sabato 7 agosto 2010

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Il momento in cui vedi la luce del sole è quello in cui ti rendi conto che l’hai fatto: sei uscito di casa e sei ormai in quella giungla metropolitana che è la città. Con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Il fatto di aver tutto a portata di mano, che si parli di svaghi o di necessità è qualcosa a cui ogni uomo ambische ma forse i primi, compreso ciò, son solo dei vizi, mentre i secondi si vedono tutti. Lo smog, per esempio, tutti lo odiano ma chiunque ci convive, alla fin fine. Solo sporadiche persone riescono a sfuggire alle comodità della vita cittadina per tuffarsi nella verde campagna, e quelle stesse persone convengono che consumare migliaia di euro in carburante non è poi una bella idea, che poi quel carburante diventa smog, e lo smog è ciò dal quale stavano fuggendo, indi inizieranno ad abbandonare le proprie auto in un punto qualsiasi per non farsi considerare degli incoerenti agli occhi degli ambientalisti. Quest’ultimi non son tanto gentili come vogliono far credere, hanno più paletti loro che Dracula nel cuore. Non puoi inseguire i cacciatori di balene se usi la benzina nelle navi, non puoi proporre petizioni contro l’abbattimento della foresta se usi dei quaderni normali di carta, e soprattutto per loro riciclare non significa necessariamente rovistare nell’immondizia altrui e mettere da parte gli alimenti e gli oggetti ancora non completamente deperiti, cosa che fanno alcuni barboni che Dario, ogni giorno, vede sempre sotto casa. C’è ne sono tre. Ognuno con i suoi difetti che li rendono caratteristici. C’è “Carro”, cinquanta e passa anni, celibe, abbastanza ben curato, canterino per vocazione. Tutta la giornata lo trovi a cantare, il suo turno è dalle 9 e mezza fino alle 20. La domenica si ferma prima, alle 15, per rispetto verso chi vuole farsi un riposino pomeridiano. Canta solo i testi di Albano Carrisi: la mattina è tempo di grandi successi, il pomeriggio è fatto di duetti e la sera si chiude con i nuovi dischi, quelli che solo i veri fan ascoltano, o forse quelli che si compra solo Albano medesimo. Il che ha fatto pensare, non poche volte, che quel povero signore sul marciapiede sia veramente Albano, distrutto dopo i centododici divorzi e i quattordici figli da mantenere, altro che “Felicità”, d’altronde se passi da Romina Power alla Lecciso, dovresti già capire che stai candendo verso il baratro.
Poi c’è un omino, basso, pelato, un po’ cicciottello. Guarda il mondo sempre con occhi sognanti. Adora parlare dei film di Massimo Boldi, è uno dei suoi idoli, cita alla perfezione scene e battute da perfetto Vanziniano. Quando imita la tachicardia del Boldi nazionale, la gente lo riempie di monetine. Alcuni gliele lanciano direttamente in testa, saranno dei De Sichiani invidiosi dell’enorme successo del comico milanese. E poi scrive poesie, che vende al modico prezzo di un euro l’una. Sono componimenti struggenti, fatti di parole e sole, colore e dolore. Alcune forse troppo difficili da decifrare, tanto che sono pregni di meraviglia e maestria. Dario una volta ne prese due, ancora non è riuscito a capire cosa intendessero dire, intanto li ha appesi con una calamita alla porta del frigorifero. Ogni tanto li rilegge, si ricorda le parole a memoria. La prima si intitola “Mercato ortofrutticolo”:
Fuga d’India,
giallo al vento,
sudore immane,
Fini imbecille.

L’altra, ancora più eccelsa, è una dichiarazione d’amore dal titolo, semplice, “Ventiquatt’ore”:
Attimi reali di sogno,
momenti veri di irrealtà,
secondi unici di meraviglia,
tutto in una giornata con te:
Silvio…

Dario ignora a chi sia dedicata codesta poesia, ma la trova ugualmente eccezionale. Trasuda amore, rispetto e gioia dice. E non solo quello, aggiunge.
Il terzo clochard, per dirla alla francese con un termine quasi poetico e pensare che non sia un barbone puzzolente e attentatore delle narici altrui oltre che un povero disagianto troppo spesso messo ai margini della società solo perché ha avuto la sfiga di avere una vita triste e insoddisfacente oltre che sfortunata, si chiama Fulgenzio. E’ lì, sotto quel palazzo, a quel semaforo per quasi tutta la giornata da due anni. Non ha mai mancato un giorno, non è mai andato in ferie, non è mai stato in malattia, è sempre lì, a quell’incrocio, da seicento e passa giorni. E ogni mattina Dario lo guarda, un po’ impaurito un po’ commosso un po’ per abitudine. Quasi che la vista di quell’uomo, al mattino, fosse per lui una consuetudine da rispettare perché il mondo continui per la sua strada. Una strada orrendamente piena di semafori, di insulti, e di rimproveri. Dove niente sembra mai andare per il meglio. Dove chiunque abbia un po’ di buon senso o di pietà, regala un euro o meno ad un povero Cristo, e poi continua la sua esistenza dimenticandosi di quell’accaduto, bello o brutto che sia.
Dario va’ verso la macchina, il suo pensiero è solo quello di non fare tardi al lavoro, la trova al solito posto, nessuno ha preso l’abitudine di spostargliela la notte. Entra, inserisce la retromarcia, esce dal parcheggio. Osserva la strada e si incanala al semaforo, vede la camminata insesorabile di Fulgenzio nella sua direzione, la vede e inizia a ricercare monetine nei vari scomparti di quella Fiat Punto blu del “antasei”, rialza lo sguardo, è ormai vicino, riabbassa lo sguardo, trova un 50 centesimi incollato al pavimento, stacca il residuo di chewing-gum masticata, cerca gli occhi del barbone, lo vede, ode una frenata maldestra, non lo vede più.

1 commento:

DjJurgen ha detto...

Bello!
Mi piacciono i due nuovi barboni, concordo sul fatto che quello che canta Albano sia proprio lui!!! :D
Aspettiamo e vediamo che succede...ma a chi tocca? :P

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