lunedì 26 aprile 2010

Un posto lontano


Un contest letterario è iniziato codesta settimana su questo sito. La scuola Holden di Alessandro Baricco(l'amore del Diggi) e la Muller hanno indetto questo innovativo concorso per tutti gli aspiranti scrittori che sono in questa italica nazione. E io che faccio? Sto a guardare? Eccerto che no! Prima ne parlo con l'amico co-admin e poi mi butto a capofitto nella redazione del primo "capitolo" di questo contest. Ma come funziona?
In poche parole: ogni settimana c'è un incipit di poche righe, bisogna continuare seguendo l' "idea" tracciata. Massimo diecimila caratteri. Un racconto a settimana, un incipit diverso ogni settimana. Il tempo per inviarlo è da mercoledì a domenica e poi si potranno vedere i racconti sul sito e commentarli. Peccato che, però, forse non si aspettavano una così grande risposta di pubblico e la pubblicazione degli scritti è molto a rilento. Si va, sicuramente, verso il migliaio di racconti inviati. E sarà, sicuramente, sempre "peggio" ogni settimana. E comunque io ho partecipato, con un po' di titubanza iniziale(poca fantasia) e con un buon, a mio modesto parere, risultato finale(per una volta son quasi felice di ciò che ho scritto). Ma se è piaciuto o meno si vedrà, intanto lo posto sul Bloggo e spero che farà così anche il mio co-admin.

In corsivo l'incipit di questa prima settimana. Il titolo era "Sentirsi", il sottotitolo mio è "Un posto lontano".

La sua camicia è una macchia bianca sul letto. Lei la ignora: infila nel cassetto la biancheria pulita, mette la borsa nuova sul ripiano più alto dell’armadio, apre la finestra e cambia aria alla stanza. Va a sedersi davanti allo specchio. E’ bella, oggi; sembra quasi che il trucco di ieri sera le sia rimasto addosso. Ora può girarsi, raggiungere il letto. Prima sfiora il colletto e accarezza le maniche, poi se la preme sul naso, sulla bocca. Sorride: che stupida. Va all’armadio e cerca una stampella libera. Si sforza di non guardare il telefono anche se è lì, sul comodino. Passa oltre con lo sguardo. Rufi la osserva con la sua aria sonnacchiosa, lei ricambia l’occhiata con tenerezza, lui risponde con un miagolio sommesso e con l’inizio di un nuovo sogno. Stella mette la camicia al suo posto e si siede sul letto. Di nuovo osserva il telefono, allunga una mano per raggiungerlo ma il caso ci mette del suo: il campanello suona. Con un saltello Stella è di nuovo in piedi, raggiunge l’ingresso della casa in cinque passi, quasi come se camminasse sull’aria, apre la porta dimenticandosi di guardare prima nello spioncino. Errore grave.
Lui è qui, davanti a lei, e questo non se l’aspettava. Stella, spaventata, cerca di richiudere la porta prima che lui riesca ad entrare ma è una speranza vana. In due secondi lui è in casa, con quel mezzo sorriso che Stella gli ha visto in faccia tante volte, e con quegli occhi che avrebbe voluto dimenticare. Urla. Subito. Senza pensarci su.
“Piccola, dobbiamo parlare io e te. Dobbiamo parlare.” – E parte con un primo schiaffo, in pieno volto. Il segno compare un attimo dopo. Stella è già a terra.
“Non puoi venire qui tu! Non puoi venire! C’è un’ordinanza del tribunale, non puoi vedermi. Non puoi sentirmi, non puoi nemmeno respirarmi, vattene! Vattene!” – Cerca di impaurirlo ma sa che è difficile. Accetta il secondo schiaffo con naturalezza, non si smuove di un millimetro, ha già vissuto quest’esperienza.
“Io faccio quello che mi pare, mi sembra strano che ancora non l’hai capito. E ora faccio quello che da tempo volevo fare.” – Le salta addosso. Senza pensarci un attimo inizia a toglierle i vestiti di dosso, lei cerca di divincolarsi ma è troppo forte, lui continua a parlarle. – “Ti ho seguito ieri sera, ti piace fare nuove amicizie eh? E quel simpatico Marco quando lo chiami? Ti piace? Vuoi dare anche a lui il dolore che dai sempre a me, eh? Forse dovrei chiamarlo ora, magari se ti vede così sarebbe più tentato a conoscerti. Dai, dammi il numero che ci divertiamo insieme!” – Stella non vuole piangere ma lo fa, senza quasi rendersene conto: una lacrima le scende per tutta la guancia sinistra, fino al baratro finale del viso. Cerca di sopportare la violenza senza urla, senza strepiti, semplicemente facendo finta di essere da tutt’altra parte. E un po’ ci riesce.

