venerdì 9 aprile 2010

Quinto Giorno - Oblio



Mi sono svegliata di nuovo intontita. Sta diventando un fattore normale da qualche giorno, da quando il sole ha smesso di riscaldarci. Di ieri sera ricordo poche cose tra quelle che sono accadute. Ricordo solo che ho bevuto tanto, forse troppo. Chase stamattina mi guardava piangente, si è bloccato a fissarmi negli occhi e poi è scappato in camera sua. Volevo seguirlo ma le gambe non mi reggevano. Alan lo vedo con quel suo sguardo accusatorio che tanto faceva piacere a mia madre. Ora ricomincerà con un’altra delle sue arringhe nei miei confronti. L’ho sempre detto che il migliore della sua famiglia era suo fratello Henry: alto, simpatico, e sempre incline alla bella vita. Non so dove sia in questo momento ma sono sicuro che se la stia spassando alla faccia nostra e di tutti gli abitanti della terra. Alan mi guarda ancora, come vorrei lanciargli quella bottiglia di scotch in testa e ridere mentre il sangue gli ricopre tutta la faccia. Sarebbe una visione paradisiaca.

Silenzio. Freddo. Buio.

Il caro maritino mi parla in modo gentile. Vorrebbe sapere da me il motivo che mi ha spinto ad attaccare quell’uomo ieri sera. Se lo sapessi glielo direi ma non ne sono in grado. Che bisogno c’è di dirgli che quell’essere è lo stesso di due giorni fa? Lo stesso che ho visto ammazzare un custode in un cimitero e incitare altre venti persone al suicidio. Che bisogno c’è? Tanto so che non mi crederà. Che non capirà che la persona che ha davanti è quella a cui ha promesso di aiutare sempre, nella salute e nella malattia, nella ricchezza e nella povertà. Non quella da accusare sempre di pazzia o perdite momentanee della ragione. Gli urlo in faccia che sono sua moglie, che deve sostenermi qualsiasi cosa io faccia. Se mi ama dovrebbe credermi, gli dico. Lui, di tutta risposta, mi stringe forte al suo petto. Io cedo in un pianto doloroso e ristoratore. Non piangevo così forse da anni. Da quando Seth morì, forse. Da quando Seth morì, ed io mi persi.

Pianto. Silenzio. Caldo.

Ho detto tutto quello che pensavo ad Alan. Mi ha guardata senza giudicarmi e mi ha parlato con delicatezza. E’ l’uomo per me, l’ho sempre detto. Ho riletto le parti iniziali di questa giornata. Non posso credere che tutto ciò sia scaturito dalla mia penna e dalla mia persona. Ho paura di ciò che sto diventando per colpa di questa crisi. Ho sperato che mio marito venisse ricoperto di sangue, ho immaginato di sposare suo fratello Henry, un buonanulla che ha fatto un’unica sola cosa positiva nella sua vita: Chase. E fù solo un caso.
Ho riacceso la televisione per controllare le ultime notizie. I capi di stato sono nel completo panico. Quell’omino bassino italiano per una volta lo vedo impotente di fronte alla situazione, la prospettiva della fine del mondo rovina i piani di tutti i politici, fine dei furti e della bella vita. Un disastro. Intanto il nostro presidente, invece, ci mostra ancora la sua faccia rassicurante. Peccato che la speranza se ne sia andata e sia svanendo ogni secondo che passa. Un servizio mandato in onda da qualsiasi canale, poi, dà il colpo di grazia.

Stupore. Dolore. Freddo.

Troupe televisive linciate in pubblico per i vari Paesi. Gente crocifissa in piazza, suicidi di massa davanti a Città del Vaticano, dove hanno creato un cancello gigantesco per non permettere a nessuno di entrare. Il mondo sta collassando. Dovunque la gente desidera una sola cosa: la morte. Meglio il nero perpetuo senza pensieri che un’esistenza in un mondo buio. Ho paura. Una paura mai provata in ventisette anni di vita. E sono sicura che non la proverò mai più.
L’ondata di pazzia collettiva sembra non aver ancora colpito la mia città. Inizio a sperare che ciò che ho visto due giorni fa, sia stato solo un brutto sogno dovuto allo stress. Il pensiero che possa accadere qualcosa del genere anche ai miei affetti più cari mi distrugge. Alan osserva lo schermo senza esprimere parola. Si riavvicina al pc e mi chiama. Nei suoi occhi vedo un vero e proprio terrore, causato da ciò che riflette dallo schermo.
Mi avvicino e noto un filmato amatoriale. Tre ragazzi giocano alla roulette russa. Il primo spara ma il colpo non parte. Il secondo fa lo stesso e ci rimane stecchito. Gli altri due urlano di entusiasmo, se la sono scampata. Ma il video non finisce. Il cameramen ritorna sul ragazzo a terra, col sangue che gli cola dalla testa, questo riapre gli occhi. Si rialza e parla, come se niente fosse successo. Gli altri urlano: “E’ ritornato! E’ ritornato! Non si può più morire, questo è il paradiso!”. Suonano alla porta. Vado sconvolta ad aprire. E’ la signora Mulligan, quasi completamente carbonizzata.

Panico. Paura. Freddo.

“Vuole dei biscotti?”, mi dice, “Li ho appena sfornati”. Questo non è il paradiso. Siamo già all’inferno e nessuno ci può più salvare.

2 commenti:

LYSERGICFUNK ha detto...

Complimenti!!!
..e se ve li faccio io....

Guido/LF
condannatialloblio.blogspot.com

lysergicfunk.blogspot.com

luttazzi4ever ha detto...

Signor Oblio, molte grazie!

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...