mercoledì 29 agosto 2012

Sosta forzata


(Decima parte di un racconto che è iniziato qualche giorno fa. Per riportarti in pari con la lettura non occorre prendere una settimana di ferie, ma se già ci sei aiuta. Scorri sulla pagina iniziale del Bloggo e leggi l'avventura che sta vivendo Andrea in giro per l'Italia su rotaie e binari. E poi torna torna per il 5 settembre che esigo il riassunto e le tue considerazioni sull'opera. Mi raccomando di non copiare)

Immagino il futuro molte volte durante la giornata, forse troppe. Mi ci metto così d'impegno che forse dovrei pensare anche al presente ogni tanto e finire di vivere in quel mondo fatato che è situato a tot anni, mesi o giorni da me. E pure quando vivo nel presente accade che perdo intere giornate a cercare di migliorare il futuro. E oggi è ovviamente una di quelle.
Fermo a Bologna Centrale scendo dal treno per dirigermi alla biglietteria, questo viaggio mi sta costando parecchio ma sento che ne vale la pena. Con lo sguardo, appena tocco il marciapiede, cerco nelle persone dinanzi a me i suoi capelli che sussultano ad ogni passo della sua andatura. Lei c'è.
Inizio a seguirla come il più subdolo degli stalker qualche metro distante. Entra in uno dei bar della stazione, ne approfitto anche io per una sosta obbligata dopo qualche ora di treno.
Alla cassa la sento ordinare un caffè e una briosche, segno che per lei è ancora abbastanza presto per un pranzo come si deve. Seguo alla lettera la sua ordinazione e dopo altri due clienti tocca a me. Siamo al bancone qualche attimo dopo, tutti e due, ognuno a guardare in direzioni opposte, forse per non sfiorarsi, per non avvicinarsi troppo quasi per paura di scottarsi, o perchè sappiamo entrambi che sarà un sentimento così forte quello che ci unirà da poterci far male.

Fantasie.
In realtà lei sembra vagare in un'altra realtà. E anche io non sono da meno. Forse ha il mio stesso problema: quello di escludersi troppo dal mondo circostante per rifugiarsi nella irrealtà. Me lo diceva sempre la mia maestra delle elementari, o meglio lo diceva a mia madre: "suo figlio è sempre in un altro pianeta, segue ma non segue, capisce ma non è con noi, impara ma se volesse potrebbe fare molto meglio". Non ho mai capito perchè, se un bambino è bravo a scuola ma possiede anche una forte dose di fantasia, le maestre cerchino sempre di riportarlo sulla dura terra. Perchè non volare via? Perchè distruggere i sogni? Forse per aiutarci ad un futuro di possibili delusioni, o forse perchè loro non sono riuscite a fuggire, vogliono che nessuno ci riesca? Mia madre, poi, mi capiva benissimo. Davanti alle maestre, alle loro elucubrazioni e consigli per farmi passare sulla "retta via", dava ascolto solo il tempo necessario prima di uscire di classe, poi rideva e mi chiedeva di prometterle sempre una cosa: di non seguire mai quei bacchettoni che rifiutano la creatività, la fantasia e l'immaginazione.
Glielo promisi. Fino a due anni fa. Ogni anno glielo promisi. Ora glielo prometto ogni giorno ma non trovo più il suo viso buono che mi sorride come tanti anni fa. Non la vedo più perchè lei non è più.
E non vive nel mio cuore. Vive solo nella mia mente, nei miei ricordi. E mi ritrovo a pensare al passato per lei e al futuro per un "noi" che adesso non esiste, ma che voglio far nascere.
Un saluto, un incontro fortuito, far finta di non averla inseguita per centinaia di chilometri perchè io la trovo bella, affascinante e incredibilmente vera.
Forse l'unica cosa perfettamente reale della mia vita. A parte le delusioni d'amore passate.

