(Penultima parte di un racconto che si concluderà tra domani, domenica o lunedì, dipende da quando avrò tempo per scriverne il finale. Se sei giunto fino qui finisci di leggerlo, ormai il danno è fatto. Se invece non sapevi dell'esistenza di questo racconto, è giunto il momento di iniziare a leggerlo tutto dalla prima puntata. Fallo. Prima di Umberto Eco perchè sennò è lui che si prenderà il merito di avermi scoperto. Dai, cosa aspetti?)
Se ora fossi in una sceneggiatura scritta da un tizio capellone e magro da far paura, mi sveglierei su di un treno, magari il primo che ho preso in questa strana giornata, e tutto quello che è accaduto da quando sono uscito di casa ad ora sarebbe da cancellare. Ma non è un sogno proprio no. Anche se Lei, Samantha, la donna che sto rincorrendo da qualche ora, mi sta baciando.
Cosa si pensa veramente quando si bacia qualcuno, soprattutto se è la prima volta?
A che figura stai facendo. Se ti sei lavato i denti. Se metti il quantitativo giusto, esatto, perfetto di lingua. Se non risucchi la sua essenza vitale tipo vampiro che ha sbagliato posto dove incidere. Se devi tenere gli occhi aperti o chiusi. Se l'altro o l'altra è partecipe o stai vivendo quel momento tutto da solo. Dove devi mettere le mani, sotto il ventre è da sfacciati, ma ad alcune potrebbe piacere, mentre ai maschi piace a tutti.
Se ti piace soprattutto, il bacio in se per se.
Se senti le campane, i violini, i fuochi d'artificio in testa.
Se quel bacio lo vorresti riprovare tante e tante e tante volte.
Per me quest'attimo, eterno, che forse è durato poco, è stato stupendo. Lo spero anche per lei, d'altronde non sono stato io a fare il primo passo, prima dell'antipasto d'altronde.
Poi, dopo un tempo indefinito ci stacchiamo.
Rimaniamo in silenzio per qualche secondo, come a metabolizzare il suo minuto di "pazzia" e il mio non essermi discostato da un gesto d'affetto forse già fin troppo intimo. Parla lei per prima.
"Bello", non si danno commenti sui baci, sui primi baci soprattutto. Ma le è piaciuto, quindi poco me ne frega.
"Idem", non potevo dire cosa più squallida.
"Bisognerebbe riprovare qualche volta, per migliorare la tecnica intendo", quanto è sfacciata, o è solo l'incarnazione di ogni sogno maschile.
"Potremmo fare un corso accellerato se vuoi, mi permetto di essere maestro e studente nello stesso contempo".
"Giuralo".
"Cosa?".
"Che non mi lascerai mai, che sarai sempre gentile con me, che resisterai al decadimento del mio corpo perchè sì, diventerò ogni anno più brutta mentre tu, avanzando, diventerai più affascinante. Che mangerai ogni cosa io ti prepari e dirai che è buono o, al massimo, lievemente migliorabile. Che laverai i piatti prima ancora che ti chieda di farlo, che farai la spesa il sabato mattina con me, che cambierai i pannolini ai piccoli di tua spontanea volontà, che mi dirai che sono bella anche quando il mio corpo si deformerà per la gravidanza, che giocherai con i nostri bambini e non ti ingelosirai quando penserò più a loro che a te, che non ci rimarrai male quando dirò che alcuni tuoi amici mi stanno antipatici o che non posso seguirti ad ogni tua partita di calcetto il mercoledì e che quando vorrò solo un semplice abbraccio tu ci sarai sempre per donarmelo. Giuralo", mi prende alla sprovvista. O cerca marito o il mio bacio l'ha fatta impazzire. Credo tutto ciò sia lievemente eccessivo.
"Devo giurare su tutto ciò prima dell'antipasto?", cerco di sviare il discorso.
"No. Il tempo è molto più dilazionato. Hai anni di tempo per giurare su ognuna di quelle cose in ogni relazione che inizi. E' questo quello che si fa ai primi appuntamenti giusto? Solo che questo è un po' diverso, qui ci siamo io e tu, due ragazzi che si sono incontrati per caso e, se tutto andrà bene, non si lasceranno più e finiranno la loro esistenza insieme come in una favola o in un romanzo di Moccia", alla parola Moccia mi sento lievemente spaesato.
"E perchè dirci tutto adesso?"
