martedì 22 novembre 2011
Ti serve una mano? [D&D]
La giusta compagnia è essenziale se il tuo vero scopo è errare per il mondo alla ricerca di te stesso, e questo Dailan lo sapeva bene, di sicuro non avrebbe mai considerato l'idea di vagabondare per i boschi da solo, con poco armamentario, e poca esperienza in fatto di battaglie. Da Baldur's Gate a Velen il viaggio non è stato sempre facile ma ha potuto contare sulla generosità di avventurieri a cavallo che l'hanno aiutato a raggiungere il ducato dove ora si trova. E' una bella città, Velen, e il miscuglio di razze presenti non dovrebbe creare problemi a Dailan, troppo abituato agli sguardi cattivi della gente che non sa che un tiefling non è altro che un semplice uomo, come tutti gli altri, solo con un paio di corna e una coda in più, ovviamente. E quale migliore idea si potrebbe affacciare nella testa del giovane ladro, appena giunto in città, se non rubare una bella borsa di un mercante intento a sbaraccare il suo gazebo? Dailan è un tipo strano: ladro anche se buono. E' una persona che non deruberebbe mai un povero in canna o un contadino, ma i mercanti sì, perchè sono sicuramente pieni di preziosi e oro che lui potrebbe redistribuire ai ceti poveri. E' provvisto di onore, Dailan, e forse è questo il suo peggior difetto.
La via nella quale il mercante sta chiudendo bottega è una traversa laterale di piazza mercato, Dailan si sistema il cappuccio, adocchia la borsa pur non sapendo cosa ci potrebbe mai trovare al suo interno e passeggiando con la dovuta calma la prende. Il lavoratore si accorge del furto solo un paio di minuti dopo, quando ormai il ladro è già bello che lontano. Alle sue grida un nugolo di guardie si apposta attorno al baracchino.
"Cosa è accaduto?" - chiede un soldato della gilda dei guerrieri, forza di controllo della città di Velen.
"La mia borsa. Le mie spade. Il mio oro. Me l'hanno rubato." - strepita il mercante attirando a se anche un gruppo di curiosi tra cui uno strano minotauro. Costui, infatti, si avvicina ad una delle guardie, lo guarda dall'alto in basso e chiede: "Vi serve una mano?".
Il soldato, sicuro di se, cerca di allungarsi a dismisura per non far pesare la forte differenza di altezza e gli risponde con un secco "No, sono affari della milizia". Il Minotauro, un po' deluso, decide di tornarsene a piazza mercato. Intanto, proprio in quell'istante, Dailan butta la borsa del mercante in un cespuglio dopo aver travasato il contenuto nel suo zaino. Il bottino non è male: due ascie, tre spade corte, una pozione di colore giallo, e quaranta monete d'oro. L'ideale per bere in serata alla taverna, e poter affittare una stanza per la notte. Di sicuro, constatando il sole che sta per scomparire il cielo, non sarebbe l'ideale mettersi in cammino nei boschi di notte fonda, non dopo aver camminato tanto per arrivare a Velen.
Intanto, dal porto, giunge in città un eladrin gracilino con un misero bagaglio in spalla. Subito si fionda della locanda denominata "Occhio dell'ogre" per farsi un goccio di birra, dopo un lungo viaggio in nave c'è bisogno di una bella bevuta. Dietro di lui, intanto, il minotauro di cui sopra cerca di scambiare qualche chiacchiera con un suo simile che sta sbaraccando il suo mercatino.
"Compare, ti posso dare una mano?" - chiede il Minotauro più gentile che esista in questo universo. La frase spiazza il vecchio mercante che gentilmente rifiuta.
"Sicuro? Sono forte, posso aiutarti." - insiste appoggiandogli una mano sulla spalla. Dopo quel gesto, il mercante inizia ad avere leggermente paura, raccoglie la sua roba e se ne va. Il Minotauro rimane deluso in piazza e prova a chiedere ad una delle guardie che staziona la Piazza Mercato, come mai ci fosse questa enorme celerità nel chiudere bottega, il sole stava sì scomparendo ma non sembrava così tardi.
"Lei è forestiero?" - chiede il soldato fissandolo negli occhi.
"Certo."
