lunedì 30 agosto 2010
(9)
Ognuno ha il suo posto in questo mondo malato. Ognuno ha la sua funzione, ognuno alla fin fine serve veramente a qualcosa. Anche gli ornitorinchi, anche le zanzare, anche un Presidente del consiglio italiano. Ognuno ha un ruolo, in questa società. Ma che accade se, da un giorno all’altro, qualcosa cambiasse? Cosa accadrebbe se un giorno le piante decidessero di iniziare a parlare? Ce lo vedete un baobab gigante che và dal presidente di una multinazionale e decide di effettuare uno sciopero della fotosintesi clorofiliana finchè non verranno ripiantati tutti i migliaia di ettari disboscati nelle varie foreste? Ce lo vedete un allenatore decente che decide di allenare la Juve e farla vincere? Ce lo vedete un giorno con la luna e una notte con il sole? Ce lo vedete Maurizio Costanzo in pensione? Ce la vedete un’Italia florida di laureati che trovano lavoro in un attimo? Son cose incredibili, son cose che non avverranno mai, son cose che la mente umana non riesce nemmeno ad immaginare. E per questo esiste la fantasia, ognuno ne dispone, ognuno decide se usarla per tutto il giorno, per tutta la vita o semplicemente per un secondo. E c’è una cerchia di individui che non può fare a meno di usarla in ogni attimo della propria esistenza: gli scrittori. Non sono quelli professionisti, anche quelli che non venderanno mai una copia di un romanzo(neanche se fosse quello di un altro). Uomini e donne che vivono una realtà ben precisa, ma che all’occorrenza si rifugiano altrove. Alcuni vengono chiamati pazzi, altri poeti, altri semplicemente col loro nome. Ma, alla fin fine, son solo persone.
Dario posa la spesa in macchina. Convince Fulgenzio a liberarsi del peso eccessivo nelle tasche e ripone tutto con cura nei sacchetti di plastica. Ancora non riesce a credere a ciò che ha appena visto: una bella ragazza, molto bella e molto aldifuori della sua portata, lo ha appena invitato a cena. E forse è tutto grazie a Fulgenzio, se lui non fosse stato investito lui non avrebbe mai saltato il lavoro, e non sarebbe mai andato a quell’orario al centro commerciale, e non avrebbe mai trovato una scusa per parlare con la commessa. Che fosse tutto già deciso? Che fosse tutto così sospettosamente strano? E se fosse tutta un’assurda candid camera? E se fosse tutto uno scherzo cattivo? E se fosse il fantasma dei natali passati? O Babbo Natale, magari! In effetti la barba ce l’ha e Dario è sempre stato affascinato dal Natale e dalle sue tradizioni che non c’entrano assolutamente niente con la festa religiosa. Elucubrando in disparte decide di salire in macchina. Invita l’ospite a sedersi e mette in moto. Accende la radio, ancora sospettoso, si lascia trascinare dalla musica e per un po’ se ne dimentica.
Tu vuoi vivere così
per inerzia e per comodità
per qualcosa che non riesco più a capire
e poi ami con tranquillità
come un Dio lontano
che non ha nè problemi
nè miracoli da fare
non capisci che ci ucciderà
questo nostro esistere a metà
che la casa ha i rubinetti da cambiare
eppure un tempo ridevi
e mostrandomi il cielo
mi disegnavi illusioni e possibilità
e la Cometa di Halley ferì il velo nero
che immaginiamo nasconda la felicità
tu vuoi vivere così
coi vantaggi della civiltà
e pontifichi su ciò che ci fa male
non la vedi la stupidità di una relazione
che non ha francamente neanche un asso da giocare
Non ci credi che ci ucciderà
questo nostro vivere a metà
che la stanza ha le pareti da rifare
eppure un tempo ridevi
e mostrandomi il cielo
mi disegnavi illusioni e possibilità
e la Cometa di Halley ferì il velo nero
che immaginiamo nasconda la felicità
lasciami da sola
fallo solo per un po’
lascia stare
non pensarci più
lasciami la radio accesa
lasciami cantare
e qualche cosa da mangiare
servirà
ed una notte piangesti
guardando nel cielo
mi disegnasti illusioni e possibilità
e la Cometa di Halley ferì il velo nero
che immaginiamo nasconda la felicità
eppure un tempo ridevi
e mostrandomi il cielo
mi disegnavi illusioni e possibilità
e la Cometa di Halley squarciò il velo nero
che immaginiamo nasconda la felicità
eppure un tempo ridevi
e mostrandomi il cielo
mi disegnavi illusioni e possibilità
e la Cometa di Halley squarciò il velo nero
che immaginiamo nasconda la felicità
io ti dico addio
tu mi dici ciao
io ti dico addio
tu mi dici ciao
io ti dico addio
tu mi dici ciao.