"Perchè il tempo è tiranno, Andrea. L'hai detto tu prima no? Hai effettuato tutte le domande base che esistono in una relazione quando è all'inizio, le risposte servono a far capire, ad entrambi, se la storia avrà un senso. Solo che ci impiegano normalmente mesi per dirsi quelle cose, o forse anni. Come puoi stare con qualcuno che non vuole avere figli mentre tu sogni una famiglia gigantesca? Come puoi sottostare alle regole di un essere geloso e possessivo quando hai sempre desiderato essere libera? Come puoi vivere con un ignorante quando tu in realtà adori leggere e comprendere? Abbiamo solo poche ore di tempo per capirci, per riuscire a trovare quella linea in comune che ci faccia dire "è quello giusto". Perchè se il destino, il caso, la fortuna o la sfortuna ci hanno portati qui è per un motivo. Forse dovevamo trovarci per non lasciarci mai, o forse dovevamo trovarci per cambiare parte di noi e non rivederci più".
"...", il mio inaspettato mutismo ferma la conversazione. Il cameriere di prima ne approfitta per portarci un antipasto che non abbiamo richiesto ma che desideravo ardentemente giusto adesso. Lei stacca un pezzo di pane dal canestro a centrotavola e addenta un pezzo di prosciutto con delicatezza, quasi con timore di poterlo rompere o distruggerlo preventivamente. Nel mentre cerco anche io di mangiare qualcosa per riprendermi dal mezzo choc che sto subendo.
"Esperienza extra-corporea?", mi chiede, come se mi conoscesse da decenni.
"Quasi", biascico imbarazzato.
"Certe volte ho l'impressione che dentro di me ci siano due Samantha. Una è quella che vedi davanti a te, l'altra esce fuori quando io sto pesando e mi blocco. Spero seriamente che la seconda sia un'eroina. Una di quelle che salva la gente dagli edifici in fiamme mentre io sto crogiolandomi nel dubbio del se mangiare pasta o riso a pranzo. E poi lei ritorna, dopo che ha finito di tirare giù gattini dagli alberi, e io trovo la soluzione al problema che mi affligeva".
"E' una bella idea", sorrido.
"E' un'ottima idea. Sono io la donna, tu hai decenti idee, le mie sono sempre ottime, anche quando sono sbagliate, ricordalo", è l'incarnazione della donna perfetta o magari è solo la mia.
Il pranzo va' avanti tra risate ed aneddoti. I discorsi importanti vengono rinviati a dopo, forse a quando saremo sul treno, o magari a mai più. Dopo aver pagato il conto, dividendocelo alla romana sotto sue continue insistenze, ci scambiamo qualche altro bacio, di sicuro più sentiti e più delicati. Giriamo per Bologna per tutto il pomeriggio osservando e discutendo su ogni coppia che vedevamo, se magari potevano essere più felici o più decisi di noi. Come se esistesse in quella giornata un "noi".
Tornando alla stazione notiamo due ragazzi con enormi valigie al seguito e con zaini in spalla. Lui è alto, ha un taglio da primo John Lennon e mantiene per la mano la sua presunta ragazza, molto più bassa, con capelli lunghi che le arrivano fino ad oltre le spalle e con un sorriso dolcissimo che spunta quando le loro mani si incontrano al buio. Samantha decide di fermarli per parlarci.
"Ragazzi", si girano. Lui strabuzza gli occhi dopo aver visto lei, poi ritorna serio in un secondo. Lei, prima sembra titubante, poi assume un'espressione interrogativa.
"Io non la conosco", sembra dire lui alla sua ragazza che gli crede all'istante.
"Ragazzi, volevo farvi alcune domande, se possibile".
"Ah, no. Non siamo interessati", taglia corto lui, intanto mi avvicino.
"No, non siamo Testimoni di Geova o altro, siamo solo semplici viaggiatori come voi. E non è nessun sondaggio su Trenitalia o altre amenità varie. Volevamo solo chiedervi un paio di cose", dico, eliminando quel muro che si stava creando.
"Di dove siete?", chiede Samantha.
"Di Caserta", risponde lei, "provincia di Caserta".
"Come mai siete qui a Bologna?", aggiunge.
"E' stato un viaggio improvvisato, diciamo. Siamo andati altrove ma avevamo questa parte di giornata ancora libera. Dopo quattro giorni insieme, da soli, volevamo rimandare ancora più a lungo il nostro ritorno a casa e abbiamo scelto una città a caso tra quelle del centro-Italia. Ha vinto Bologna e ci siamo fatti un giro".