"Allora non posso parlarle. Si goda la città. E' stupenda ed adatta ad ogni tipo di turismo, se mi capisce cosa intendo." - il minotauro, non capendo assolutamente a cosa alludesse, si diresse verso la locanda dell'Occhio dell'Ogre, per scolarsi una decisa dose di alcool.
Dietro di lui stava facendo il suo ingresso in paese un ben vestito umano, dai modi simili a quelli di un prete. Una tunica lo ricopriva da testa ai piedi, un somaro era il suo mezzo di trasporto e suo migliore amico, un motivo importante l'aveva condotto in quella città: ma ancora non ci è dato saperlo. Tirosh, questo è il suo nome, conduce Tarallo, il suo animale, verso la stalla della locanda. Si ferma un attimo per parlare con lo stalliere, si accordano sul compenso e, dato che il sole era ormai quasi scomparso, è giunto un buon motivo per ubriacarsi come accade quasi ogni sera. Tirosh aveva un problema evidente con l'alcool, ma non pareva preoccuparsene, quindi decise di entrare per sciacquarsi la bocca, e nessuno gliel'avrebbe mai impedito.
A piazza Mercato, intanto, un elfo giunto a Velen anch'egli da poco, cercava un emporio per avere la mappa del paese, così da non rischiare di perdersi ogni cinque passi. Trova un vecchio mercante intento a chiudere porte e finestre della sua bottega e riesce, con tanta gentilezza, a farsi servire seppur in orario di chiusura. Senza aver poi nulla da fare decide subito di recarsi in quella strana locanda di cui gli hanno parlato tutti con entusiasmo, si avvicina all'entrata e nota uno spettacolo che non aveva mai visto in nessun posto in centoventi anni di vita(è un elfo d'altronde): le donne. Bianche, nere, poppute e disponibili. In cuor suo un pensiero si fa largo e gli urla "svieni", ma non è ancora giunta l'ora di perdere i sensi: tre gentili ragazze si affiancano a lui e gli chiedono se possono fargli compagnia, lui non riesce a rispondere verbalmente ma fa un cenno deciso con la testa. Non capisce più niente. Dopo una vita fatta di castità e solitudine, il mondo sta acquistando sempre più un senso, e la vita da oggi sarà sempre migliore. Da un'altro tavolo, Tirosh sembra aver fatto amicizia con l'eladrin gracilino giunto in città, i due osservano questo elfo e il suo sorriso perenne e un po' lo invidiano, ma continuano la loro conversazione.
"Come ti chiami?" - fa Tirosh al suo nuovo conoscente.
"Gandolfo, per servirti." - dice, osservando sempre più le poppe prorompenti delle cameriere.
"Cosa ci fai in questo paese? Cosa ti ha fatto giungere in questo luogo?"
"Sono un mercante, o perlomeno lo ero. Gli affari non sono andati bene e un posto vale l'altro per fuggire ai creditori."
"Ti capisco, amico mio, anche io sono un tipo che conosce i piaceri della vita e certe volte mi sono ritrovati nei tuoi stessi problemi. Succede sempre più frequentemente."
"Anche tu sei un mercante?"
"No. Io sono un chierico, ma la mia storia è tormentata, così tormentata che le tormente non sono niente al confronto della tormentitudine della mia tormentazione."
"Capisco" - mente Gandolfo osservando un episodio che si ripeteva frequentemente: ogni individuo sposato che entrasse nel locale, un secondo dopo non aveva più la fede a portata d'occhio, era preventivamente nascosta in tasca. Accadimento piuttosto normale considerata la qualità delle cameriere che non sembrano proprio adatte per il solo ruolo di servire ai tavoli. Facendo mente locale, ed accorgendosi di essersi un po' estraniato dalla conversazione, Gandolfo ritorna sulla terra notando il suo nuovo compare che ciarlava con una cameriera.
"Chi sei oh tu bellissima donzella?" - le fa.
"Briseide, per servirla".
"Oh, meravigliosa creatura, vorrei offrire una birra al mio nuovo amico, potresti portarcela?" - chiede.
"Prego di inserire il compenso qui" - e gli mostra il sempreverde davanzale. Tirosh si mostra un po' titubante, poi prende due monete d'oro e le colloca nell'incavo del petto della giovane cameriera. Ode un suono metallico e rimane interdetto.
"Non erano le prime" - fa al suo compare.