Mentre discuto con me stesso lei è andata già. La mia estraniazione certe volte ha dell'incredibile: ci sono ma sono trasmutato in un altro corpo. Forse ho un potere speciale o forse è un problema grave. Preferisco immaginare sia la prima soluzione.
Lascio una mancia al barista e scappo verso l'uscita posteriore di quel bar. La cerco in tutte le direzioni e la noto dirigersi verso una biglietteria automatica. Prendo tutto il coraggio di cui dispongo ed occupo un'altra macchina, proprio quella di fianco alla sua.
Stazione di partenza: Lei clicca su Bologna, faccio lo stesso.
Stazione di arrivo: Lei inizia a battere alcune lettere. Dopo la "b", la "o" e la "l" capisco perfettamente la sua destinazione, anche perchè ne ero già a corrente da prima. Premo i suoi stessi esatti pulsanti e cerco il treno giusto per me.
"Anche tu vai a Bolzano?", mi chiede e comprendo dopo poco che mi ha rivolto appena la parola.
"Certo", rispondo in maniera originalissima.
"Ma tu...non eri anche sul treno da Napoli?", mi ha beccato, ormai.
"Sì."
"Ma sei tu che hai salvato la vita a quella ragazza sul treno, nel vagone ristorante. Sei un eroe. Ed ho notato che era molto pregna di attenzioni dopo il salvataggio", sorride maliziosa.
"Non è che le avessi ricercate, però è stato tutto instintivo: lei stava soffocando, il suo pseudo-ragazzo non combinava niente, neanche l'altro. Forse andare a letto insieme non porta almeno ad aiutare l'oggetto del desiderio mentre sta per morire", cosa ho detto?
"Ah-ah", ride, "forse stavano già pensando su chi potevano saltare addosso dopo la sua morte".
"In effetti non li ho visti queste grandi cime. Anche se uno dei due aveva un bel gancio destro", aggrotta le sopracciglia e si rende conto che quel nero sotto il mio occhio sinistro non è proprio il suo colore naturale.
"Cribbio!", la sua esclamazione di stupore un po' mi distrugge internamente.
"Eh sì."
"E perchè ti ha attaccato? Cioè hai salvato la sua ragazza, la sua quasi ragazza, la ragazza che lo tradiva regolarmente e che ti è avvinghiata a te in un attimo...sì...ho capito perchè te l'ha mollato", ride ancora. E mentre lo fa l'occhio nero inizia a pulsare ininterrottamente. O forse è il cuore, chissà.
"Diciamo che avrebbe preferito vivere nella menzogna piuttosto che sapere che la sua ragazza era un po' libertina."
"Molti uomini vivono meglio così", mi dice, mentre forse cerca di capire se anche io faccio parte della categoria.
"Qualcuno esce fuori dal gregge ogni tanto, però..."
"Bisogna trovarlo quel qualcuno..."
"Certe volte è così facile che non ci si pensa nemmeno". Uno stridìo incessante dei freni di un treno ci impedisce di continuare questa specie di approccio improvvisato, ognuno ritorna a fissare il monitor e scopre una sorpresa a dir poco spiacevole: sciopero.
Il treno è soppresso a causa di uno sciopero. Ed io non ne sapevo niente, soprattutto perchè io non avrei dovuto trovarmi qui adesso.
"Il prossimo convoglio parte direttamente alle ore 20. Abbiamo...6 ore di tempo per prendere il treno. Direi che siamo perfettamente in orario, persino in anticipo, per accaparrarci i posti migliori", è molto divertita, non seccata, dalla cosa.
"Visto che siamo qui...visto l'orario...visto il luogo in cui ci troviamo, ti dispiace se occupiamo questo tempo per un pranzo veloce e un giro a Bologna?", la vedo lievemente dubbiosa. Ci pensa qualche secondo di troppo, per i miei gusti, e mi risponde.
"Certo che sì! Se Trenitalia ha voluto donarci sei ore inaspettate chi siamo noi per poterle rifiutare. Ma prima di uscire con te da questa stazione vorrei solo sapere una cosa", non respiro quasi: ho un appuntamento con Lei!
"Dimmi tutto".
"Come ti chiami?", vero! Il nome!
"Andrea, piacere di conoscerti".
"Piacere, io mi chiamo Samantha", le do la mano e intanto penso: Madonna, quanta!

(10-Continua)

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