giorno stesso. Il tempo atmosferico ci condiziona più di un condizionatore(questa la potete riusare con i vostri amici, però non ve lo consiglio se non amiate le roncole sulla testa), e ci termosifona più di un termosifone(questa è ancora più orrenda). Il tempo ci controlla, e noi non sappiamo, alla fin fine, sfidarlo.

Abbiamo le creme solari, giusto, fino a protezione 50(io che sono bianco-latte perenne, la uso e funziona). Abbiamo i ventilatori, i condizionatori, i termosifoni, le stufe e qualunque altra cosa. Ma è possibile che ancora oggi ci difendiamo dalle pioggie con un pezzo di stoffa con un manico di legno e dei pannelli di metallo? Che figura ci facciamo con gli alieni, se ci vedessero! Gli ombrelli. Siamo nel 2010 e usiamo ancora gli ombrelli. Qualcosa o qualcuno lo dovrà inventare un oggetto migliore o no? Spremetevi le meningi. Pensate, pensiamo, pensateci. Facciamo vedere che sappiamo ideare qualcosa, e per ciò apriamo il "Grande Concorso Bloggo Degli Sgrittori". Inviate a questo blog il vostro sofisticatissimo congegno che ripara dalla pioggia, anche se non ti chiami Archimede Pitagorico, tu hai le qualità(tà tà tà)(è l'eco che si sente pure nelle pubblicità)(tà tà tà). Attendo le vostre idee.

Concludo, perchè ho già parlato tanto, su un mio piccolo pensiero personale: adoro il freddo. Credo che si sapesse. Adoro la pioggia, adoro l'inverno, adoro il periodo che va da Ottobre a Aprile. Appena arriva il caldo mi intristisco, e attendo le giornate temporalesche. Ovviamente non al mercoledì, quello è sacro. Mi piace stare sotto ad un piumone una domenica mattina, mi piace guardare i telefilm, col mio amore, sotto una copertina, mi piace che mentre fuori la furia degli elementi fa quello che deve fare, io stia in pace nella mia stanza a pensare. E prima che qualcuno mi venga a dire che la pioggia provoca alluvioni, frane e cedimenti. Posso solo dire che al 90% questi fenomeni sono colpa dell'uomo e della sua scarsa voglia di pensare ai problemi naturali.

Comunque visto che ci sto, a voi cosa piace? Il caldo infernale estivo o il freddo che gela le ossa invernale? Il tempo atmosferico è anch'esso un nostro limite. E ogni mattina, ogni pomeriggio, ogni sera, ci affacciamo al balcone sperando di riuscire a cambiarlo. Ma non possiamo. Una nuvola, un po' di vento, un sole forte, ci cambiano la giornata. Siamo alla mercè degli elementi. E non possiamo fare altrimenti.

lunedì 26 luglio 2010

Tiromancino - Un tempo piccolo


La canzone è del mitico Califano nazionale. Questa è la versione di Zampaglione che, a dirla tutta, non è che mi sta tanto simpatico. Però alcune canzoni non sono malaccio. Speriamo vi piaccia. Un po' di tristezza per tutti, offro io! All togheter!



Diventai grande in un tempo piccolo
mi buttai dal letto per sentirmi libero
vestendomi in fretta per non fare caso
a tutto quello che avrei lasciato
scesi per la strada e mi mischiai al traffico

rotolai in salita come fossi magico
toccando terra rimanendo in bilico
diventai un albero per oscillare
spostai lo sguardo per mirare altrove
cercando un modo per dimenticare

dipinsi l’anima
su tela anonima
e mescolai la vodka
con acqua tonica
poi pranzai tardi all’ora della cena
mi rivolsi al libro come a una persona
guardai le tele con aria ironica
e mi giocai i ricordi provando il rischio
poi di rinascere sotto le stelle
ma non scordai di certo un amore folle
in un tempo piccolo

ingannai il dolore con del vino rosso
buttando il cuore in qualunque posto
mi addormentai con un vecchio disco
tra i pensieri che non riferisco
chiudendo i dubbi in un pasto misto

dipinsi l’anima
su tela anonima
e mescolai la vodka
con acqua tonica
poi pranzai tardi all’ora della cena
mi rivolsi al libro come a una persona
guardai le tele con aria ironica
e mi giocai i ricordi provando il rischio
poi di rinascere sotto le stelle
ma non scordai di certo un amore folle
in un tempo piccolo

e mi giocai i ricordi provando il rischio
poi di rinascere sotto le stelle
ma non scordai di certo un amore folle
in un tempo piccolo.

domenica 25 luglio 2010

Annunciazione!



Cari seguitori, inseguitori, inseguiti e seguaci. Il Bloggo è da quasi una settimana che non viene aggiornato ma non per colpa nostra. Anzi. Se proprio dobbiamo dirla tutta è per colpa tua, caro lettore. Sì, colpa tua. Tu che te ne vai in vacanza mentre noi siamo qui a sgobbare per farti divertire e qual'è il tuo ringraziamento? Nulla, niente, nisba, nada. Sei proprio un ingrato, caro ed eccelso lettore. Se anche tu ti senti in colpa manda un sms con scritto "Ti voglio bene" al nostro fondo per la cura e la manutenzione del Bloggo. Ogni sms inviato costa solo 45 euri. Comunque non sono qui solo per fare delle critiche a chi ci segue e a chi non ci segue, ma anche per dare qualche annuncio gentile ed educato. E comunque, tanto per dire, se vai al lido a prendere una granita a tua moglie la puoi anche portare a me, ingrato!

Piccolo avviso n° 1:
Ci scusiamo per la settimana senza post. Torneremo ad aggiornare il blog al più presto. In codesta settimana prometto sicuramente il lunedì musicale, un post filosofico che non può fregar di meno ad anima viva, la seconda parte delle "risposte famose" e almeno un miniraccontino.

Piccolo avviso n°2:
Molto probabilmente, causa vacanze e lavoro, ho bisogno di un giocatore di calcetto per mercoledì alle 19. Fatemi sapere. Se siete di fuori Caserta e volete venire, per gentilezza non vi pagherò il treno. Sennò sembra quasi che vi pago e son sicuro che vi offenderete.

Piccolo avviso n°3:
Perchè continuo a parlare col "noi" quando invece il mio co-admin è sparito da decenni? Quel decelebrato mentecatto non si fa più sentire da inizio mese. E poi insulta se faccio più post di lui. Ma vi rendete conto?

Piccolo avviso n°4:
Chi lo vede può colpirlo in testa con una roncola da parte mia? Grazie.

Piccolo avviso n°5:
L'italia è una repubblica fondata sul lavoro. Trova gli errori in questa frase.

Piccolo avviso n°6:
Mettiamo caso che mi metto in testa di rovinarvi il mese di Agosto in modo originale e, spero, divertente. Per ringraziamento, li mandate qualche sms al nostro fondo? Aggiungo anche degli occhioni dolci.

Piccolo avviso n° 7:
Vedetevi Toy Story 3. E' scompiscievole!

E dopo una bella e forte dose di pubblicità alla Disney che mi darà in cambio un Paperino di peluche ad altezza naturale, vi saluto e ci sentiamo domani. E comunque, se proprio devo dir la verità, invece della granita avrei preferito un bel cono gelato. O un latte e menta.

martedì 20 luglio 2010

Attori inconsapevoli



Piccola poesia scritta tempo fa per un concorso che come tema aveva "la piazza". Ditemi voi se ho colto nel segno o meno. Buona lettura.

"Dio c'è".
La frase è dipinta sul muro
come promemoria per smemorati,
un modo per sentirsi al sicuro,
per considerarci amati.

La statua di bronzo li osserva,
chissà a chi era dedicatata,
tronfìa, al centro, si dispera,
la sua utilità è ormai dimenticata.

La Domenica è il giorno di festa,
la chiesta è il porto, la gente la marea,
il parroco, giovane, cattura la folla,
la messa finisce, la sua solitudine resta.
La folla è ben vestita, a tratti perfetta,
sfoggia il bell'abito, non và di fretta.
I saluti di rito al docente impettito
che, gentile, per il pranzo, declina l'invito.

I ragazzi fanno rumore, ridono e scherzano,
i vecchi, in disparte, indignati commentano:
"I giovani d'oggi son dei debosciati,
guardali negli occhi, tutti malati,
ai miei tempi sì che li avremmo sistemati!
Stan da mattina a sera senza far niente,
per fortuna, il mio nipote, è il sol decente.

L’amico gli fa eco dal tavolo affianco:
“Giusto! E posso aggiungere come vanto,
che l’altra notte sgridai due fidanzati,
pensate: nel mio porton si erano appartati.

Le solite chiacchiere già viste e vissute,
giovani e noi, vecchi e derelitti
un circolo vizioso: prima forti e poi distrutti.

