sabato 12 dicembre 2009

Il Decalogo del perfetto assassino


Altro racconto usato per un concorso. E' molto innovativo, strano e anormale. Insomma è una vera scommessa, un azzardo. Un racconto che non sembra tale. Non uno dei miei migliori esempi di scrittura creativa ma i commenti li lascio a voi. Attendo pareri.


"Tutte le persone che incontro mi vogliono bene, mi capiscono, mi apprezzano. Ma se sapessero cosa faccio per vivere ho il lieve sospetto che la loro opinione sul sottoscritto sarebbe molto diversa. E per sentirmi meglio con me stesso ho deciso di scriverlo e, alla mia morte, di rendere pubblica tutta la mia verità. Mi chiamo Erik Faraway, e sono un assassino".

IL DECALOGO DEL PERFETTO ASSASSINO

Prima regola: “Avere una vita, all’apparenza, normale”

Trovatevi un lavoro normale. Uno al di là di ogni sospetto. Io sono impiegato in un’azienda farmaceutica di Chicago. Adoro quest’impiego. Non devo far altro che sbrigare pratiche di acquisti, più che altro graffette, gomme, matite e roba del genere. Facile facile con fine settimana libero. Libero per fare altro. Libero per uccidere.

Seconda regola: “Avere dei punti fermi”

Ovvero: trovarsi una compagna che ti assecondi in tutto. L’amore molte volte serve ma buca le ruote, indi bisogna accasarsi con chi sai non ti potrebbe mai far del male. Che sia la tua migliore amica, la tua vicina o chiunque altro non importa. Un ragazzo con famiglia non dà mai nell’occhio. Le persone sole, per alcuni, fanno rima con squilibrati.

Terza regola: “Farsi una reputazione”

Nel lavoro vero intendo. Ovvero nell’ambito degli omicidi. Si inizia sempre con calma, con pochi casi all’anno. Certe volte, ai primi tempi, me ne capitavano pochi, pochissimi. Nel 2001 ebbi solo tre casi. E mi trovavo a New York proprio quel giorno bastardo. Lì stavo pensando di cambiare vita, di iscrivermi a qualche comunità o roba del genere ma poi ho capito: noi serviamo alla società, diamo una ripulita, siamo il collante di questo mondo. Da Cesare a Kennedy, da Marilyn a Martin Luther King.

Quarta regola: “Fantasia!”

E’ una parte fondamentale di questa vita. Bisogna saper parlare. Saper inventare e all’occorrenza saper creare alibi che, seppur fantasiosi, siano anche credibili. Non abbiate paura. Bisogna anche allenarsi però. E’ sempre comodo prepararsi un paio d’alibi prima di iniziare a sporcarsi le mani. Bisogna sempre essere pronti. Non è un gioco per delle mammolette.

Quinta regola: “ Un fisico allenato è l’arma migliore”

Andate in palestra. Addominali, pesi e lotta aiutano negli scontri corpo a corpo. Non si sa mai quanto il nostro, come dire, assistito sia forte o meno. E poi il brivido della sorpresa aumenta l’adrenalina. Uccidere ragionieri di serie B flaccidi non dà lo stesso effetto che accoppare buttafuori di due metri. Allenatevi e dopo poco troverete il nemico che fa per voi.

Sesta regola: “L’armamentario nascondetelo in luoghi sicuri”

Il corpo è importante, si, ma una buona pistola o un mitragliatore possono risolvervi molti guai. Conservatele in luoghi sicuri. Non in casa. E’ il primo posto dove andranno a controllare. E neanche in magazzini di vostra proprietà. E dai parenti. Se non volete sottostare ad inutili domande. Gli amici servono anche a questo no? A salvarvi dalle brutte situazioni. Quindi mettete la vostra Beretta dal vostro migliore amico. Un posto dove nasconderla sicuramente ci sarà.
Ricordate però, e può succedere spesso, magari il vostro committente non vuole che si sappia che sia omicidio. E lì bisogna ritornare alla “fantasia”. Uccidete la vostra vittima e fate in modo che sia suicidio. Come? Lo dovrete scoprire voi. Lì capirete se è il mestiere giusto per la vostra persona.

