mercoledì 21 marzo 2012

Svendita mute da sub


Se vuoi capire qualcosa di questa storia leggi prima questo e poi quest'altro e poi quest'altro ancora. Se li leggi in modo inverso non ci capirai alcunchè. Se li leggi dall'ultima parola alla prima, può darsi che non si capisca lo stesso. Fai come vuoi, sei libero di scegliere. Questo è il libero arbitrio. Sinne felice.

Mi facevano male gli occhi e ne ero felice. L'orrendo spettacolo a cui avevo appena assistito aveva fatto sì che sperassi di non aprirli mai più se, davanti a me,  avrei potuto trovare di nuovo ciò che avevo purtroppo visto. Non lo ripeterò per due semplici motivi: non voglio che la mia mente se lo ricordi e voglio, invece, che tu torni alla puntata precedente per aumentarmi le visite, caro lettore. Ma questo è un pensiero strano, lo è sempre stato nella mia mente. Alla fin fine non siamo forse tutti dei personaggi fittizi scritti da qualcun'altro senza nessuna fantasia? Cioè non sto parlando di Giletti o di Bruno Vespa. Là c'è stata una notevole documentazione nel mondo horror che parte dai licantropi, passa per i vampiri, Avetrana, Quarto Grado ed arrivi ai più moderni mostri: i vampiri truccati di Twilight, i vampiri truccati di True Blood, gli zombie che vorrebbero essere truccati e fighi di The Walking Dead ma il loro sindacato non li protegge. Sempre i più deboli finiscono per veder calpestati i propri diritti, o sparati giusto in mezzo alla testa, che ci vuoi fare.

Dopo qualche attimo, passato lo shock per la benzina negli occhi, uscì di nuovo da dove ero entrato. Nel corridoio non v'era anima viva. Decisi quindi di correre, finalmente, alla volta del mio obbiettivo...obiettivo...bersaglio finale: Chef Tony. Per chi non lo sapesse: era un brillante cuoco che sponsorizzava dei coltelli che ognuno di noi avrebbe sempre voluto nella propria casa per ammazzare i vicini che fanno casino. O per movimentare le riunioni condominiali. Fece una serie di programmi mattutini tutti uguali. E non sto scherzando. Erano uguali gli ospiti, le robe che tagliava, le sue esatte parole. Per alcuni si instaurò il dubbio che fossero repliche. Ma Chef era furbo e non era il tipo da mandare in onda una versione di se registrata. E ho sempre pensato che quegli spot tutti uguali nascondessero messaggi in codice per i palestinesi, per Al Qaeda o per Uomini e Donne.

Salì al primo piano con perizia. Scansai un tizio che stava dormendo sul parapetto quando dopo un attimo mi accorsi che non stava riposando: era deceduto. Qualcun'altro era giunto nello stesso stabile per Chef, qualcuno che non aveva idee gentili come le mie. Mi misi in guardia e ripassai le dieci regole fondamentali di una buona spia:
1)Muta da sub sotto il vestito buono.
2)Vestito buono sotto la muta da sub.
3)Costume hawaiano sotto la muta da sub.
4) Muta da sub sotto camicia hawaiana.
5) Non bere mentre sei sott'acqua.
6) Immaginarsi al rallenty tutte le strafighe che escono dall'acqua in costume.
7) Immaginarsi nude tutte le strafighe che incontri.
8) Un Martini macchiato freddo shakerato con olive e capperi.
9) Tutti possono essere tuoi nemici, attento!
10) Ma i giapponesini sono così carucci, non ti preoccupar di loro.

Dopo il ripasso veloce mi ricordai perchè avessi così caldo: non è semplice andare in giro con ventisette mute da sub addosso, figuriamoci per me che non sapevo nuotare. Salgo l'ultima rampa di scale che mi separava dal primo piano ed aprì la porta con una delicatezza così estrema che la tagli con un grissino. Gente deceduta in ogni dove, cadaveri ammazzati in ogni angolo, tranne il destro. Lì si trovava un tipo in fin di vita che mi avrebbe certamente aiutato a completare la mia missione e forse mi avrebbe detto il numero di telefono della sua ragazza ed il codice segreto del suo bancomat. Mi avvicinai, si chiama Dorell Johnny. Era giovane, così giovane che il bambino vietnamita, Ettore, sembrava suo nonno. Forse lo era veramente: che ne sapevo io della cultura vietamita sulle nascite? Mi accucciai accanto e lo presi tra le braccia. Gli parlai con gentilezza.
"Brutto verme schifoso che non sei altro, se non la smetti subito di respirare affannosamente giuro che ti taglio le dita dei piedi ad una ad una. E non sto scherzando, cloaca morente." - gli dissi.
"Cosa vuoi da me?" - mi chiese lui tossendo sangue.
"Informazioni. Cosa fate in questo edificio, chi vi ha attaccato, perchè tre per zero fa zero e non tre?"
"Ci lavoro, è una società di consulenze come quelle che nascono ogni giorno in Italia, nessuno sa cosa fanno ma nascono e si riproducono, un po' come le mantidi. Ci ha attaccato una donna, una gran bella donna, sono ancora eccitato anche se mi ha quasi ucciso. E tre per zero fa zero perchè è una questione di insiemi." - rispose tossendo orsetti gommosi.
"Non mi basta. Chi è la donna? Qual'è il tuo numero di bancomat? La tua ragazza ha le poppe grosse?" - domandai colpendolo ripetutamente con un martello trovato lì per caso.
"Non lo so. Ho la postepay. Certo, ma arrivano fino a terra." - rispose esalando l'ultimo respiro mentre tossì cataloghi Ikea. Gli chiusi gli occhi per dargli l'ultimo estremo saluto e alzai lo sguardo: lei era lì. Davanti ai miei occhi c'era chi non avrei mai immaginato di vedere: Erika Tomaselli, la cintura nera dello spionaggio, la gnocca più gnocca che abbia mai potuto esistere, la mia ex ragazza. Il rallenty di nudismo era iniziato nella mia mente. Svenni in preda all'eccitazione più feroce.

[4-Continua]

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