Ed io, solitario, son qui in disparte,
ignari che della loro esistenza prendo parte.
Una quercia sono, la più grande del paese,
ma per loro valgo poco perchè non ho pretese.
E da solo osservo la vita ripetuta.
E continuo, felice, la mia esistenza muta,
tra rami spezzati, l'indifferenza infinita,
un giorno capiranno che do loro la vita.

lunedì 19 luglio 2010

Daniele Silvestri - Sulle rive dell'Arrone


I cantautori esistono ancora e non sono morti. E per darvi esempio di ciò che sto appena dicendo, vi invito ad ascoltare questo pezzo del mio amore cantautorale più grande: Daniele Silvestri. Un omino(magrissimo) che riesce ad emozionare e dar da pensare più di chiunque altro, secondo me. Un genio, un cantante, un musicista e prima di tutto un uomo. Come tutti. Ma bravo, il che non guasta. Buon lunedì musicale!




Ps: Ovviamente il video è amatoriale.


Scusami
sono un po' confuso

dopo i trent'anni dicono che sia normale

che succede a tutti
nessuno escluso

e meno male che ho l'istinto e l'abitudine
ad arginare questo vuoto di inquietudine
perché se avessi meno cose per cui correre
dovrei guardare in faccia il buio
farmi raggiungere

Pesano senz'altro i miei trascorsi
sulle rive dell'Arrone
in questo modo di guardarsi
da una nuova angolazione

pesa il fatto di non essere
coperti dal segnale

e non è niente male
,
non è niente male
Ma c'era lei
c'era lei c'era lei
c'era sempre lei

era sempre lei
solo lei

è vero era lei

la mia destinazione

io come un pendolino
verso la sua stazione

era davvero lei

vi sembrerà scontato
ma non si vede un velo
finchè non s'è levato

è vero era lei
tutta la sofferenza
lei era malattia
e poi e poi
e poi
convalescenza

era soltanto lei

a dare un ritmo al tempo
lei che rubava luce

e regalava vento

E fu per lei che un giorno
si inventò l'inferno
il senso più malato
della parola eterno

si è vero era lei

tutta la sofferenza
lei era malattia
e poi e poi
e poi
convalescenza

Ed era sempre lei
la mia filosofia l'integralismo puro
la vera ortodossia
e ancora lei la nota
che ho sempre avuto in testa
la bocca disegnata
dalla mia mano destra

E meno male che ho l'istinto e l'abitudine

ad arginare questo vuoto di inquietudine
Dovrei guardare in faccia il buio

farmi raggiungere

Pesano senz'altro i miei trascorsi

sulle rive dell'Arrone

in questo modo di guardarsi
da una nuova angolazione

pesa il fatto di
non essere coperti dal segnale

non è affatto male
non è affatto male

È vero era lei
la mia destinazione
io come un pendolare
dentro la sua stazione


(Mi son permesso di annerire le parti che adoro. Spero me lo concediate.)

venerdì 16 luglio 2010

La leggenda di Mang'isse - 7° Puntata



Ecco l'ultimo episodio, indi finalmente via il dente e via il dolore. Un ringraziamento a chi ha letto tutta la saga, a chi l'ha trovata brutta, a chi magari ha riso e anche a chi non ne ha letto nemmeno un pezzetto. Sarà per la prossima. Buona lettura.

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Epilogo

I due avventurieri ritornarono a casa, arrivarono nella piazza principale della cittadina e convocarono nobili, popolani, e membri della corte del re. Spiegarono di come avevano sconfitto il mostro invincibile. Della potenza con cui il dirompente Mang’isse gli aveva dato un pugno e gli aveva fatto saltare la testa indi, per dar prova effettiva del loro coraggio, furono costretti a tosare parte dell’immondo bestìo. Il sacco con i resti dell’animale fu visionato da tutti i presenti, Mang’isse, a questo punto, fece la propria richiesta. L’ambasciatore del Re ascoltò il desiderio dell’indubbio eroe.
“Popolo, amici, lord signori. Nella foresta io ho visto qualcosa che non avrei mai voluto quantomeno osservare. Ho notato, nella boscaglia, i resti spezzettati, sbriciolati, sbrindellati e disossati del povero “Cavaliere azzurro, amico di tutti e difensore della Libertà nonché delle pulzelle abbordabili” – un coro di tristezza si udì alla ferale notizia. Poi continuò. - “Ma ho trovato questo manoscritto, accanto ai suoi resti, dove afferma che io solo sono il suo unico erede e che chiunque cerchi d’infangare il mio nome è come se facesse un torto alla sua persona e meriterà di essere tormentato a vita. Per ciò, indi vi chiedo di accettarmi quale nuovo cavaliere azzurro e desidero una villetta nella foresta. Oltre che cibo gratuito ovunque vada e, visto che ci sono, una deliziosa pulzella a mio uso e consumo!”
“Che ciò ti sia concesso” – decretò l’ambasciatore. Poi, indicando Carlo degli Indecisi disse: “E tu, cosa desideri?”
Il giovane osservò la piazza, le facce della gente, lo stupore nei loro occhi. Si fermò sulla bellezza dei sorrisi dei bambini ma soprattutto sul candore della principessa Agata dei Malanni. Si inginocchiò davanti a lei e le disse poche semplici parole: “Io desidero solo starle accanto per tutta l’esistenza, mia signora. Le giuro di non abbandonarla mai, e di darle tutto ciò che posso. Io per lei, lei per me. Insieme. Per sempre”
La folla era col fiato sospeso per la risposa della principessa. Tutti attendevano che aprisse bocca e che, magari, finalmente, trovasse l’amore.

(Ed ora, caro pubblico, bisogna scegliere tra tre finali. Fate vostro quello che più vi aggrada!)




Finale 1

La principessa accettò l’amore del Carlo, toccò le mani del giovane che venne colpito dal veleno e decesse tra atroci sofferenze. Intanto Mang’isse, per puro caso, trovò una damigiana di antidoto per il veleno della nobile che viene completamente inzuppata dal composto. Vinse, con voti eccellenti, il titolo di Miss Principessa Bagnata, guarì completamente dal suo male orrendo e, per l’eterna gratitudine, sposò Mang’isse e vissero per sempre felici e contenti. Carlo, di par suo, ottenne per la sepoltura il cognome “dei Malanni”.

Finale 2

Carlo, notando l’indecisione della pulzella, decise di declamarle un suo nuovo componimento.
“E levatell’a minigonna
fatti guardare sei bellissima tu
mi sta salendo il cuore in gola
l’adrenalina sale sempre più su
e vola via il mio pantalone
emozionato mi avvicino a te
che scustumate so sti’ mane” – ed in questo punto venne picchiato da tutta la scorta della principessa, dal popolo, dalla corte del re e dall’ambasciatore. Infine andò a vivere con Mang’isse e diventarono la prima coppia gay dichiarata di quel tempo. Con, ovviamente, un orso gigantesco come animale domestico.

Finale 3

Carlo, notando l’indecisione della pulzella, decise di declamarle un suo nuovo componimento.

“Scrivere me pare normal
si ij o'facc c'o cor
pensann a'tte che si o'sal
r'a vita mj,
c'a tu si o'sol
r'a journata mj.


Guardann't in'da l'uocchie,

vec comm te siente

tutt'o mal c'a te sient n'guoll

tutt'o ben c'a te facc.

E si ij pens a chi,

pe tant'ann a me

comm carta stracc m'ha trattat,

comm a na petacc m'ha jettat,

capisco che ttutt chest aer'a passà

pe te put'è trovà

pe te put'è vasà.

Perchè è normal
rir't cc'a si bell,

pecchè è facil
rir't cc'a si a sol

bast sul truvà e parol
ma s'i nun se sent'n nun so bbon.


Ma,ij, si te scriv tutte sti cos,

è pecchè pe mme si mej e na ros,

che ancor nun sso ssent e sta a sboccià,

ma ij a guard e,

n'do cor mj,
nun me voj cchiù ij r'a ccà.”


La principessa pianse e pianse e ripianse ancora di commozione. Dal suo corpo fuoriuscirono lacrime nere come la pece, tutte le persone presenti rimasero col fiato sospeso. Terminato il lungo pianto, la delicata ragazza si avvicinò a Carlo, che era ancora inginocchiato, lo aiutò ad alzarsi e lo baciò dolcemente. Il timido esserino si emozionò così tanto da farsi chiamare, per quel breve istante, Carlo degli Entusiasti, poi accettò con grande piacere il bacio della principessa e la avvinghiò a se in un’estasi d’amore vietata ai minori di anni quarantadue. La ragazza, che non aveva mai provato tali esperienze, recuperò il tempo perduto in un istante. I due, dopo l’estasi del momento, convolarono a giuste nozze, ebbero ben otto piccoli Carletti e assunsero Mang’isse come assaggiatore reale. L’orso condusse una vita comoda ed agiata nella sua casa super accessoriata nella foresta. Maciste rotolò per altri due anni prima di essere fermato e dichiarato deceduto. Infine, la contea di Altar vide anni bui davanti a sé dopo l’ascesa al potere di Silvio I, il portatore del sacro libro della Libertà.
Ma questa, se permettete, è completamente un’altra storia.

giovedì 15 luglio 2010

La Leggenda di Mang'isse - 6 ° Puntata



Puntata bella corposa, questa volta, e ci avviciniamo al giusto epilogo che posterò domani stesso. Non vi divertite troppo, mi raccomando.