Canticchiando felice arriva a casa, Fulgenzio si è appena addormentato sul sedile quando viene risvegliato da una mano amica. Dario raccoglie le buste della spesa e si avvia verso l’ascensore. La signora Angeloni lo guarda male, osserva anche Fulgenzio e inorridisce. Fa quasi per urlare, poi si calma ed emette una sentenza decisa con voce melodiosa.
“Non mi dica che sta portando quest’essere nel nostro palazzo. Glielo proibisco!”
“Oggi è il 5, mi dica, la poste erano chiuse?” – domanda Dario, conoscendo le varie abitudini dei suoi condòmini.
“No, troppa gente. Hanno interrotto il servizio quando mancavano solo venti numeri prima del mio turno.” – risponde stizzita – “Ma ciò non le da il diritto di invitare chicchessia nel nostro palazzo!”
“Mi sembra che non ci sia alcuna regola, signora, e le ricordo che esiste una certa cosa detta “privacy” che in italiano moderno significa: farsi i fatti propri.”
“Come si permette?”
“Macchina blu! Lei è macchina blu! Alle 11, tutti i martedì!” – afferma Fulgenzio. La signora Angeloni sembra spaesata, che qualcuno l’abbia notata quando in quel fatidico giorno il suo amante del passato la viene a prendere per passare del tempo insieme, lontano dalla famiglia di lui, lontano dai brutti pensieri? Sembra proprio di sì.
“Signor Dario” – sorride gioiosamente – “il suo delizioso amico è il benvenuto in codesta dimora! Anzi, se non volete cucinare ci penso io, e salite su da me! Che cari ragazzi!” – e se ne và. Dario sembra confuso, ci riflette un attimo e sentenzia: “Avrà ricevuto un bonifico instantaneo.” – ed entrano in ascensore.
Durante il tragitto, Fulgenzio sembra fermarsi ad osservare ogni particolare di quello spazio angusto. Ogni riga, ogni scritta oscena, ogni cartello. Ripassa per tre volte sul peso massimo e sulla capienza massima, sembra calcolare qualcosa, poi ritorna sulle frasi oscene affianco al tasto del quinto piano. Le porte, intanto, si aprono di colpo. Davanti a loro si para Dalila, la pin up del terzo piano. Non si capisce cosa faccia al sesto ma nessuno dei due pare intristirsi per quella visione. La procace signorina saluta Dario, da un cenno a Fulgenzio, che decide di sistemarsi il cravattino logorato dal tempo, e se ne scende per le scale verso il proprio appartamento. L’attimo di smarrimento per i due dura un paio di minuti, poi decidono di entrare.
Il pranzo preparato dal padrone di casa è stato ben gradito da Fulgenzio che, spossato e sazio, si addormenta sul divano. Dario decide di lavare i piatti per non farli accumulare nel lavello e ritorna a pensare a cosa è cambiato in una sola giornata, a come è cambiato e a come tutto quello sembra oscenamente strano, quasi pilotato. C’è bisogno di controllare, c’è bisogno di sapere cosa c’è dietro. C’è bisogno prima di tutto di fare un riposino, cucinare stanca. C’è tempo per le elucubrazioni. C’è tempo…
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2 commenti:
Eh, Costanzo in pensione... mi sa che nemmeno Roy Batty (il replicante di "Blade Runner") l'ha visto...
Un'altra donna, ed è procace. Uhm, prevedo triangoli (o quadrilateri) amorosi.
p.s.:grazie per la recente visita ;)
il testo della canzone della Grandi è veramente bello... e tristissimo..
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