"Non saranno neanche le ultime" - dice Gandolfo osservando come la procace lavoratrice si dimenava raggiungendo un altro tavolo. Tirosh, però, notava l'estasi entusiasta di un tavolo di nani che si divertivano parecchio a giocare a dadi. Quell'enorme tavolata era ripiena di brocche e boccali vuoti, nascosti anche sotto la tavola. Il pensiero del gioco d'azzardo si stava facendo forte nella mente del giovane prete. Mise da parte per un attimo l'idea e decise di fare qualche altre domanda al suo commensale.
"Anche tu cerci alloggio in questa locanda, Gandolfo?"
"Certo. Stavo giusto pensando di andare a parlare con il mezzorco dietro al bancone, per avere un posto dove dormire."
"Che ne dici di prende una stanza assieme?"
"Guarda. Preferisco ancora le donne." - a questa risposta, il prete si rese conto di iniziare a straparlare per la voglia di giocare. Si alza dal tavolo, saluta Gandolfo, e si dirige dai nani. Sette per l'esattezza, e tutti visibilmente su di giri.
Nel tavolo affianco, intanto, l'elfo era nel paese della beatitudine e non capiva assolutamente niente di tutto ciò che stava accadendo.
Al porto, invece, Dailan cercava di capire cosa contenesse quella pozione di cui si era ingiustamente appropriato, avendo paura che potesse avere qualche potere corrosivo verso le sue armi. Decise quindi di ingannare due ragazzi visibilmente ubriachi convincendoli a provare la sua nuova, buonissima birra. Al solo sentire quel leggiadro termine, uno dei due scippa con forza l’ampolla al giovane ladro e beve tutto d’un sorso il liquido al suo interno. Improvvisamente scompare, un tonfo nell’acqua gelida si sente poco dopo, ma nessuno si vede. L’acqua si smuove incessantemente come se ci fosse qualcuno che cerca di rimanere a galla. Era una pozione dell’invisibilità. Dailan si pente del suo esperimento. Il compare, ubriaco più dell’altro, cerca di sferrargli un pugno, ovviamente non riesce nemmeno ad avvicinarlo, perde l’equilibrio e si ritrova in acqua con il compagno invisibile. Dailan, intristito e per scusarsi, lancia due monete d’oro sul terreno del molo come ricompensa ai due. Quindi si reca verso l’ Occhio dell’Ogre, deciso ad affittare una stanza dove passare la notte.
Entrando nota uno spettacolo piuttosto pittoresco: giovani ragazze entusiasmano avventurieri, si notava soprattutto un elfo con lo sguardo ebete salire verso le stanze circondato da tre divertite fanciulle. Nei tavoli in fondo erano in voga delicate partite a dadi, in altri angoli si potevano notare zuffe che, in quel luogo, erano sicuramente all’ordine del giorno. Dailan, per nulla preoccupato dal fragore e dal chiasso degli umani e non, decise di sedersi al bancone per bersi una buona birra. Qui nota un minotauro che cerca disperatamente di darsi da fare chiedendo un lavoro, o presunto tale, al mezzorco che lavora nella locanda. Il lavoratore, feroce nell’aspetto, indubbiamente pieno di muscoli, e con uno strano simbolo luccicante sulla spalla destra, si dimostra molto duro con il nuovo cliente, scatenandosi però in un divertente scherzo ai suoi danni. Il minotauro, ricevuto l’ennesimo rifiuto della giornata, decise che era giunto il momento di calmarsi e bersi una buona birra. Dopo averla provata non riesce a fare a meno di fare un'ultima domanda all'oste.
"La fate nel vostro appartamento?" - chiede, convinto di sè. Il mezzorco fa finta di non averlo sentito, Dailan, che ascolta tutta la conversazione, si volta verso la sala per non ridacchiare davanti al minotauro bonaccione.
Intanto il prete, Tirosh, si avvicina al tavolo dei nani e dimostra interesse nel giocare con loro.
“Scusate ragazzi, sempre ode a Morodin”
“Ode a Morodin” – dicono in coro i sette amici battendosi la mano sul cuore.
“Chi sei tu? Perché preghi il nostro Dio?” – chiede uno di loro.