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Capitolo Sesto
“La battaglia”

I due avventurieri si incamminarono nella raduna selvaggia aldilà della cittadina. Passeggiavano allegramente tra sterpaglie, alberi, piccoli mammiferi, insetti e quant’altro. Ogni tanto dovevano fermarsi per pulire le scarpe dai residui degli animali del bosco e intanto raccontavano aneddoti per far passare il tempo e la paura.
“Mi spieghi una cosa importante?” – chiese Mang’isse al suo scudiero.
“Dimmi, ti ascolto” – rispose l’altro.
“Ma se chi viene toccato dalla palla avvelenata muore, mi spieghi come fanno a lanciarla?” – un quesito assai importante.
“Semplice, c’è un solo punto della sfera che è possibile toccare. E’ la parte con cui viene lanciata, alla fin fine”.
“Giusto. E fin qui ci potevo arrivare. Altra domanda: perché la Principessa è ancora viva, pur essendoci caduta dentro?”
“Uhm…su ciò non c’ho mai pensato. Magia?” – sparò a caso Carlo degli Indecisi.
“Ecco, voi nobili quando non sapete le cose la buttate sempre sulla magia. Non si può discutere di cose serie!” – sentenziò il dotto Mang’isse.
“Non ho la risposta a tutti i misteri dell’universo. Comunque siamo arrivati, guarda! Questa è la grotta del mostro mostruoso”.
“Un nome migliore potevano pure darglielo!” – auspicò il distrutto eroe.
“Siamo arrivati per primi e non v’è alcuna traccia del Maciste sia a destra che a manca. Siamo i migliori, siamo i più forti. Yippi-yai-yei!” – esultò senza sosta Carlo dei Felici, peccato che il mostro fosse dietro di lui e non apprezzasse questo tipo di esagerazioni.
Era possente, alto, peloso, muscoloso, atletico. Aveva dei capelli lunghi che gli arrivavano fino alle spalle, ogni movimento con la testa portava su Mang’isse una miriade di ciocche cascanti. Il suo aspetto era feroce, cattivo, violento. Li guardava con aria di sfida e con un sorriso strano sotto i baffi, che non aveva. Aveva strane piume per tutto il corpo. Versi di decine di animali si sentivano sotto i suoi folti peli. Inizio a prendere a ceffoni Carlo dei Disperati in quattro e quattr’otto. Mang’isse osservava la scena senza poter fare niente. Il mostro gli fece un cenno come per dire “aspetta un attimo, concludo e vengo da te”. Carlo non sapeva che fare, era completamente in balìa del mostro che non gli dava un attimo di respiro. Si ricordò di ciò che gli disse suo padre(uno dei tanti) in passato: “Quando ti trovi di fronte ad un mostro gigantesco che vuole ucciderti, parlagli del tuo passato triste e sconsolato. E se non si ferma, scappa più veloce che puoi. Non si è mai visto un mostro gigantesco con una buona corsa”.
Carlo prese alla lettera questo consiglio. Iniziò a ricordare tutti i brutti episodi avuti nella sua infanzia, tutti i dispetti, tutti i dispiaceri, tutti le tristezze avute e ricevute da un’umanità che non lo ha mai amato. Il mostro sembrò fermarsi un attimo, ma era solo per riprendere fiato, menare pugni stanca dopo un po’. Lo scudiero ex-nobile fuggì dalla morsa dell’orrenda bestia, ben sapendo che non sarebbe mai riuscito a riprenderlo. Peccato che la belva disumana, aveva vinto il trofeo interregionale di corsa campestre tra gli orrendi scherzi della natura, e se ne vantava pure, dato che non solo agguantò Carlo in due secondi, ma lo iniziò a picchiare con la coppa di bronzo del vincitore.
Mang’isse osservò tuttò ciò in disparte. Pensò e ripensò a come poter sconfiggere quel pauroso bestio e si intrufolò nella grotta del mostro. Carlo intanto continuò a prendere schiaffi, pugni e coppe sul suo volto.
Il deciso eroe notò la tristezza della casa, notò l’umidità lancinante del luogo e notò anche una certa sporcizia che non aiutava certo l’umore del maestoso bruto che stava fracassando la testa del povero Carlo, fuori. Ad un trattò, però, vide un piccolo particolare che poteva essere usato per sconfiggere l’atroce avversario. Uscì di fretta dalla tana e trovò il suo amico ormai allo stremo, ormai cercava di convincere il mostro con piccoli subdoli trucchi da baraccone.
“Io lo so che tu sei buono, voglimi bene, io te ne voglio e ti perdono per tutto il male che mi hai fatto” – provò con una sottile arma psicologica ed ottenne per ringraziamento altri due ceffoni. Indi cercò di convincerlo con la psicologia inversa – “Ti odio, brutto essere nauseabondo, ti ucciderò ed estirperò la tua essenza vitale in un nanosecondo” – ed ottenne, come regalo, altri cinque schiaffoni. In quell’istante Mang’isse capì finalmente cosa doveva fare.
“Io so come ti chiami, Alfred, e so che sei triste, solo e disperato. Usi la tua aggressività per respingere noi comuni mortali ma so che tu hai bisogno di noi. Ho dato un’occhiata alla tua grotta e l’ho trovata umida, fredda e piena di minuscoli insetti che non aiutano certo la tua situazione. Io so cosa sei, Alfred, un piccolo orso ammaestrato abituato alle comodità della vita moderna. Io so che avevi un padrone, piccolo batuffolo pelosone, che purtroppo non c’è più. Alfred, tu hai bisogno di una casa vera, di un ambiente che conosci. Hai bisogno di un camino, di un padrone, di un bagno per toglierti tutti i pennuti morti nel tuo pelo e le altre decine di animali che porti addosso. Alfred, io sono tuo amico, lui è tuo amico. Siamo qui per darti carlore, gioia e felicità!”
Il triste mammifero iniziò un singhiozzamento lento e disperato, senza però fermarsi dal colpire lo sfortunato avventuriero. Ad ogni colpo inferto partiva una lacrima, ad ogni pugno o unghiata scendeva una goccia dai suoi occhi.
“Sta soffrendo” – sentenziò Mang’isse.
“Non solo lui!” – corresse Carlo dei Moribondi sputando due denti.
“Alfred, basta, vieni da me. Andiamo al fiume assieme e tagliamo via tutta questa sporcizia inutile. Abbracciami, orsacchiottone mio!” – E allargò le braccia.
Il gigantesco essere si fermò, lancio Carlo da una scarpata, si inginocchiò dinanzi al prode Mang’isse e lo strinse a sé. Iniziò un forte bramito di commozione. I due rimasero in quella posizione per una ventina di minuti buoni, attesero poi il ritorno del povero scudiero o di ciò che ne era rimasto e si sedettero vicini.
“Piccolo pelosone, ora io e il mio nobile amico ci impegniamo a farti una bella lavata e poi torneremo in paese, e prenderemo l’occorrente per prepararti una bella capanna di legno solo per te”.
L’orso non parve soddisfatto e ringhiò contro l’eroe che si corresse subito.
“Monolocale” – altro ringhio di disappunto.
“Bilocale?” – ne ottenne un altro ancora.
“Casetta con camino, angolo cottura e un salmone fresco ogni mattina?” – a questa proposta ci pensò un attimo e poi si indicò il pelo.
“Credo voglia dirci che vuole dare anche ospitalità a tutti gli animali che porta addosso. A quelli ancora vivi, penso” – si intromise Carlo che, per tutta risposta, ottenne l’avvicinarsi dell’enorme bestio e un conseguente abbraccio di dimostrazione d’amicizia.
“Ehi, amico, hai fatto colpo!” – notò il divertito Mang’isse.
“Spero che la principessa non sia della sua stessa pasta! Ah ah ah!” – rispose il Carlo dei Contusi, non rendendosi conto che pronunciando il termine “pasta”, il desideroso Mang’isse aveva iniziato a sbavare copiosamente.

Comunque, chiarito l’equivoco con il maestoso orso, i due stipularono un patto con il suddetto mammifero per la costruzione di una villetta super-accessoriata, con ampio salone, cucina abitabile, tre piani e una deviazione del corso del fiume affinchè potesse passare dietro la suddetta abitazione, per avere sempre salmone a portata di zampa. I tre, poi, si diressero al ruscello con un bel paio di cesoie pronti a disboscare il rutilante bestione. Maciste, da par suo, era nascosto in un anfratto, intento ad osservare la situazione. Ovviamente cercava un modo per sconfiggere, in un sol colpo, il mostro e i due avversari. Pensa che ti ripensa, cadde in un sonno profondo.

Piccola cronistoria di Maciste che serve per far passare il tempo

Nacque forse in epoca romana, combattè contro legionari, egizi, comici antichi di un certo livello, leggende del passato, poliziotti, assassini, ladri, terroristi, magistrati, re, reami e reggenti. Si inalberò contro animali mitologici, vampiri, lupi mannari e lontre. Unico punto debole: appena vede delle contadinelle gli parte l’ormone. Anche se over novanta di età. Gli basta solo che siano inzaccherate nella nuda terra, indossino straccetti e parlino in un idioma poco forbito.
Memorabile fu quando gli fu concessa in sposa la contessina dei Carpazi(di cui vanno tutti pazzi), lui scappò la sera stessa con Mirandina, una contadinotta di cento chili per un metro e sessanta, che ora è diventata la sua trentottesima moglie.

