mercoledì 8 ottobre 2008
La Gang Dei Diamanti
La Gang Dei Diamanti (Jack of Diamonds)
Cast: Carroll Baker, Joseph Cotten, Maurice Evans, Zsa zsa Gabor, George Hamilton, Alexander Hegarth, Chaz Hickman, Marie Laforet, Karl Lieffen, Lilli Palmer
Regia: Don Taylor
Sceneggiatura: Jack Dewitt, Sandy Howard
Data di uscita: 1967
Genere: Giallo
Aspiranti ladri professionisti o topi d’appartamento dell’ultima ora, la domanda è la seguente: può un uomo con una faccia all’incrocio tra Mr.Bean e Topo Gigio, un’aria da scemo e un sopracciglio inarcato come unico segno di espressione facciale essere uno dei ladri più abili della scena furfantesca mondiale? La risposta è sì. Perché ve l’assicuro, non è da tutti ascoltare l’ingegnoso piano di un capo che si chiama Asso fumando la stessa sigaretta da dieci minuti senza far cadere neanche il minimo accenno di cenere e camminando con l’aria di chi la sa lunga dentro un salone che è stato adibito a base segreta per l’organizzazione del colpo. Colpo che, detto tra noi, è di una difficoltà inenarrabile: bisogna svolazzare leggiadri come una farfalla per i tetti di una città non meglio identificata, mentre un complice aspetta con la macchina ferma in mezzo alla strada e il naso rivolto all’insù (nella speranza di passare inosservato, si intende) e mentre un’altra abile ladra che però anni prima aveva avuto una crisi di Parkinson durante l’ultimo colpo sta dietro a guardarci le spalle nel caso qualcosa vada per il verso sbagliato. Poi, finita la fase “svolazzante” viene il difficile: bisogna calarsi lungo un non meglio identificato condotto di aereazione, aprire la grata che permette di accedere all’edificio, accendere una torcia elettrica da puntare contro delle lampadine da 50 watt ( che, secondo lo sceneggiatore, avrebbero dovuto fungere da raggi infrarossi), eludere il reparto di sorveglianza (costituito da sei gendarmi imbecilli che si trovano tutti nella stessa stanza mangiando placidamente pasta asciutta e bevendo del buon vino rosso), aprire la cassaforte auscultando a orecchio la sua combinazione, entrare in una stanza in cui dover indossare degli sci da fondo ristretti per impedire a dei sofisticatissimi sensori di percepire il peso del nostro abilissimo rapinatore, entrare nella stanza dove si trova la collana, disattivare la videocamera di sorveglianza (stranamente non puntata contro la porta) e fuggire col bottino senza far suonare l’allarme. Il tutto ovviamente indossando un costumino alla Diabolik che lascia scoperto solo il viso (sempre per passare inosservati, mi sembra giusto ricordarlo) tra il Topo Gigio e il Mr.Bean.
(ah, dimenticavo, visto che in questo film non si sono fatti mancare nulla, per aumentare il pathos in queste scene è stato inserito un montaggio alternato in cui viene inquadrato l’ufficio del capo della polizia che mostra delle foto segnaletiche a una donna appena rapinata: “signora, è questo il nostro uomo?” e la signora, ridendo e guardando la foto del nostro imbecille immortalato mentre si aggirava furtivo per le stanze della villa della donna, ammette: “oh, sì, è proprio lui! Me lo ricordo perché mi ha colpito la sua bellezza).
Ma il nostro uomo, come accennato un po’ più su, non è un ladro qualsiasi, no, lui è IL ladro per eccellenza (aggiungiamo, per dovere di cronaca, che oltre ad essere uno dei migliori furfanti in circolazione, lui è uno con un sex appeal da rimanerci secchi e una spaventosa sicurezza di sé). Il suo volto, allo spasmo per la tensione e la concentrazione, è tutto un fiorire di sudore e di sopracciglia inarcate. Non sa se ce la farà, è davvero un piano in cui nulla può andare storto. Ma cosa dovrebbe andare storto ad un cretino con una tuta da mimo, la faccia da scemo, dei mezzi sci da foca ai piedi e una complice sul tetto che ha la fermezza di mani pari a quella di una buccia di banana? Potrebbe, per esempio, succedere che il suddetto cretino faccia scattare l’allarme, in un colpo di scena senza eguali. Così, dopo una rocambolesca fuga (con i gendarmi che, dopo aver sentito l’allarme, stanno a guardarsi per circa un paio di minuti per chiedersi cosa MAI possa essere successo), l’uomo fa esplodere la grata da cui era entrato (ricordiamo che per aprire la grata la prima volta era stata sufficiente una semplice forcina per capelli, mentre ora, a quanto pare, è necessaria quasi una Molotov) e risale lungo la corda da cui si era calato poco tempo prima. La complice, che ovviamente lo stava aspettando sul tetto per dargli una mano nel caso in cui qualcosa fosse andato storto, non appena sente l’allarme, si dà alla fuga, lasciando il nostro imbecille da solo tra i tetti. Ma attenzione, qui entra in scena un personaggio che in teoria doveva essere solo marginale ma che, visto lo spessore psicologico che lo delinea, decide di diventare il fulcro di tutta la vicenda. Stiamo parlando ovviamente di Asso, il capo del nostro ladro preferito, chiamato Asso non per la sua abilità nel giocare a poker ma per la sua innata scaltrezza: il nostro Asso, infatti, sentito l’allarme, capisce subito che c’è qualcosa che non va e decide di aggirarsi tranquillamente tra i tetti, le mani infilate nell’impermeabile e il suo inconfondibile aplomb inglese. Così, quando la polizia punta un bel faro da circo sull’edificio, a spuntare tra i gargoyles c’è proprio lui, Asso, che guarda in giù con la faccia più casta del mondo pensando: “ops, mi sa che mi hanno visto”. Nel frattempo il nostro eroe (che ha eluso la sorveglianza aggrappandosi con una sola mano al cornicione, facendo ricorso alla sua indomita forza e al suo sopracciglio sempre più inarcato) ha raggiunto la sua complice, l’ha ringraziata con un bacio appassionato per essere fuggita (si sa, il nostro eroe non sa resistere al fascino femminile) e si è dato alla fuga ridendosela con la ragazza e dimenticandosi completamente del suo capo, che intanto era stato arrestato.