Settima regola: “Mentire, mentire, mentire!”

“Caro, come mai solo tu lavori nel fine settimana?” “Perché a casa non ci sei mai?” “Ma dove vai ogni volta?”. Queste sono solo alcune delle domande che vi ritroverete a sentire ogniqualvolta vostra moglie, la vostra ragazza, un amico o un parente si accorga delle vostre sparizioni sistematiche. Il primo consiglio è mentire, sempre e comunque. Il secondo è uscire per un po’ dal giro. Non vi farà male. Una vacanza è una vacanza. L’importante è tornare più forti e carichi di prima.

Ottava regola: “Fissare una scadenza”

Un giorno chiuderete con questa vita. Lo sapete già. Ma quel giorno dovete deciderlo ora. Fissate un paletto, un anno, o un giorno preciso in cui chiudere tutto e godervi i frutti del vostro raccolto altrove. Lavorare con il pensiero di una conclusione ben sicura della vostra attività, vi darà più entusiasmo durante le vostre mansioni da killer professionista.

Nona regola: “Istruire un sostituto”

Batman ha Robin. Voi avrete sicuramente qualcuno di fidato da istruire. Qualcuno che non vi tradirà mai. Che farà sempre ciò che vi gli diciate. Che è lì solo per il vostro sapere e che vuole, ad ogni costo, diventare come voi. Sceglietevelo bene. Non potete immaginare quanti assassini sono stati arrestati da spioni travestiti da amici. Anche in quest’ambiente la fiducia è la vostra arma migliore. Ma attenzione ai coltelli con doppia lama.

Decima regola: “All’occorrenza sparire”

Quando avete la supposizione che tutto sta per andare a scatafascio non pensateci due volte. Non salutate i vostri cari: sparite immediatamente. Avete già pronto un biglietto per il sud America, per l’Europa nel vostro cassetto privato da anni e anni: usatelo. E’ il vostro passaporto per la libertà. Nessuno vi vieta di ritornare in futuro. Ma, il mondo, non sarà mai come l’avrete lasciato. Questo è sicuro.

Sono piccoli consigli, potreste anche non seguirli, ma mi hanno portato lontano.
Sono sicuro che serviranno anche a voi.
Con affetto,
Erik Faraway

Ps: Allego la lettera con cui mi sono congedato dalla “vita”, così da darvi un esempio di classe e supremazia. Ho tutte le carte in regola per fare il professore in questo mestiere, permettetemi di darvi questa piccola lezione. Ovviamente questo Post scriptum, nella lettera originale, non è presente. Inoltre la mia data di cessazione attività, con riferimento al punto 8, quasi mi sembra di essere uno yoghurt, era il 2 Aprile 2009. E l’ho rispettata. Nel bene o nel male.

“3 Aprile 2009

Cara Laura,
Questo decalogo è stato inviato, in duplice copia, al mio notaio e a te, piccola mia, il giorno dopo che io sono scomparso. Morto. Defunto. Sparito. E’ successo tutto ieri notte, lo ricordo bene. Ma se sono qua a scriverlo vuol dire che non è accaduto veramente. Che io sono ancora vivo. O perlomeno lo sono nei tuoi ricordi, nei tuoi pensieri, nel tuo cuore. Se hai letto ciò che prima ho scritto sai benissimo che il punto due con te non ha funzionato. Tu per me eri tutto. E lo sei ancora. Se non sono più con te è perché non posso, il mondo mi è ostile. Ciò che faccio per vivere non è contemplato secondo la gente normale e, adesso, neanche più dal sottoscritto. Ma molte volte ci dimentichiamo che siamo uomini. Che siamo destinati a sbagliare anche quando meno ce l’aspettiamo. Che siamo destinati a soffrire anche quando non lo vogliamo. Che giudichiamo senza pensare che, un giorno, anche noi potremmo essere giudicati. Che siamo ancorati ad una serie di luoghi comuni difficili da dimenticare. E per ogni persona abbiamo una scusa, un motivo, una storia. E la mia è possibile solo grazie a te.
Ieri ti ho vista per un attimo in quel palazzo abbandonato. Ed è successo tutto così in fretta:

La luce della notte mi invitava a decidere in fretta. Avevo fatto troppo male alla mia gente. A chi non mi conosceva. E persino a te. L’unica soluzione era saltare. Ma so che me l’avresti impedito. Mi ritrovai sul parapetto. Dietro di me, in quel palazzo abbandonato, solo cadaveri. Era finita. Per un certo verso mi sentì sollevato. Finalmente ero libero e verso la libertà. Ma il destino non và mai come si spera. Una voce mi fece salire un brivido di freddo dietro alla schiena.