Fine intermezzo

I due eroi avevano tagliuzzato il folto ed enorme pelo del mostro che ora era diventato un gigantesco e profumato orsacchiottone. Intrappolati su di sé, il tenero mammifero della famiglia dei carnivori, aveva due piccioni viaggiatori, con relativa valigetta, tre mastini napoletani, un orsetto lavatore(che venne assunto come aiutante), due picchi del Madagascar, un paio di avvocati, una famiglia di ratti albini, trenta rane gracidanti e un’intera colonia estiva di rondini che notarono il cielo nero e volarono verso il profondo sud.
Per il resto, il piccolo orso, aveva su di se due enormi ale di gabbiano, un’anguilla, una parrucca fatta con capelli veri, che si era attaccata alla testa e che man mano andava disfacendosi, e un set di dodici code di castoro. Mang’isse decise di raccogliere tutto ciò che non fosse ancora vivo in un sacco come prova dell’abbattimento del feroce mostro dato che, quest’ultimo, non aveva acconsentito a concedere la propria testa come trofeo. Il simpatico Carlo riacquistò un po’ di colore ed iniziò a festeggiare declamando versi e poesie. Decise, infatti, di dedicare alla principessa Agata un tenero sonetto per farsi amare un po’ di più.
“Ho in mente un pensiero che mi ha lasciato senza fiato: scivola quel corpetto/ ma che donna sei/ battiti d’amore non l’avevi fatto mai”.
“Lascerei volentieri te senza fiato dopo codesta orrenda esibizione” – rivelò l’eroe Mang’isse.
Ma il pericolo, per i due giochererelloni, era in agguato. Maciste, ridestatosi dal lungo torpore, prese il sacco con gli scarti umidi, se lo mise sulla spalla e corse verso il villaggio, giù per la scarpata. L’orso cercò di rincorrerlo ma inciampò nella coppa di bronzo che aveva lasciato a bordo del ruscello, per bullarsi con gli altri due. Il novello poeta Carlo esaltò questo momento con pochi versi: “Rubi la roba/e crolli l’orso nero/ rimango qui da solo/ và che io t’aspetto”
Il discusso Mang’isse capì il messaggio nascosto e si gettò all’assalto del vergognoso ladro. Corse più che poteva, inseguito poi anch’esso da Carlo dei Podisti, che si contraddì in un secondo.
“Ti seguo/lo vedo/ Maciste va veloce e tu stai indietro!” – declamò.
L’eroe, adirato più che mai, raccolse ciò che aveva trovato nella grotta di Alfred: una ciotola di dimensioni abnormi, col nome inciso del pensante carnivoro, che cercò di lanciare sulla testa del fuggitivo. Peccato che non stesse mai fermo. Carlo, in disparte, si ricordò di cosa gli disse suo padre,uno dei tanti, un giorno, in punto di morte.
“Mio piccolo figliolo, sappi che se ti ritroverai contro un nemico leggendario hai ben pochi punti deboli da sfruttare. Ricorda per i vampiri è l’aglio, per i lupi mannari è l’argento, per i dotti e i letterati sono i film di Massimo Boldi, per i reali e la perdita di potere, per me è stata la peperonata di tua madre e per Maciste sono le contadinelle. Trovale e avrai vittoria facile”.
“Mang’isse” – urlò in modo deciso al suo compare – “Sii pronto! Hai pochi secondi”.
“Sono pronto” – disse quest’ultimo sgranocchiando una ghianda.
“Maciste! C’è una contadinella a ore 6!” – urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Il ladro muscoloso si fermò, si voltò e osservò la ciotola entrare prepotentemente sopra il suo cranio e ruzzolò per metri e metri, per ore e ore, per giorni e giorni. Molto probabilmente non si è ancora fermato.
“Tra cadute e ruzzoloni ti si sporcano i pantaloni” - osservò Carlo prima di svenire per la felicità.

mercoledì 14 luglio 2010

Campione del Mondo!



Ho aspettato un po' a fare questo post, neanche io so il perchè. Comunque ora ci sono riuscito. Ed è un motivo di vanto e d'orgoglio quello che sto per andare a dirvi. Prima, però, un paio di piccoli annunci: la puntata odierna di Mang'isse ci sarà più tardi(adoro minacciarvi) e se pensate che questo post parli della Spagna e di come io mi senta spagnolo e di come l'Italia faccia schifo, avete capito male. Questo post parla di un Campione del Mondo. Il qui presente "autore"(le virgolette sono d'obbligo).

Capitan Cannavaro ha consegnato la coppa domenica sera, triste e sconsolato. I suoi quattro anni da campione sono finiti, i miei iniziano adesso: dopo quasi un mese ho vinto il mio FantaMondiale (che credevate?). In palio avevamo una bella coppa del mondo quasi come l'originale e soprattutto anche una modesta quantità di dindini. Considerato che in quest'anno calcistico, con ben due miei fantacalci, ho fatto modestamente schifo, ora mi concedo un attimo di entusiasmo per elencare i miei giocatori che mi hanno portato sulla vetta del mondo, con relativo voto in pagella datogli dal sottoscritto, d'altronde sono il loro allenatore. Ma quanto me la credo! Alcuni non li ho proprio inseriti, o hanno giocato poco, o non li ho proprio schierati.

Ominidi in campo dalla prima giornata dei gironi:

Casillas 8 : Il portierone rovinato dalla Gazzetta. Mentre tutti i portieri prendono 7, lui prende 5 e non ha neanche subìto gol. Però c'è sempre, e contro tutto e tutti, para anche un rigore e mi regala la finale. Unico.

Kroldrup s.v. : Acquisto pressochè inutile, gioca solo l'ultima partita.

Abidal 4: Un numero che è la media voto sulla Gazzetta. Orrendo.

Chiellini 5.5: Due partite buone ma la terza era da picchiarlo con un bastone. E non sa quanto mi dispiace averlo perso. Disgraziato.

Yobo 6: Dimostra di esserci quando ho bisogno di lui. Un bisogno disperato. Generoso.

Mensah John 6.5: E' arrivato più in là di quanto mi credessi. Pagato 1 milione è riuscito a darmi non poche soddisfazioni. Sorpresa.

Dani Alves 6.5: Uno dei pochi brasiliani che si salva. Comprato difensore, gioca a centrocampo e pure bene. Utile.

M.Caceres 6: Doveva essere titolare in tutte le partite. Gioca solo nella semifinale contro l'Olanda, in corrispondenza con la mia finale. Mi prende un 5 che per me vale oro. Coniglio dal cilindro.

Donovan 7: Tre gol e tanti voti buoni. Come non amarlo? Fantasista.

Simao 4.5: Acquisto distruttivo.

Marchisio 4.5: Purtroppo non è stato il suo Mondiale. Ci credevo tantissimo in lui. Mi ha deluso non poco. Poi giocava in un ruolo non suo. Incompreso.

C.Poulsen 5.5: Randellone.

Felipe Melo 1.5: Solo perchè sono gentile. Vi prego, dirigenza juventina, potete buttarlo in un pozzo e riprenderlo l'anno prossimo? Grazie.

Stankovic 6: Il suo compitino lo fà.

Pastore 6.5: Gioca poco ma la sufficienza se la prende sempre. Memorabile nella partita contro la Germania, quando la sua squadra prende un tripudio di 4 e lui se ne esce col suo 6. Meraviglioso.

Martins - Obinna 5: La coppia che doveva giocare ogni partita nella Nigeria, alla fin fine fanno pochi minuti ognuno. E riescono a sbagliare l'impossibile. Delusioni.

Vela 5: Niente di male ma niente di buono.

Danny 4.5: Ma perchè l'ho preso?

Henry 4: Vedi Danny.

Asamoah Gyan 7.5: L'uomo che con i suoi gol mi ha portato fuori dalla fase a gironi. L'uomo che mi ha dato tutto. E che ringrazierò per tanto tempo. Pagato la miseria di 5 crediti, mi ha ripagato con 3 gol e tanti voti buoni. Questo è stato un signor acquisto. Esagerato.

Acquisti prima dei nostri quarti di finale(gli ottavi del Mondiale):

Suarez 8: Mi fa una doppietta, mi para un tiro che sta per eliminare l'Uruguay. Cosa chiedergli di più. Promessa.

Defoe 4: Come il voto contro la Germania.

Boateng KP. 6.5: Una scommessa vinta. Prima partita giocata, segna il suo unico gol nel Mondiale. Amabile.

Cole A. 4: Vedi Defoe.

Cherundolo 4: Orrendo è dir poco.

A.Pereira 6: Mi fa il compitino, e lo fa bene. Porta due volte a casa il voto, e non è male.

Acquisti prima delle semifinali (i quarti del Mondiale):

Sneijder 8: Me ne fà tre di gol in due partite. Piglia voti stratosferici, ci manca solo che debba pulirmi casa. Pelatone bello!

Messi 5: Non ingrana. Lo prendo proprio nella partita in cui risulta bloccato. Povero leoncino.

Villa 7.5: Un gol quasi alla fine contro il Paraguay e la finale è mia. Lo amo.