"Da quanto tempo state insieme?", chiedo.
"Più di tre anni e mezzo", risponde lei visibilmente entusiasta.
"Ne avete passate tante, immagino".
"Qualcuna".
"E siete ancora felici di stare insieme", i loro volti si muovono nello stesso istante, si guardano, sorridono e rispondono insieme un semplice "Sì", ma convinto.
"Troppo belli, troppo genuini, grazie ragazzi", Samantha li congeda, i due fanno per andarsene quando lei ritorna per dirci qualcosa.
"Anche voi siete una bella coppia", e se ne va' inseguendo il suo fidanzato che si trascina dietro entrambe le valigie per la stazione.
"Siamo una bella coppia, hai sentito?", le riferisco.
"In effetti siamo due e siamo belli, quindi era normale pensarlo", svia lei.
"Il treno è tra mezz'ora. Dovremmo fare finalmente i biglietti", propongo.
"Certo. Ma prima dovrei dirti qualcosa, Andrea", diventa improvvisamente seria.
"Non puoi dirmela sul treno o mentre facciamo i biglietti?", ho paura ma cerco di non darlo a vedere.
"No."
Ci sediamo su di una panchina. Lei raccoglie il coraggio ed inizia a parlare.
"Non sono stata del tutto sincera con te. Sono sposata, ho una figlia e mio marito è a Bolzano, a casa, che mi aspetta. La storia va' un po' male, forse è quasi al capolinea, ma stiamo provando a ricominciare. Sono andata a Caserta per lavoro ma sono ritornata dopo aver scoperto che quello che cercavano non è qualificabile come "hostess" ma come "escort". Poi ho visto te, ed ora ho paura di tornare a casa, ho paura di innamorarmi seriamente, ho paura di come potrebbe prenderla mia figlia, ho paura di tutto. Ed ho paura persino di te".
"Di me?".
"Ho paura che sei come ti ho immaginato. Uno che potrebbe veramente giurarmi tutte quelle cose che ti ho detto al ristorante. Uno che riuscirebbe davvero a rendermi felice come non mai, e che mi darebbe le emozioni che provano quei due ragazzi, che cercano il modo per rimanere insieme, da soli, in questo mondo in cui non sei mai realmente da solo".
"Anche io non ti ho detto qualcosa", le confesso, "ti ho visto da stamattina, da quando eri su quel treno che da Caserta portava a Napoli. Forse mi sono innamorato all'istante, forse ho capito che eri la donna giusta per me dopo un solo secondo, ed ho provato ad avvicinarti durante il viaggio per Bologna che, per inciso, non avrei dovuto fare perchè non era assolutamente in programma. Ed ora sono qui, a guardarti e a pensare che tutto quello che ho fatto aveva un motivo perfetto: te. E ti voglio seguire, ovunque tu vada, ma se pensi che con lui può ricominciare, mi metto da parte. Ricorderò per sempre questo giorno ma dimenticherò questi attimi".
"Se verrai su quel treno potrebbe essere inutile il tuo viaggio".
"Allora scendi con me, torniamo indietro".
"Non posso scappare, Margherita mi aspetta a casa".
"Quindi sono io che devo scegliere", penso ad alta voce.
"O sali con me senza avere certezze, o scendi da solo e l'unica sicurezza che avrai sarà quella che non mi rivedrai mai più".
"Bella responsabilità".
"Io vado a fare il biglietto. Il binario è il numero 12. Ti aspetto. O forse spero che tu non venga per non costringere me a scegliere. Vado, ma voglio prima un'altra cosa", e mi bacia, e questo è di sicuro il miglior bacio che abbia mai ricevuto in tutta la mia esistenza.
"Sono io a dover scegliere..."
"Qualuque scelta farai la capisco. Grazie".
"Di cosa?"
"Di avermi fatto riscoprire per un attimo un po' di libertà. O di spensieratezza. Grazie. Queste cinque ore le porto nel cuore", e se ne va', lasciandomi solo a pensare.
Andare da Lei senza sicurezze o fuggire perchè Lei potrebbe portarmi solo verso un baratro di dolore?
Bella responsabilità.
Prendo il portafogli e mi accingo a cliccare il nome della mia stazione di arrivo.
"Bolzano" o "Napoli"?
(12 - Continua)
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