lunedì 20 settembre 2010
Dieci minuti
"Dimmi ciò che vuoi", esclamò Alan. Disteso sul pavimento mentre osservava il suo assalitore. Lui, dal canto suo, continuava a puntargli quella pistola giusto sulla fronte mentre lo guardava con disprezzo. La camera d'albergo dove i due si sono ritrovati è piena zeppa di vestiti e quant'altro, buttati a terra. Segno di una violenta rissa ormai finita.
"Quello che voglio? Quello che voglio?? Tu non lo capirai mai quello che voglio, pezzo di merda!" - si alzò, si diede una sistemata al completo gessato di puro cotone e si sistemò il cappello. Iniziò a guardare fuori dalla finestra, spaesato.
Intanto Alan si rialzava silenziosamente, e lo guardava preoccupato. I suoi occhi esprimevano terrore. Puro terrore.
"Non ti preoccupare, non ti ucciderò. Almeno non oggi. Tu non sai quello che provo io, non puoi nemmeno immaginarlo." - disse l'uomo vicino alla finestra, continuando a guardare fuori
"Se provi a spiegarmelo, potrei ascoltarti." - rispose Alan cercando di guadagnare tempo per recuperare la pistola nel cassetto.
"Mi hai chiesto cosa voglio eh, te lo dico subito cosa voglio: capire! Capire finalmente qualcosa di questa vita del cazzo e di tutti i suoi problemi. Ma che te lo dico a fare a te? Non potrai mai comprendermi. Tu, tu non esisti. Ti ho creato io, sei un parto della mia mente malata da scrittore qualunque. Tu non esisti! Questa pistola, in reatà, è una penna bic nera del cazzo che non serve a niente, solo a farmi credere di essere qualcuno dotato di una buona fantasia. E quella che tu cerchi in quel cassetto di legno è un'ennesimo espediente narrativo ritrito e banale. Tu sei un qualsivoglia essere che comparirà nell'arco di un paragrafo di un capitolo di un romanzo che non vedrà mai la luce, sei una vittima. Un'ennesima triste vittima. Vittima dell'immaginazione povera e misera di una persona qualunque, e quando tu pensi finalmente di essere diventato reale, scopri che il tuo racconto non verrà mai terminato e ti ritrovi lì, fermo, e non saprai mai come andrà a finire. Dimmi tu che vita è questa! Ti chiedo scusa Alan. Alan, poi, che nome del cazzo."
"Forse hai pensato ad Alan Sorrenti" - lo aiutò.
"O avevo solo voglia di darti un nome facile da dimenticare. Alan, sai che saresti apparso solo per un capitolo e poi saresti morto in uno scontro a fuoco?" - gli rivelò con garbo.
"Non esattamente ciò che mi aspettavo dalla vita, e ora che sarà di me?" - chiese, sperando in una risposta positiva.
"Ora sei nel limbo, tra le idee buone, quelle meno buone e quelle orrende. Sei nel limbo, amico mio. In questa testa qui. E non ti lascerò uscire facilmente fino al giorno in cui non mi scorderò di te. Quindi sei fortunato: non ho quella che si dice un'ottima memoria."
"Allora è finita?"
"E' finita. O non è nemmeno cominciata. Salutami tutte le parodie che incontri, non vedranno mai la luce. E se qualche detective strano ti parla, tu fa finta di niente. So prodotti ormai deperiti. Ciao Alan"
"Ciao Davide" - e se ne va. L'uomo rimase davanti alla finestra solo che il gessato era sparito, al suo posto indossava una comune camicia rossa con un paio di jeans blu. La stanza ha cambiato fisionomia, tra le mani manteneva ancora la penna bic. Si sedette sul letto, cancellò qualcosa su un foglio di block-notes. Si mise le mani sugli occhi.
"Alan...che cazzo di nome!" - Sorrise.
Note dell'autore(credo che ormai le metterò sempre nei racconti): Il titolo si riferisce al tempo che è stato necessario per ideare e scrivere questo minimini-raccontino. Avevo voglia di postare qualcosa da vero Sgrittore. Anche se in forma misera e senza eccessiva ispirazione.
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2 commenti:
*_* sono rimasta sorpresa dal raccontino!Poche righe ma un bel colpo di scena.Auguro con tutto il cuore che un personaggio da te creato diventi qualcuno conosciuto da molti,te lo meriti, hai talento e buona fantasia e anche tanta voglia di scrivere.
Complimenti, mi è piaciuto molto.
Ps: ti voglio vedere con il completo gessato di puro cotone e il cappello:P
Surreale e geniale, mi è piaciuto molto! Complimenti Lutty! :-)
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