X.Alonso 6: Riesce a sbagliare un rigore ma gioca bene nella mia finale. Utile.

Heitinga 5: Un misto tra la prova disastrosa contro il Brasile e quella decente contro l'Uruguay.

Lucio - Bastos 5: Puntare sul Brasile è stata una scommessa persa, per fortuna che Sneijder c'è!

Godin 6: Mi gioca una partita. Prende il suo 5 e mezzo e mi regala la coppa, cosa chiedergli di più?

Acquisti prima della nostra finale(semifinali ai mondiali):

Robben 7: Una partita, un gol. Lo ringrazio.

Podolski 5.5: Niente di che.

Infine un ringraziamento particolare al mio allenatore in seconda, tale Carmen, che mi ha sopportato per un mese intero con moduli, acquisti, cambi, voti e chi più ne ha più ne metta. Però ha avuto almeno in cambio una cena offerta dal sottoscritto, il che non è male. Scusatemi il post autocelebrativo, ma quando ci vuole ci vuole.

Questa è la coppetta mia. Vi piace?

martedì 13 luglio 2010

La leggenda di Mang'isse - 5° Puntata



Stiamo vicini alla fine, indi fra poco ritornerò a scrivere post perlomeno più decenti(si spera, o forse son tutti della stessa pasta). Comunque si entra nel vivo, che cosa è una storia, che cosa è un eroe senza il giusto avversario? Indi è giunta l'ora di conoscerlo. Buona lettura.


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Capitolo Quinto
“L’antagonista”

Carlo dei Rinvenuti si riprese all’interno di una taverna. Guardò il popolino occupante di quella bettola festeggiare e si domandò cosa ci facesse lì dentro. Dopo qualche attimo riconobbe lo sguardo assente di Mang’isse che grufolava nel piatto come solo i veri suini sanno fare. Gli chiese, immantinente, cosa ci facessero in quel posto e cosa fosse successo.
“Ti chiedo immantinente cosa ci facciamo in questo posto e cosa è successo” – ripetè Carlo dei Pappagalli.
“Niente di che. Mangiamo gratis, in cambio poi dobbiamo sconfiggere il mostro mostruoso di questa zona” – disse senza neanche finire di deglutire.
“Ma noi non siamo avventurieri, noi siamo…un duo di idioti. Tu sei un vincitore di tornei, sì, ma mangerecci. Io sono solo un pover’uomo. Perché andare a rischiare la vita?” – chiese ancora.
“Se sconfiggiamo il mostro possiamo chiedere ciò che vogliamo in cambio. Io potrei aprirmi una taverna, e tu fare il mio garzone. Oppure io potrei prendermi una nave e tu fare il mio mozzo. O, ancora meglio, io potrei avere tutto il cibo che voglio e tu fare il mio cuoco. Non ti alletta l’idea?”
“No. Certo che no. Mi servirebbe un bel motivo valido per partecipare a cotanta spedizione verso l’ignoto, ma dove?” – appena ebbe finito di ciarlare, dalla porta arrivò una folata di vento inattesa. L’entrata fu aperta da delle mani gentili, delicate, soavi. Era la principessa Agata dei Malanni. La povera ragazza che non aveva potuto toccare alcun ragazzo, pur essendo da anni sul mercato. Solo l’amore avrebbe potuto salvarla. Solo l’amore e forse un buon antidoto. Carlo dei Speranzosi si esaltò. Salì sul tavolo e urlò.
“Io! Io sconfiggerò il mostro, che sia un drago, che sia un goblin, che sia un orco, che sia Sauron, io lo sconfiggerò! Per amore di lei, la più dolce creatura su questa Terra. Per amore suo, porterò qui la testa del mostro. E chiederò la sua mano!” – un boato da stadio suggellò la promessa. La principessa si ritrovò ad arrossire a cotanto amore. Il baccano infernale durò qualche altro minuto fino a che un altro misterioso avventuriero non salì su un altro tavolo.
“Saluti a tutti, e saluti a te, mia principessa. Io mi chiamo Maciste II, ho dalla mia parte decine, centinaia, migliaia di combattimenti a cui ho partecipato e sono uscito vincitore. Ora, tutti sono contro Maciste, l’ho sperimentato in anni e anni di onorata carriera. Ma io voglio farvi ricredere. Io voglio farvi capire che sono un uomo gentile, dolce e pieno d’amore. Principessa, mi concede questo ballo?” – a questa richiesta nella sala si ebbe un silenzio tombale. Carlo guardava la situazione creatasi con un moto d’ira e di disprezzo verso quel misterioso uomo. Mang’isse continuava a mangiare senza pensare ad altro.
“Ma io, io…non posso…” – disse la Principessa, arrossendo ancor di più.
“Lei potrà, mia amata, quando ritornerò con la testa del mostro. Lei capirà l’importanza del mio gesto e mi amerà come non ha mai amato nessuno prima” – cosa molto vera dato che non aveva mai provato quel sentimento così forte per anima viva.
“Giammai!!!” – urlò Carlo – “Procace donzella, io sfiderò in singolar tenzone cotanto mostro abissale che voi avete in loco, e porterò il suo cranio come pegno d’amore e di sottomissione verso la Vostra indubbia beltate”.
“Come parli, straniero? Hai appena inghiottito un vocabolario?” – chiese Maciste il Secondo.
“Ah ecco perché sta roba aveva il sapore di carta!” – rispose Mang’isse che era presente con il corpo ma non con la mente.
“Io ho espresso il dìsio di poterle donare la mia vittoria. Io riuscirò nella mia cotanta impresa, e affronterò, per il suo regal visino, anche le intemperie del tempo, del luogo e dello spazio” – un boato di entusiasmo si sentì dalla locanda del Rospo Caliente, due vie più lontane. Avevano udito, non si sa come, il termine “intemperie” ed erano tutti commossi e felici.
“Io sono Maciste. Ho eliminato individui ben peggiori di te. Ho attraversato montagne, deserti e anche campi di granturco. Tu non mi fai paura. Questa sarà una sfida tra il sottoscritto e te, piccolo insolente omuncolo che si fa accompagnare da un maiale. La vittoria sarà mia!” – sbattè la porta e se ne andò ridendo, come solo un vero cattivo sa fare.
“Credo mi abbia insultato” – capì Mang’isse, per una buona volta, alzando la testa dal piatto.
“Sarà il suo ultimo attacco della sua triste ed inutile vita. Perché io e te, lo sconfiggeremo! Vero, amico mio?” – chiese Carlo della Speranza. Il suo prode amico alzò il pollice in segno di entusiasmo. Intanto era ritornato con la testa nella pietanza, leggero e gioioso.
“Ora penso che Maciste abbia tanto ma tanto ragione” – disse l’ex-nobile prima di mettersi in un angolino a piangere.
“Orsù, andiamo a dormire, caro Carlo. Domani la nostra giornata sarà lunga e irta di pericoli. Un sonno ristoratore è sol quello che ci serve!” – disse il deciso Mang’isse – “Tendimi la pargoletta mano”. Carlo accettò l’aiuto per rialzarsi. Pian piano andarono nelle loro stanze mentre fuori, due vie più distanti, un popolo di amanti della lingua italiana festeggiava con un trenino.

lunedì 12 luglio 2010

La leggenda di Mang'isse - 4° Puntata



E poteva mai mancare la puntatina odierna della saga meno commentata del mondo? Ovviamente no. Magari c'è un botto di pubblico non commentante che aspetta solo l'interimento delle avventure stralunate del duo di eroi. Può essere, come può essere il contrario. Comunque buon divertimento.

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Capitolo Quarto
“Vita e miracoli di un povero sfigato”