“Sono un prete, e conosco i vari dei. Sono giunto a questo tavolo per giocare con voi. Piacere comunque, mi chiamo Tirosh”
Un attimo dopo, il nano più vicino al chierico chiede all’amico alla sua destra se poteva giocare questo straniero anche se di razza diversa, il nano vicino fece lo stesso con quello dopo, e quello dopo con quello dopo, fino a ritornare al nano iniziale che disse di sì.
“Quanto si punta a questo gioco?” – chiese Tirosh, prendendo le monete dal borsello.
“Dieci monete d’oro.” – risponde uno di loro.
“Ma voi ne mettete cinque, sto notando!”
“Ma quella è una regola che vale solo per i nani.” – e tutti risero quasi cadendo dalle sedie. Il prete acconsente al pagamento ma non sembra felice, quindi decide di farsi benvolere offrendo a tutti loro una birra(lui ne aveva già bevute due e non era tanto in forma). E si sente pronto per farsi valere al tavolo. Il gioco consisteva nel lanciare un semplice dado da 6. Tira: il risultato è 1. Tutti i nani esplodono in una sonora risata. Tirosh non è felice, ma si accoda al divertimento globale per non farsi deridere sempre più. Ma un istante dopo accade un lieve diverbio tra i due vincitori della partita. Dato che i soldi della vincita sono dispari, i due battibeccano per la moneta d’oro restante. Tirosh prende la palla al balzo.
“La legge di Morodin dice che quando è in atto una disputa bisogna avvalersi di un giudice imparziale. Quindi chiedo ai due vincitori di ritirare il dado per sapere chi debba avere quella moneta restante.”
“Il prete ha ragione!” – afferma uno dei due.
“Giusto. Ritiriamo.” – conferma l’altro.
“E per la mia idea mi accontento di venticinque monete d’oro.” – aggiunge Tirosh.
“Cosa?” – chiedono i nani, quasi all’unisono.
“Quindici monete d’oro?” – abbassa il prezzo.
“Te ne do quattro se te ne vai” – aggiunge uno di loro seduto al tavolo.
“Accetto!” – si entusiasma il prete prendendo il suo compenso che si dirige, di nuovo, al suo tavolo originario.
Gandolfo, nel frattempo, è al bancone per acquistare una camera per la notte, nota il prete prendere la via per il sonno dei giusti ubriachi e decide che è giunta l'ora di metterlo a letto, da brava mammina amorevole. Ovviamente essendo un essere gracile e magro non ha la forza sufficiente a smuoverlo dalla sua sedia. Il minotauro, finalmente, coglie l'occasione per rendersi utile.
"Posso darvi una mano?" - dice, quasi piangendo.
"Certo. Porti tu il pacco nella sua camera?" - chiede Gandolfo indicando il tizio semisvenuto.
"Ma certo" - e con grande senso del dovere se lo porta in spalla e lo mette a letto. Saluta i due avventurieri, che ringraziano, e si dirige nella sua stanza per dormire.
Tirosh, però, inizia a sentire un lieve problemino provenire dal suo pancino. Con maestosa forza e velocità corre verso un angolo della stanza per vomitare. Dopodichè ritorna sul letto e giace stremato. Gandolfo, sopraffatto dalla puzza e constatato che il prete è ancora vivo, decide di andare anch'esso a riposare.
La taverna è vicina all'orario di chiusura. A mezzanotte vige uno strano coprifuoco per il paese e normalmente non si vedono persone gironzolare per la città ad ora tarda. In un attimo tutto il locale si svuota e nel salone rimangono solo il mezzorco, la barista(una donna di eccessiva bellezza e meraviglia) e il padre di lei che conta l'incasso della serata. Al bancone è rimasto solo Dailan che, nel silenzio generale, inizia ad udire una strana voce provenire da fuori. Dopo aver chiesto se i membri presenti nel locale avessero sentito la stessa cosa, e avendo ricevuto risposte non eccessivamente gentili, decide di muoversi e andare a controllare.
La strada era buia. Non si vedeva assolutamente niente. Solo in lontananza si poteva notare una forte luce provenire da una casa. Dailan decide di seguire quella fonte luminosa: arriva ad una casa e bussa, nel cuore della notte, sperando in qualche soluzione. Ad aprirlo c'è un vecchietto che tra giri di parole, sembra credere alla storia fantasiosa che gli viene proposta. Poi d'improvviso cambia opinione e chiude la porta di scatto. Dailan interdetto decide di tornare in taverna, saluta l'oste, sale in camera e si lascia il mistero alle spalle: domani è un altro giorno, se lo diceva Rossella O'Hara, lo può dire anche lui.