“Non lo fare. Amore. Ti prego, non lo fare.” – risento ancora le tue parole.

Mi girai. Tu eri splendida, come sempre. Eri parte di quei sciocchi pensieri sul paradiso che si ricercano per tutta una vita. Il tuo sguardo preoccupante mi faceva capire che m’amavi. Anche se ancora non ho capito il perché.

“Amore, ti scongiuro. Scendi da lì” – mi dicevi soavemente.
“No. Questo è il mio posto, Laura, questo è quello che merito. Questa è la mia vita.”
“Ti prego. Non ti lanciare. Ci sarà una soluzione. Ci sarà. Come sempre.” – illusa, mia piccola illusa.
“Laura sono un assassino! Capisci? Non ho soluzioni, non ho redenzioni. Ho solo questo da fare: finire la mia vita senza far male ad altre persone.”
“Ma non pensi a me?” – hai domandato quasi piagente.
“Certo che ci penso. Ed è per questo che lo faccio: per non farti diventare il mio prossimo trofeo.”

Un salto nel vuoto. E addio. Tu ti affacciasti alla finestra. Le sirene della polizia stavano arrivando attirate dagli spari come mosche in aperta campagna. Ma a me non interessava più. Ho concluso la mia avventura. E in quell’attimo di vuoto riscoprii tutto me stesso.


Perciò scusami amore. Ma io vado. Un giorno ci rincontreremo. Avrò un altro volto, un'altra voce, un altro motivo per cui vivere, oltre a te ovviamente. Aspettami e sarò tuo. Per sempre.
Con affetto,
il tuo Erik.”

4 commenti:

DjJurgen ha detto...

Bè, il decalogo mi è davvero piaciuto molto!!! Non è un racconto, ma è scritto bene ed è divertente!!!
La parte della lettera...ecco, non mi è piaciuta così tanto!!! :D
Io avrei tolto la parte "melensa" e avrei inserito il resoconto di qualcosa che magari andava a contraddire tutte le regole del decalogo! Mi viene in mente il racconto della sua morte, data da una serie di eventi provocati proprio dalla sua negligenza nei confronti delle regole.
Oppure, al posto di inserire un decalogo e dopo un resoconto, avresti potuto raccontare dei suoi ultimi giorni di vita intervallandoli con i dieci punti del decalogo (e ogni spezzone di vita inserito andava a contraddire il punto appena scritto)! In questo modo avresti trasformato il decalogo in un racconto, e avresti eliminato la parte melensa! :P (va bè, se vuoi quella la puoi lasciare! :P )

luttazzi4ever ha detto...

La parte "melensa" è la lettera con cui il protagonista si congeda dalla vita e dall'amore verso la sua ragazza ma, in realtà, è tutta una copertura dato che lui aveva organizzato tutto ciò da prima. Alla fin fine lui non muore, ma fa finta di farlo. Fa credere, anche dopo averla abbandonata, alla sua ragazza che per lei lui era decisamente impazzito. Ma, alla fin fine, è solo uscito di scena e ora si godrà i soldi del suo libro.

Mi son riuscito a spiegare? Perchè non lo credo tanto.

MaxBrody ha detto...

Bello, è piaciuto anche a me (e mi era piaciuto anche il racconto sul vino, anche se un pochino "soapoperistico").
Ma, del resto, se dici "soap" dici "Lutty" (e anche "sapone")!

Comunque, di' ai giudici del concorso che è un racconto autobiografico..così sei sicuro di vincere! (nella peggiore delle ipotesi andrai a prendere il tè con Olindo e Rosa)

DjJurgen ha detto...

Lutty...io non l'avevo capito!!! :(

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