Il conte Carlo della Gherarda di Scotti di Riso, principe della contea dei Calvi, ambasciatore in terra degli Stalker, non ebbe vita facile prima di conoscere Mang’isse e buttarsi nell’avventura. Aveva sempre avuto, attorno a sé, una strana aurea che molti chiamerebbero “destino” e taluni chiamano “sfiga” toccandosi un punto ben nascosto del proprio corpo. Il conte Carlo non nacque con codesto nome lunghissimo, appena venuto al mondo era un semplice figlio di contadini. Suo padre,tale Elevato alla Seconda, però, era un individuo avido, tirchio e desideroso di denaro. Aveva una strana concezione dei bambini e della vita: pensava ancora che codesti crescessero sotto dei cavoli, infatti non ebbe mai nessun contatto fisico con la madre di Carlo, indi, conseguenza logica, il padre del piccolo pulzello altri non è che il bracciante che aiutava la famigliola di contadini. Comunque il padre “ufficiale”, il signor Elevato, vendette il piccolo ad una nobildonna che, di par suo, rivendette il neonato alla principessa degli Stornelli, una donna molto abituata a cantare e intonare odi a qualunque pennuti del paese, per la gioia di tutti i ragazzi dai sedici anni in su. Peccato che, appena la sua genitrice adocchiò il bambino, iniziò una ricerca al padre del suddetto che vide la fuga di due terzi della popolazione maschile del luogo verso lidi migliori. Intanto il povero Carlo, che per ora ancora non aveva nome ma solo volgari epiteti come “Coso”, “quello lì”, “il Merolone” o addirittura “Mengacci”, per via della pelata, veniva passato di mano in mano. Infatti la principessa degli Stornelli fu costretta a separarsi dall’infante, codesto passò per le mani di un avido affarista, ovvero di nuovo il suo padre ufficiale, il signor Elevato alla Seconda, che lo ritrovò sotto un cavolo e fu ancora più convinto della sua ipotesi. Elevato donò, dietro adeguato compenso, il piccolo nelle calde ed amorevoli braccia di Mamà Sartèn, una gentile e procace signorina che tanto desiderava un cucciolo di umano da coccolare. La ragazza era la promessa sposa del principe Marc’Antonio della Gherarda, conoscitore della grandezza dei Maestosi, fratello di sangue della tribù degli Indiani D’India (anche loro amano la specificazione), gran cerimoniere dell’amore animale e amante ufficiale, in gran segreto, del Re Salvo La Faccia. Un sovrano molto amato dai suoi sudditi che sposò, per salvarsi la faccia, la principessa degli Stornelli, per la gioia di tutto il reame. Il piccolo finalmente fu battezzato Carlo etc etc, che è il nome con cui i suoi amici d’infazia lo chiamavano. Il giovane crebbe nella felicità fin quando non scoprì suo padre in atteggiamenti intimi con il Re e sua madre in atteggiamenti intimi con il bracciante della famiglia del signor Alla Seconda. Quest’ultimo, tale Massimo Piacere, lo continuava a chiamare “figlioletto”, per non si sa qual motivo. Questi due traumi rovinarono così tanto l’infanzia al nostro Carlo da crearsi un mondo tutto suo. Dove lui era l’eroe, lo scudiero, l’antagonista, il mostro, il paesaggio e anche l’inserzione pubblicitaria tra una storia e l’altra. Tutto ciò durò fino all’età di ventidue anni quando accadde ciò che accadde.

In quei tempi il Re era cambiato, al posto del precedente c’era uno dei figli di Salvo la Faccia, il piccolo Mario che, per dirla tutta, era sicuramente un erede della principessa degli Stornelli(così come gli altri dodici), ma c’erano molti dubbi sul padre. Forse quel piccolo particolare di carnagione, scura come la pece il figlio e bianca come il latte il padre, aveva portato a dei ragionevoli quesiti. Comunque il nuovo sovrano era amato, anch’esso, da gran parte della popolazione. Aveva un nonsochè che spingeva tutti a volerlo bene. Sarà stato quel sorriso da uomo vissuto o magari quel suo delicato divertimento di trucidare chiunque non sorridesse, a farlo diventare uno dei Re più conosciuti e apprezzati dell’intero globo. Durante la gaiosa reggenza del piccolo Mario, Carlo degli Impauriti iniziò, senza accorgersene, a parlare in modo strano in casi in cui era impaurito o sotto pressione. Memorabile fu quando venne frainteso dal fabbro di corte, dato che l’apostrofò con un “Lei ha un attrezzo di grande potenza. Potrei provare a maneggiarlo davanti alla sua persona?” riferendosi al martello pesante con cui il lavoratore operava, ma ricevendo in cambio cinque punti di sutura sulla fronte dal nerboruto omaccione. E da ricordare fu il suo saluto alla Principessa Ninfa Splendente, quando fece visita al suo castello, e il povero Carlo la salutò con un “Saluti a te, piccola dea. Al sol vederti, dopo tanto tempo, ho preso in questa mano la mia mazza e son venuto testè a fartela ammirare”. A nulla valse il tentativo del giovane per far notare che, effettivamente, aveva la sua lancia da torneo con sè, la scorta della deliziosa signorina gli crollò addosso in un nanosecondo. I conseguenti dieci giorni tra la vita e la morte in un letto gli fecero capire di imparare a contare fino a cento prima di parlare. Era pur giunta l’ora!

Il caro Carlo purtroppo aveva ancora un altro problema: si innamorava sempre di casi disperati. Un giorno era preso per una nobildonna che lo odiava, il giorno dopo cercava amore da una contadinetta che lo voleva impiccare, e un altro giorno ancora veniva arrestato perché spiava la procace Contessa dei Meloni, mentre si cambiava d’abito. Questa sua ricerca di donnine non propriamente allegre di vederlo, gli portò gravi problemi sia in ambito sociale che privato. La madre lo iniziò ad odiare, ma forse perché cercava di parlare con lei sempre quando la veniva a trovare il signor Massimo Piacere. Gli amici gli tolsero il saluto, quando scoprirono che era lui il misterioso ladro di cognomi. Infatti iniziò, quasi per scherzo, a rubare i cognomi altrui per inserirli, poi, nelle sue descrizioni. E da quel momento in poi era l’uomo che aveva un secondo nome adatto per tutte le occasioni. C’era un funerale? Lui era Carlo dei Necrologi. C’era un evento mondano? Carlo dei Giocolieri. C’era una torta lunga due metri con una spogliarellista dentro per festeggiare l’insediamento del Re? Carlo degli Sbavanti. Uno stratagemma che gli fece guadagnare, ben presto, l’ira e l’invidia di tutti i residenti a corte, nel castello, fuori dalle mura e anche in tutto il globo terracqueo. Per questo motivo fu sempre solo, senza un vero amico, e senza il calore di una donna che lo stringesse nelle notti ventose e temporalesche. In quella particolare circostanza era Carlo degli Sfigati. Un titolo che usa per ben tre quarti della sua vita. Poco tempo dopo accadde il fattaccio: perse tutti i suoi averi alla corsa delle lumache. Un giorno si renderà conto che il gasteropode sul quale puntava era solo un modellino dipinto a mano. Ma anche se così non fosse non conta oramai nulla. L’importante è che ora, anche essendo un povero ex-nobile, lui era sulla strada in cerca d’avventura. Non ha qualità eccezionali, non ha poteri meravigliosi, non ha una donna che lo ami o un amico che conti su di lui, non ha soldi, castelli, titoli, servitori, pezzi di terra, un cane fedele, un porto di mare, un alligatore, dei conigli, un amico di penna oppure un misero tozzo di pan secco, ma ha pur sempre qualcosa che lo accompagnerà sempre dovunque andrà. Ha qualcosa che sarà sempre con lui, che sia sulla strada o in qualche casa, che sia in un castello o in una topaia, che sia di notte o di giorno, che sia di riffa o di raffa, che sia quel che sia, la sfiga non lo abbandonerà mai. Per un uomo è importante saper contare su qualcuno o qualcosa, alla fin fine è pur sempre meglio di niente.

Luigi Piloni - Single


Che lo conosciate come Paolo Panigada, come Luigi Piloni o come Feiez, il discorso non cambia. Stiamo parlando sempre del sassofonista degli Elio e le Storie teste, purtroppo scomparso anni fa. Questa canzone è una chicca per gli appassionati degli Elii: la sigla di una trasmissione radiofonica mi sembra della Littizzetto cantata proprio dal buon Feiez. Una ode alla singletudine. Buon ascolto.




Se Dio ci ha fatto con due scapole
Ben ci sarà un motivo
Se sono nato che ero nubile
Se sono dolce e schivo

Mentre scongelo tonno in scatole
Nel microonde d'or
Divento menestrello
Ho un ritornello in cuor

Single - solo per te la mia canzone spingo
Perche’ ho il cuore d'amianto che innamora di schianto
Fingo - d'essere in coppia ma il cuscino stringo
Son felice ma piango perche' ho un tango nel cuor

Anch'io saro’ matrimoniabile
Vita non mi spaventi
Anch'io accoppiato e psicolabile
Che pago gli alimenti

Non più zitello in pianta stabile
Perchè ho il phisique du rôle
E un solitario amore
Non me lo basterò

Single - solo per te la mia canzone spingo
Con il cuore d'amianto con la gioia nel canto
Fingo - d'essere in doppia ma il cuscino stringo
Così allegro che piango con un tango nel cuor

Ma riflettendo è preferibile
Se non mi ammoglio più
Lo affermano gli esperti
L'han detto alla tivù

Single - dalle tue gesta il buon esempio attingo
Viva il letto a una piazza per l'amante di razza
Bingo - saluto a tutti e me ne vado in congo
Perdonate il dittongo ma vi dico: yu-huu!

domenica 11 luglio 2010

La leggenda di Mang'isse - 3° Puntata



Terza parte, in tre giorni, di un capolavoro incapibile del presente autore. Se per caso ancora non ci avete capito niente non disperate: il peggio deve ancora venire. Buona lettura.