Stella è in montagna, nella sua seconda casa, ereditata dai suoi genitori anni prima. Aspetta le sue amiche per iniziare un week-end di solo divertimento tra chiacchiere, giochi e escursioni. Ha aspettato tanto che arrivasse quella pausa e non vede l’ora di spettegolare in compagnia, magari dando i voti alle prestazioni amorose che ha avuto in quel periodo. Un passatempo diventato abitudine da quando Lia, la sua migliore amica, conobbe un cantante famoso e divenne, per una notte, la sua groupie. Da quel momento ogni rapporto, ogni conoscenza, ogni uomo doveva essere votato e doveva passare al vaglio delle altre ragazze. C’era sempre chi si opponeva, all’inizio, ma poi veniva anch’essa attirata dal gioco. Stella era una di quelle. Aveva sempre tenuto una certa privacy sulle sue storie d’amore, e raccontare dei particolari privati la faceva arrossire non poco.
“Ma quando Lia parte in quarta non c’è niente da fare” – sentenziò da sola, davanti al camino. Nel silenzio della sua baita.
D’un tratto il tempo peggiora. Una violenta nevicata fa preoccupare non poco Stella che si attacca al cellulare immediatamente. Chiama le ragazze e scopre che hanno trovato rifugio in un albergo, sulla strada. Si sente distintamente la voce di Lia che giudica il posto “un concorso di bellezza al maschile tra giovani montanari”. Stella ride, le altre si scusano e giurano che il giorno successivo arriveranno da lei, sempre se riusciranno a staccare Lia dalla “fauna locale”. Ora è sola però, e forse non le farà così male. Una serata in montagna, davanti al camino, con Rufi accovacciato sulle sue gambe, forse le serviva. Un po’ di pensieri deliziosi le conciliano il sonno, la poltrona è stranamente comodissima e le palpebre si chiudono da sole.

E’ tornata. E’ di nuovo nel suo salotto. Con lui addosso, incattivito e stanco dalla sua operosità. E’ riuscito ad entrare in lei e ora sbuffa ad ogni sussulto. Stella non si muove e si prende un altro sonoro schiaffo. Non collabora, non partecipa. Lui le si avvinghia contro sperando di baciarla, lei si scosta e con un altro colpo ritorna dove si era rifugiata.

Sentir bussare alle tre di notte non è fattibile, secondo Stella. Si era svegliata di soprassalto e non era riuscita più a prendere sonno. Aveva deciso che l’avrebbe aperta quella maledetta porta e così fà. Davanti a lei: il nulla. Sotto di lei: un uomo svenuto.
Un bel ragazzo, non c’è che dire. Un bel ragazzo svenuto sotto la propria casa, visibilmente infreddolito, Stella non avrebbe mai sospettato di trovarselo. Lo porta davanti al camino per cercare di farlo svegliare e di far riprendere, decentemente, la circolazione del sangue. Decide che, per una buona causa, si possono togliere vestiti ad un uomo non cosciente. D’altronde erano bagnati, d’altronde è una buona azione. Gli toglie le scarpe, gli strappa via i calzini, con forza. Gli toglie la maglietta e il pantalone. Ad un certo punto, però, la timidezza prende il sopravvento e lo ricopre dalla cintola in giù con una coperta. Si gira e decide di andare a prendere un bicchiere d’acqua quando una voce la ferma.
“Se questo è il paradiso, giuro che non voglio più tornare indietro.” – Stella ride. Si rigira e scopre che l’uomo svenuto ha anche un bellissimo sorriso. – “Spero che mi perdoni l’ardire, ma mia madre ha sempre detto che se una donna mi spoglia significa che c’è interesse e dato che penso che lei non abbia abiti maschili, posso avere la gentilezza di riscaldarmi con il suo corpo?” – Sfrontato, gentile e simpatico ma decisamente sicurissimo di sé. Stella un attimo dopo è tra le sue braccie e ci passerà la notte intera.

