Si ritorna con un racconto, il primo dei due scritti per i contest del forum di Brad Barron. Il racconto, che poteva contenere massimo 5000 caratteri e doveva avere come genere l'horror e come argomento "l'orrore a Pufflandia" (scelti rispettivamente da Gas e Logan), è riuscito a farmi vincere il primo contest, anche se molti hanno detto che il finale era troppo scontato. Nella speranza che non sia per tutti così, ve lo posto! :D
buona lettura!
L'ORRORE A PUFFLANDIA
(Di DjJurgen)
Silenzio.
Per un attimo si chiese se non fosse tutto un incubo, se non fosse solo un parto della sua mente. In quell’attimo mille pensieri le passavano per la testa.
Come aveva potuto essere così sciocca? Aveva davvero creduto di essere la responsabile di tutto ciò? Assassina! Assassina! Quante volte, in quei giorni, se l’era ripetuto, credendo di impazzire? Ma la verità era un’altra, e adesso l’aveva finalmente compresa.
Anche se ormai era troppo tardi.
Silenzio.
E poi di nuovo passi.
Nella stanza il buio continuava a rimbombare nelle tempie di Puffetta, come un martello che non lascia scampo. Gli occhi, gonfi di lacrime, riuscivano a distinguere quell’ombra che si avvicinava minacciosa. Avrebbe voluto chiuderli e non guardare, ma le sue orecchie, nel silenzio della stanza riuscivano ugualmente a percepire i suoi passi che si avvicinavano, seguiti da gemiti simili a rantoli di morte. Avrebbe voluto gridare e chiedere aiuto, ma sapeva benissimo che non sarebbe servito a nulla. Nel villaggio non c’era più nessuno. Erano tutti morti, consumati dalla follia omicida dello stesso assassino che aveva voluto lasciarla per ultima e che ora, terminata la carneficina, era lì, nella sua stanza, brandendo il lungo coltello con il quale, giorno dopo giorno, aveva massacrato tutti gli altri. Puffetta poteva sentire il suo fiato fetido farsi sempre più vicino. Poteva vedere il suo ghigno diabolico accendersi sul suo viso. Sapeva che stava per morire e, negli ultimi istanti che le rimanevano, rivisse quegli ultimi, tragici giorni.
Quando a Pufflandia arrivò l’orrore.
Un giorno Gargamella morì.
I puffi accolsero la notizia con gioia, consapevoli che da quel giorno avrebbero vissuto per sempre in pace. Grande Puffo, per l’occasione, indisse una festa grandiosa, in cui i puffi mangiarono e fumarono erba puffa a volontà. Alla fine della festa fu annunciato che era appena cominciata “L’epoca d’oro”. La vita nel villaggio cominciò a scorrere sempre più tranquilla, scandita dall’assoluta spensieratezza dei suoi abitanti e dalla calma che regnava incontrastata. Con il passare dei giorni, però, la calma divenne noia, e la noia pigrizia. I puffi stavano perdendo tutta la loro gioia di vivere e il loro entusiasmo. Era come se, con la morte di Gargamella, fossero morti anche loro.
Non sapevano che quello era solo l’inizio.
L’orrore cominciò quando venne trovato il cadavere di Grande Puffo. Il villaggio cadde nel panico, nessuno riusciva a capire il motivo di quell’omicidio, né tantomeno chi fosse l’autore. I più ottimisti suggerirono che Gargamella fosse tornato dagli inferi, i più pessimisti intuirono subito la realtà: tra loro si nascondeva un assassino. Man mano che si andava avanti, i morti aumentavano: uno dopo l’altro, i puffi venivano uccisi. I superstiti, in numero sempre minore, cominciarono ad essere colti da quella forma di terrore che si ciba di se stessa: il sospetto. Tutti temevano tutti, nessuno si fidava più dell’altro e ognuno controllava attentamente le mosse altrui. Ma niente, l’assassino continuava ad agire indisturbato. Puffetta si sigillò in casa, terrorizzata dai terribili bollettini di morte che le giungevano ogni giorno. Una mattina, quando non le giunse più alcuna notizia, capì che i puffi erano tutti morti, e che all’infuori di lei non c’era più un essere vivo. Un pensiero atroce la colpì con violenza: era lei l’assassina! In preda a follia, aveva agito nel sonno e ucciso i suoi amici giorno dopo giorno. Si convinse che era stata proprio lei a provocare tutto quell’orrore, che era sua la mano macchiata del sangue dei piccoli puffi. Si sentì impazzire. E scese la notte.
Silenzio.
L’assassino si era fermato a un passo da lei, con il coltello a mezz’aria. Puffetta, nel buio della notte, non riusciva a scorgere i lineamenti del suo viso, ma sapeva benissimo che si trattava di un puffo, anche se non riusciva a capacitarsene. Come se stesse leggendo nella sua mente, l’assassino cominciò a parlare.
“La monotonia, Puffetta…esiste qualcosa di più orribile? I giorni che passano tutti uguali, la noia che si impossessa dello spirito e distrugge l’anima. Dopo la morte di Gargamella ci eravamo ammalati, Puffetta. Bisognava tornare a vivere. E per farlo bisognava morire. Ho ucciso il grande Puffo, sperando che la sua morte potesse risvegliare i vostri cuori…ma non è accaduto…e ho ucciso ancora…e ancora…e ancora…fino a te”. Terminate queste parole, l’assassino vibrò una violenta coltellata su Puffetta, andando a colpire la parete. L’assassino riafferrò la sua arma e si voltò incredulo verso la porta della stanza, dalla quale Puffetta stava scappando. Poi, sorrise. Capì che Puffetta aveva ritrovato la gioia di vivere e che la sua missione era compiuta.
Afferrò il coltello e, ripensando a come aveva ingannato tutti gli altri puffi grazie al finto cadavere, si pugnalò dritto al cuore. Due, cinque, dieci volte…fino a quando le sue mani non si macchiarono dello stesso colore di quel cappello che gli aveva dato il nome di grande Puffo.
2 commenti:
Spiacente, ma il colpo di scena in effetti l'ho previsto!
Puffetta ci stava tutta nel ruolo di potenziale assassina inconsapevole, visto che in origine era malvagia.
azz...peccato, a questo punto mi tocca dare ragione a Bedoz!!! :P
ok, lo ammetto...il finale è sgamato!! :D
Posta un commento