Ma ne siamo proprio sicuri? In teoria dovrebbe essere così, ma il nostro capolavoro del cinema mondiale ha in serbo un’altra, grossa sorpresa per noi: il prode regista, infatti, sposta la scena nell’ufficio del capo della polizia, dove si svolge un’interessante conversazione tra il capo della polizia e il nostro Asso. I due sorridono e bevono insieme, ridendo felici e spensierati e gettandosi ogni tanto frecciatine sui loro rispettivi ruoli di guardie e ladri. Ma cosa succede?, pensa l’ignaro spettatore, sempre più confuso e ignaro. Il regista intanto decide di dimostrarci che con il montaggio alternato non è secondo a nessuno e così, di punto in bianco, sposta la scena nel covo segreto dei ladri, dove il ladro più bravo del mondo (ebbene sì, sempre lui con il suo sopracciglio inarcato), rivela serafico alla sua complice la geniale idea che gli è venuta in mente per ottenere la liberazione di Asso (quale liberazione, pensa sempre l’ignaro spettatore, visto che Asso è nell’ufficio del capo della polizia a sbevazzare goliardicamente?): restituire tutto il malloppo accumulato in anni e anni di onorata e fruttuosa carriera ladresca. Così torniamo nell’ufficio del capo in cui il nostro eroe, soddisfatto come non mai, mostra al poliziotto i vari frutti del suo lavoro e si offre, insieme alla sua complice, di restituire tutte le varie collane un tempo sostituite con dei falsi d’autore. Il capo della polizia, sbalordito, acconsente e così, in un’esilarante (almeno secondo le intenzioni) scena, i nostri due – ormai innamorati persi – novelli Diabolik ed Eva Kant fanno tornare al loro posto collane, gioielli e accessori vari, riprendendosi i falsi con cui li avevano sostituiti al momento della rapina.
Alla fine, i nostri tre ladri, ormai senza più una lira e completamente al verde, si ritrovano nel salone della casa adibita come rifugio segreto e, ridendosela come dei borderline che non si rendono conto di ciò che hanno appena fatto, spengono le luci e si ritirano dalla loro leggendaria e intramontabile carriera.
Fine.
Dite la verità, un film così l’avreste voluto vedere anche voi, nevvero? Lo so, lo so, ma per ora questa fortuna è toccata a Me, Paola e la buona Anja (scesa dalle nordiche Marche solo per poter fruire quest’incommensurabile opera cinematografica insieme a noi). Credo sia superfluo ribadire il turbinio di emozioni che questo film così abilmente sceneggiato, diretto e interpretato (su tutti spicca il nome del camaleontico George Hamilton, impagabile attore e interprete di un ruolo evidentemente fatto suo) suscita nello spettatore, anche perché molto spesso le parole sono inutili, di fronte a capolavori di siffatto lignaggio. E’ per questo che sbalorditi ed estasiati, ci auguriamo che tutti voi possiate recuperare La Gang Dei Diamanti in versione integrale, per poterlo guardare insieme ai vostri amici e passare un sano pomeriggio di allegria, capendo come NON deve essere assolutamente scritto un fim.
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4 commenti:
maaaaaaa che capolavorooooo, noi siamo dei prescelti perchè??? siamo gli unici ad aver goduto di cotanta bellezza,poesia e azione allo stato puro...come sfrecciavano quei tipi sui tetti...nessuno mai...per fortuna...
madòòòòòò...impagabile davvero....ma davvero eh....con un attore così poi...che al posto dei capelli c'ha la parrucca plastificata degli omini delle lego!!!!!!impagabile davvero....vedere la Gan dei diamanti...non ha prezzo, anche perchè mastercard si schifa a dover pagare il dvd di codesto film!
Assolutamente, solo la7 poteva avere il coraggio di trasmettere un filmone del genere!
Sono sempre più convinto che George Hamilton avrebbe dovuto vincere l'oscar, per questa performance così intensa e riuscita...e che dire della sceneggiatura? Chissà cosa direbbe il nostro caro Cajelli sulla struttura di questa storia...secondo me finirebbe in analisi, ovviamente dopo essersi ritirato a vita privata per sempre!!
mmm..quasi quasi potrei prendere questo film da analizzare per il compito di mercoledì per il carissimo Cajo!!!!!!!
Perchè, hai deciso di farti cacciare dalla scuola??? :P
Io a questo punto proporrei una lezione collettiva in cui guardate questo capolavoro tutti insieme, cercando di trarne il maggior numero possibile di insegnamenti! Sono sicuro che così le arti della sceneggiatura e del cinema non avranno più segreti, per voi!!
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