La mattina inizia presto per il mago Gandolfo, intento a meditare fino a quando il sole è ben alto in cielo. Dailan e il minotauro, invece, scendono nello stesso istante in taverna. Dopo abbondanti giri di parole con il mezzorco, che porta a domandarsi quando vada realmente a riposare, il minotauro, che afferma di chiamarsi Grim, cerca qualche occupazione per la giornata. Dailan, anche lui entusiasta di aiutare il prossimo, si accomoda alla conversazione con felicità.
"Ci sono lavori da queste parti, qualche missione da condurre?" - chiede al mezzorco.
"Certo. Si dice in città che è scomparsa una persona. Un archeologo. Puoi passare da sua moglie per tentare di farti assegnare l'incarico, ma credo che tutto sia inutile: già ci lavora la gilda dei guerrieri."
"Posso aiutarti, oh amico pelosone?" - chiede Dailan accarezzando il pelo dell'enorme bestia.
"Certo. Mi piace avere qualche amico, ogni tanto. Sono sempre solo e triste, nessuno mi ama, nessuno mi vuole bene" - singhiozza il toro umano. Dailan si gira pensando di essere capitato in un guaio più grande di lui.
Essendo un abile affarista, Dailan riesce a vendere le due ascie al suo nuovo amico. Poi passano al mercato per rivendere anche le tre spade, qui Grim riesce a parlare con il vecchio minotauro della sera precedente, riuscendo a capire anche il motivo del coprifuoco. Infatti accade solitamente che strani avvenimenti magici si possono vedere o sentire la notte, ma di ciò è vietato per i cittadini parlarne con gli stranieri per non sfavorire il turismo.
I due, dopo una visita infruttuosa dalla signora Dowen, si recano alla gilda dei guerrieri per prendersi a cuore l'incarico. Lì trovano l'elfo Eladrin, il gozzovigliatore della sera precedente che li precede con un sorriso perenne sul volto. Insieme i tre si segnano per una futura spedizione alla ricerca dell'archeologo scomparso scoprendo però che devono entrare nella gilda per poter effettuare la missione. Dailan e Grim decidono di pagare le cinquanta monete d'oro, l'elfo rinvia al futuro questa dolorosa scelta di portafoglio, d'altronde aveva già pagato la stessa somma la sera prima per tre meravigliose donzelle. Quindi i tre si dividono per cercare qualcosa per cui occuparsi.
Grim va a lavorare nella bottega di un fabbro nano, fino alle cinque del pomeriggio, quando inizia a scemare la luminosità del sole.
Eladrin si cimenta nel salvare il greggie di un contadino dai lupi, all'esterno delle mura della città. E, per le sue decise qualità con l'arco, si posiziona sul tetto della casa per gestire la situazione.
Dailan, di par suo, constatando che non è ancora giunta l'ora di una bel furto, decide anch'essi di dare una mano ad un contadino per lo stesso motivo di cui sopra. Prima, però, rifiuta l'incarico di un gestore di un circo di passaggio. Il pesante figuro voleva rinchiuderlo in una gabbia per far notare al pubblico la vergognosa natura infida e cattiva dei tiefling. Dailan giura sul suo onore che non accetterà mai incarichi che possano screditare il suo popolo e inizia a pattugliare la casa del contadino salutando, con uno sguardo non propriamente felice, il gestore del circo.
Gandolfo trascorre la sua giornata effettuando giochetti di prestigio in una via laterale, essendo un mago conosce dei trucchetti che possono provocare stupore nei bambini e non. E dopo aver raggranellato una somma ragguardevole si proietta anch'esso alla gilda dei guerrieri per entrare nella lista per la spedizione futura. Il numero dei componenti dovrebbe essere pari a cinque, ma per adesso si cerca ancora l'ultimo da trovare.
Tirosh, dopo essersi svegliato con un mal di testa atroce, decide di passare tutta la sua giornata dentro alla biblioteca del paese. Evidentemente non ha nulla di meglio da fare.
(La prima uscita finisce qua. Si urge iniziare a combattere sennò rischiamo di arrivare a duecento pagine di word al decimo incontro.)
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