E’ ritornata ancora. Lui non c’è più. Ha esaurito la sua potenza maschile e se ne è scappato. Rufi è accanto a Stella e miagola più forte che può. Lei non ha forza necessaria per muoversi o parlare. Il gatto piange fino allo sfinimento, la porta di casa si apre. E’ il signor Nestore, un omino buono che Stella ha sempre paragonato a suo padre, sia per la gentilezza che per l’avvenenza. Si sconvolge appena la vede, si lancia sul telefono e chiama l’ambulanza, la polizia o qualcun altro. Ora Stella si sente al sicuro, e può scivolare ancora nel suo sogno.

Il mattino dopo le amiche si presentarono alle 9 precise davanti alla baita di Stella. Il campanello suonava e nessuno le apriva. Dovettero mettersi d’impegno urlando e bussando con forza prima che un uomo con una coperta addosso che gli copriva i suoi spazi intimi, le venisse ad aprire. Lia rimase a bocca aperta. Le altre guardarono Stella e i suoi capelli arruffati e iniziarono a sorridere. Stella raccontò per filo e per segno i particolari di quella notte piena di amore. Il ragazzo assistette imbarazzato dall’altra parte del salone, con gli occhi di Lia che scrutavano ogni centimetro quadrato della sua pelle. La vacanza proseguì come era stata decisa. Stella non rivide mai più Samuel, ma lo amò follemente quella sera e conservò, per lui, un angolo del suo cuore.

Si sveglia indolenzita, la stanza non è quella di casa sua, ne è sicura. L’uomo affianco al suo letto ha un viso conosciuto ma non riesce ancora a metterlo a fuoco. E’ il signor Nestore che le parla soavemente, dolcemente, in modo calmo e deciso. Sorride appena vede che lei apre gli occhi, le tiene la mano, come se veramente fosse sua figlia. Stella si sorprende di quanta somiglianza abbia quell’uomo con suo padre, come aveva sempre sospettato. Il dottore arriva un attimo dopo accompagnato da un poliziotto. Le parole sono confuse, forse dovute a qualche anestesia che ha subito. Ma il concetto è chiaro: il suo ex ragazzo, Claudio, è stato arrestato dopo quello che ha fatto. “E’ stato il suo ultimo reato, gli aspettano vent’anni di carcere ora.” - sentenzia il poliziotto, abbozzando una specie di sorriso.
“E c’è un’altra buona notizia, signorina. Il suo bambino non ha subito traumi, non si preoccupi.” – Quelle parole la sollevano da ogni angoscia. E’ felice, o almeno prova, per lui, ad esserlo. Il piccolo che porta con se è un ricordo di una notte in montagna, con un uomo gentile e prezioso. E lei vuole tenerlo quel ricordo, e non solo, da sola per adesso. Magari un giorno rintraccerà Samuel e gli dirà tutto, ma senza obblighi e senza paure. Ha una vita dentro di se, e dovrà nascere in un mondo felice, con una madre felice. Stella chiude gli occhi, stavolta non va da nessuna parte, solo in un dolce sonno senza sogni.

1 commento:

Unknown ha detto...

ciao, ho appena letto il tuo racconto...è bello...molto...è di certo molto meglio di quelli pubblicati...almeno di quelli che ho letto...aspetto anch'io...in bocca al lupo. pn

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