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Capitolo Terzo
(Lungi da me)

Son passati due giorni dall’incontro tra l’eroe delle tavole imbandite Mang’isse e l’ex nobile decaduto Carlo della Gherarda. I due hanno iniziato una sorta di avventura insieme, non del tipo amoroso, precisiamo, ma puramente professionale. Ognuno dei due cerca qualcosa per dare un senso alla propria vita. E ognuno dei due ha bisogno di una spalla su cui piangere nel caso che le cose andassero male. Il nuovo duo di avventurieri brinda nella “Locanda del Rospo Caliente” e discute dei massimi sistemi dell’universo.
“Te lo giuro, l’ho letto, ne hanno parlato i migliori scienziati di codest’epoca. Il segnale elettrico che attraversa i neuroni viaggia alla velocità di cento metri al secondo!” – disse Carlo degli Stupiti, in un impeto di gioia.
“Ma io non ho cento metri di corpo, perché corre così tanto?” – domandò Mang’isse.
“E’ perché, perché…è un modo per farti capire che va veloce!”
“Ma se va anche a dieci metri al secondo io non gli dico niente. Può farlo. Che bisogno c’è di stancarsi così tanto, mi chiedo! Soprattutto inutilmente.”
“Ora che mi ci fai notare, veggo che hai ragione. Orsù, mio prode Mang’isse, che si fa? Dove si và? Quando si conquistano le pulzelle?”
“Ah, caro Carlo, tu non sai, non conosci, non comprendi la vita di un avventuriero. Si vaga per giorni e giorni con un tozzo di pan secco e un otre d’acqua, si gira per settimane, mesi, anni prima di trovare un posto in cui fermarsi e finalmente mangiare decentemente. Bisogna avere una forza d’animo disumana…” – sentenziò l’eroe.
“E tu da quanto tempo sei sulla strada?” – chiese lo scudiero, con gli occhi sbrilluccicanti.
“L’altro ieri!” – rispose.
“E la forza d’animo disumana?”
“Non l’ho mai conosciuta! Me la presenti?”
“A trovarla, amico mio, a trovarla!"
"Mi permetti una domanda tu, adesso?” - chiese l'eroe.
“Dimmi, caro Mang’isse, rispondo ad ogni tuo quesito!”
“Perché due giorni orsono mi parlavi in un modo e ora in un altro? Mi ricordo che avevi un liguaggio più aulico!”
Nel medesimo istante in cui Mang’isse terminò di esporre la sua domanda, si ebbe un boato nel locale. Frotte di uomini alzarono il boccale al cielo e iniziarono ad abbracciarsi. Nemmeno la notizia dell’abolizione delle tasse o uno spogliarello della maggiore star di quei tempi, tale Belenna, avrebbe portato a così tale entusiasmo. Molti di loro osservavano i due eroi e alzavano i bicchieri nella loro direzione. Mang’isse era sempre più sorpreso. Carlo aveva la soluzione a cotanto fracasso.
“Non ci badare. In questo locale se qualcuno espone un termine diverso, tutti si esaltano. Non essendoci alcuno sport di squadra con cui poter sfogare le tristezze della vita, hanno stilato una cartella di punteggi per ogni termine. Il tuo “aulico” vale cento punti. Guarda che succede adesso” – si alza sulla sedia, porta le mani alla bocca per aumentare l’eco – “Desueto!”. Il locale sembra cadere su sé stesso dalle urla, dagli strepiti e dall’entusiasmo. I ragazzoni ubriachi festeggiano distruggendosi sedie sulle spalle, il barista proclama Carlo degli Stalker come vincitore odierno e luminare fantascientifico. L’eroe è sconvolto ma divertito.
“Comunque il linguaggio aulico mi viene solo quando sono impaurito o spaventato. E’ un problema che ho fin da bambino. E non è l’unico, purtroppo”.
“Ognuno ha i suoi problemi, ragazzo mio. Ovviamente “ragazzo mio” non significa che tu sia il mio ragazzo. E’ un’esclamazione di amicizia. Intesi?”
“Tu hai dei problemi con l’altro sesso. E anche col tuo stesso sesso, e ho il lieve sospetto che odi pure te stesso!”
“Non puoi immaginare quanto, un giorno o l’altro sconfiggerò quel cavaliere azzurro. Mi ha rovinato la vita!” – sentenziò Mang’isse adirato.
“Il cavaliere azzurro? Lo conosci veramente? Voglio un autografo, è troppo forte, è il migliore, è l’unico che può aiutarci in questo mondo disastrato. Lui è il nostro condottiero!” – disse Carlo alzandosi sul tavolo.
“Il cavaliere azzurro sono io, o meglio ero io. E’ una storia lunga, non ho voglia di spiegartela, vai un paio di pagine dietro e leggitela da te. Ora ho bisogno di stare un po’ da solo…” – e se ne uscì, portandosi dietro tristezza e rassegnazione.
Carlo rimase da solo a pensare, dopo dieci minuti buoni capì che Mang’isse se l’era svignata senza pagare e che il barista lo guardava furente con un’accetta di dimensioni oscene nella mano sinistra. Peccato che non aveva alcunchè di denaro contante e il latte oramai era scaduto. Sapeva che aveva una sola soluzione a questo quesito tanto preoccupante. Si alzò sul tavolo e urlò a tutta forza: “Sempre caro mi fu quest’ermo colle”. Tutti i presenti esultarono come non mai, si esaltarono così tanto che molta gente entrò solo per partecipare al festeggiamento collettivo. Carlo ne approfittò per garantirsi la fuga. Appena uscito vide Mang’isse, seduto su un leggero pendìo intento a pensare.
Si avvicinò senza farsi notare. Il giovane osservava un punto indefinito verso l’orizzonte. Carlo dei Pervertiti giudicò quell’immobilità come una ricerca interiore di se stesso, indi si sedette al suo fianco senza disturbarlo. Insieme guardavano verso l’aldilà senza fiatare. Ad un tratto, però, l’ex nobile sentì una specie di ronzìo, certe volte breve e alcune altre acuto. E proveniva da Mang’isse, che guardava altrove in un modo strano: con gli occhi chiusi. Dopo un’attenta analisi di una ventina di minuti buoni, il caro Carlo degli Idioti capì che il suo nuovo amico stava ronfando beatamente pur non essendo sdraiato. Lo ridestò con un sottile schiaffo alla nuca urlando la strana formula arcaica “Scuzztton”. Il deplorevole Mang’isse si riprese, lo guardò, fissò un punto davanti a sé e annunciò: “Sento un certo languorino”. Carlo lo fissò senza proferire verbo. Gli indicò un banditore che camminava nervoso per le strade della cittadina, osservarono il suo movimento altalenante e decisero di seguirlo. Il ragazzo in questione si incamminò verso la piazza più importante del paese, si alzò su uno scranno di fortuna e iniziò a balbettare:
“Popolo, amici, fratelli. E’ giunto il momento di prepararsi, i tempi di carestia, terrore, paura e miseria stanno per arrivare. Ma tutto ciò non avverrà se sosterrete la candidatura dell’esimio professore D’Auria Gennarino al consiglio superiore. Fine Pubblicità. Secondo punto: abbiamo bisogno di due volontari per l’eliminazione del mostruoso gigante delle grotte albine. Chi è disponibile ad una spedizione mortale nelle più profonde viscere della terra, senza acqua, cibo e beni di primaria necessità? Chi ha così tanto da perdere e poco da guadagnare nella sua inutile vita per accettare? Chi sconfiggerà il mostro potrà avere qualsiasi cosa desideri al suo ritorno! E, per dimostrare che siamo gente perbene, siamo disposti anche ad offrire una cena stasera stessa!”
“Noi”- urlò Mang’isse.
“Oh, poffare, cosa odono i miei apparati auricolari!” – disse Carlo dei Sconvolti prima di svenire.

sabato 10 luglio 2010

La leggenda di Mang'isse - 2° Puntata



Continua la saga. Per chi ne trarrà piacere e per chi no. Cento bigliettoni a chi indovina la guest star che appare nella puntata odierna.

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CAPITOLO SECONDO
"Il passato è passato"


Mang’isse non è il suo vero nome. E questo è sicuro. E’ una sorta di soprannome conquistatosi sul campo dopo migliaia di animali deglutiti. Maiali, galline, polli, mucche, canarini, Giuliano Ferrara, struzzi, piccioni, pesci, plancton, passando per anatre, topi e piccoli criceti. Era giudicato il predatore più feroce del mondo al pari dello squalo, del leone e del piccione viaggiatore. Non fatevi ingannare dall’aspetto timido e mansueto di quest’ultimo. E’ un feroce e cattivo essere che spinge le proprie prede al suicidio per poi cibarsi del corpo. Infatti è abituale ritrovarlo vagare per i cieli, inconfondibile con la sua solita ventiquattrore e il comodo cappellino, durante i suoi lunghi spostamenti. Il piccolo essere porta con se, nella valigetta, tutto il suo campionario di spazzole, pettini, accessori per il calesse, trattati di acquisto per castelli in multiproprietà e, arma più subdola e ingegnosa: enciclopedia in fascicoli. Ovviamente il povero malcapitato animale non riesce a scacciare il piccione che espone, per filo e per segno, tutto il proprio catalogo. E quindi, la preda, si ritrova costretta ad acquistare qualcosa e lì scatta la trappola. Per esempio: mentre si acquista una spazzola per cavalli( e magari l’acquirente è proprio un equino), il piccione scambia il contratto d’acquisto con quello dell’enciclopedia o della multiproprietà e il povero mammifero equestre è spacciato. Appena si rende conto della truffa è già troppo tardi. Unica soluzione per non pagare milioni di volumi de “La grande ed esclusiva Enciclopedia dei rettili a sangue freddo dal 200 d.c. all’avvento dei vampiri di Twilight”, è semplicemente il suicidio. Il piccione attende che il malcapitato si impicchi, o roba simile (purtroppo il metano era ancora fuori commercio) e poi se lo mangia beato. Tenete conto che un cavallo, per un piccolo piccione, è una preda molto grande. Diciamo che ci vogliono ben poche truffe per far felice e per saziare il pennuto per tutta la sua esistenza. Caso clamoroso, entrato nelle leggende dell’epoca, è quello di Achille Piuma Veloce che riuscì, ancora non si sa come, a vendere ad un elefante albino africano un’intera enciclopedia su “Ratti nel mondo”, in duecento volumi. Il povero enorme mammifero morì sul colpo di crepacuore ed Achille non dovette più preoccuparsi per il cibo. Ma ritorniamo al dimenticato Mang’isse.

Le sue origini di grande eroe e avventuriero si hanno fin dalla tenera età di venticinque anni quando, sconvolgendo tutti i suoi amici del paese natìo, si iscrisse alla gara mangereccia della contea di Flosso. I suoi sfidanti erano grossi il doppio di lui e grassi almeno il quintuplo. Lui, timido, magro, scheletrico ma sicuro di sè, sconfisse tutti gli avversari con indubbia facilità. Conquistò la corona d’oro del primo posto e ebbe, come premio, un bue da monta di proporzioni bibliche, ideale per sfornare piccoli vitellini e dedicarsi alla vita contadina per il resto della propria vita ma, il deciso Mang’isse, per nulla sazio, se lo mangiò la sera stessa arrosto. Da lì in poi si ebbe il detto “meglio un bue oggi che dei vitellini domani”, che Mang’isse battezzò felicemente con un rutto.
Il nostro eroe, scoprendo questo innato talento per l’ingozzamento agonistico di cibo, si diresse presso le più importanti fiere della contea. Conobbe i delicati maialini al rabarbaro di Alistor, si esaltò con i piccoli roditori in salsa d’aceto di Dorson e si fermò, poi, a Pentos dove, per l’amore di una delicata fanciulla, mise un leggero freno alle gare fin quando non ci fù quell’atroce torneo.

La gara in questione lo vedeva come campione uscente, indi non poteva partecipare a nessuna delle fasi eliminatorie. E a Mang’isse, questo non era gradito. “Una mangiata gratis è pur sempre una mangiata gratis”, questo soleva sempre ripetere, e come dargli torto. Indi escogitò un piano macchiavellico, che neanche Arsenio Lupin in persona, sarebbe riuscito ad cogitare. Infatti ebbe la grandiosa idea di iscriversi sotto mentite spoglie, si mise una bandana in testa, si camuffò alla bell’e meglio con un mantello azzurro, sfoderò il suo miglior sorriso e si firmò come “Il misterioso cavaliere azzurro, paladino della Libertà”. Voleva aggiungerci anche “di mangiare per ore” ma, per non farsi scoprire, preferì omettere l’ultima parte. Il risultato fu, comunque sconvolgente.
Il denutrito Mang’isse fu tifato e ammirato da un numero sempre crescente di sostenitori. Gli urlavano cose a lui sconosciute come “Ossequi Presidente!”, “ci consenta di tifarla”, “Forza Milan”, “l’amore vince sull’odio”, “lei è bellissimo”. Notò anche che il fior fiore delle bellezze femminili del luogo sembrava interessato alla sua persona. Frotte di ragazze con fisici esplosivi si strusciavano contro il suo esile corpicino, sconvolgendolo ancor di più. Molte di quelle pulzelle, inoltre, lo invitavano al ristorante-ostello “Il lèttone”, che, si bàdi bene, non rappresenta un giaciglio molto grande ma indica la nazionalità del proprietario. Questo ristorante era sempre pieno di belle tipe pronte a soddisfare i fortunati avventori, per ricevere in cambio posti importanti nel teatro cittadino o nel circo itinerante di simpatici baracconi del calibro del famosissimo artista cinese Meh-dìa-set. Ma questa è tutta un’altra storia.

Il desideroso Mang’isse adorava la fama conquistatosi in un batter di ciglio e ciò lo spronò ancor di più per il torneo. Superò ogni turno con facilità, ogni piatto con avidità, ogni avversario con tenacia e superiorità, finchè non si imbattè nell’unico uomo veramente alla sua altezza: sé stesso. Era giunto, quindi, ad un punto cruciale: non poteva far sapere ai contadini quanto era buono quel formaggio con le pere, deglutito nei quarti di finale, e poi, per giunta, non poteva rivelare al pubblico che lui era in realtà il campione in carica. Il devoto Mang’isse ci pensò a lungo, si sedette e pensò, dormì e pensò, sognò e pensò, ogni tanto si ridestò e, udite udite, pensò. Insomma cogitò in lungo e in largo una soluzione soddisfacente quando finalmente, nel suo cuore, passando per il suo stomaco brontolante, fece capolino la sacra idea che tutto avrebbe salvato.
Travestito ancora da “Mirabile cavaliere azzurro difensore della Libertà e segretario nazionale del partito”(il titolo era aumentato dopo le numerose vittorie), chiese agli organizzatori di effettuare una finale in due parti. Ovvero: in separata sede. Si dichiarò impossibilitato dall’incontrare Mang’isse, perché troppo timido e troppo emozionato. Indi, per timore di una sconfitta, avrebbe preferito giocarsi la finale in due tranche separate. La proposta doveva essere girata al Mang’isse, però, per essere accettata, questo è ciò che ottenne dagli organizzatori che, aggiunsero, stavano cercando il campione uscente da tempo ma era oramai irreperibile.
Il dandy Mang’isse capì che era giunta l’ora di farsi vedere nel suo reale aspetto. Cercò un posto per cambiarsi d’abito, trovò una strana costruzione, si svestì, si rivestì, uscì con un costume blu con mantello rosso e una strana “S” sul petto, si ricambiò, si ri-rivestì e tornò il caro vecchio disastrato Mang’isse di un tempo. Così normalmente agghindato si diresse presso la giuria, accettò di buon grado la sua idea della finale separata e si preparò alla dura battaglia contro se stesso.

Iniziò il campione uscente. Ingurgitò tutto quanto fosse possibile ingurgitare e venne applaudito da una piccola parte della folla, ormai il resto della platea era onnubilato dalla bellezza del “cavaliere azzurro” e lo apostrofava con strani epiteti quali “Bolscevico!”, “incitatore d’odio”, e robe del genere. Quando uscì dal palco e fece rientro con la sua seconda identità, il pubblico lo salutò con un fragoroso applauso. Ma da lì a poco accadde il fattaccio. Un vento assurdo si portò via il suo mantello, e tutti potevano vedere che “il cavaliere azzurro” tanto amato altri non era che il solito derelitto Mang’isse. Il quale, con grande umiltà, confessò a tutti la sua colpa. Peccato che nessuno lo credette. I cori della folla si scagliarono contro di lui. Alcuni lo accusarono di aver ucciso il “cavaliere”, o di averlo sostituito per avere sicura vittoria, altri lo indicarono come colpevole di tradimento. Altri ancora svennero per la tristezza della scomparsa del loro beniamino. Ormai il caro e distrutto Mang’isse aveva tutti contro, cercò riparo nella casa della propria pulzella ma scoprì che anch’essa era dalla parte del suo alter-ego ed aveva già innalzato un altarino “alla memora del misterioso cavaliere che ha portato solo pace, amore e fratellanza, eterno difensore della Libertà”, indi si trovò costretto a fuggire verso lidi migliori. Camminò in lungo e in largo per monti e per mari, conobbe contadini e ottenne da mangiare, conobbe braccianti ed ottenne del cibo, conobbe signorotti e ottenne un rinfrescante dèsio. Insomma: ovunque andasse, non si sa come, riuscì sempre a mangiare a sazietà. Sarà stato il suo aspetto da uomo perennemente denutrito, o la sua capacità di sbattere gli occhioni per ottenere ciò che voleva, che consisteva quasi sempre ad un pezzo di caciocavallo affumicato. Il suo tour per le varie città non durò tanto. Si stancò ben presto di camminare sotto il sole cocente, attraversò le città desertiche chiamate scherzosamente Riva Destra e Riva Sinistra. Arrancò passando per il piccolo borgo montano di Ultima Spiaggia(da quelle parti, con i nomi, si divertivano molto), ottenne, grazie alle sue qualità, ospitalità presso una simpatica famiglia di usurai del luogo che, per una cena offertagli, pretesero in cambio tutti i suoi vestiti e le sue cose, compresa la corona d’oro a lui tanto cara. Pianse ma non si perse d’animo. Si inginocchiò a bordo strada per farsi coraggio e guadagnò, facendo l’elemosina, l’occorrente per comprarsi un nuovo guardaroba. Peccato che, con quello stesso prezzo, potesse acquistare un piccolo maialino arrosto. Optò, ovviamente, sul secondo. Ritornò in viaggio e, un giorno, quando si trovò nei pressi di un’importante città, notando dei pesanti nuvoloni all’orizzonte, decise di fermarsi a riposare in una stalla, tra il pagliericcio, e lì fece il fatal incontro.