venerdì 23 settembre 2011

Da un grattacielo all'altro



"Cazzo ti conosce? Vai via. Idiota".
Una frase che ho sentito spesso nella mia piccola esistenza. Ed erano gentili. Alcuni, quelli più massicci ancora ma non di intelletto, usavano anche altri vocaboli entusiasmanti tipo "stronzo", "fanculo", "rottinculo" e "coglione". Poi, di zona in zona, c'erano quelli che mischiavano l'italiano ai dialetti del loro condominio. Sì, da queste parti ognuno ha un dialetto. Non volevo dire "familiare" perchè mi sembrava eccessivo. Comunque tutti, alla fin fine, riescono a capirsi. Chi con gesti decisamente inequivocabili, chi con minacce lievemente spiegate, chi tirando fuori un pezzo di metallo.
Vivo in un paese che è uguale a tutto il resto del mondo. Non aspiro a farlo diventare il regno eccessivo dell'illegalità, anzi non mi interessa. Ho capito, in questa piccola vita che ho avuto, che ogni luogo è un posto pericoloso. Ti possono rapire a Los Angelese, a Bergamo come in Alaska. Ti possono accoltellare a Napoli come a Montreal e perfino in Nuova Guinea. Coloro che non hanno rispetto per la vita umana si trovano dappertutto, e molti di loro ci governano e li lasciamo fare tanto, in giro, c'è di peggio. E' quello che ci diciamo quando li vediamo nelle nostre televisioni che sbraitano contro ogni diversità possibile e immaginabile. Fosse per loro il paese dove vivono dovrebbe avere solo loro come abitanti. E un centinaio di modelle disponibili, ovviamente, quelle non devono mancare mai. Poi, ovviamente, si dovrebbe accusarle di essere donne facili. L'ignoranza è dura a morire.
Figuriamoci i luoghi comuni. Prendete me: un ragazzo magro, molto magro, di altezza media. Uno che a scuola, quando gli altri uscivano a giocare o menare calci ad un pallone, si metteva in disparte e si portava qualcosa da leggere. Ho sempre avuto quest'abitudine. Molti hanno sempre pensato fosse una cattiva abitudine. Io non mi sono mai messo in fila alla posta senza qualcosa da leggere a portata di mano, le file, lo ben sapete, durano ore, perchè dovrei passare a guardare tizi che non conosco lamentarsi del servizio che vogliono usufruire. Per non parlare, poi, dei direttori che sbraitano contro le vecchiette appollaiate in sala d'aspetto. Un giorno anche loro saranno vecchi, è quello che mi dico, un giorno anche loro saranno sgridati per ciò.
Comunque amo leggere, e pure tanto. Mi mettevo in disparte a deliziarmi con le nuove avventure di Spiderman, o l'Uomo Ragno, come lo volete chiamare voi. E sognavo. Un giorno sarei riuscito anche io a creare lo spararagnatele come ha fatto Peter Parker, e per farlo avrei dovuto studiare molto. Scegliere una buona università scientifica e non fare come lui che, alla fin fine, è sempre uno spiantato. Forse è quello che lo rende simpatico, forse è quello che gli fa sconfiggere tutti i tipi di nemici, forse è quello che gli ha fatto sposare Mary-Jane. Ah, ad averci una Mary-Jane. Più tardi ho scoperto che quelli come me, gli "strani", venivano chiamati "nerd". Ho fatto qualche ricerca ed ho trovato molte cose affini col luogo comune di essere "nerd". Leggevo fumetti, avevo una buona media a scuola soprattutto nelle materie scientifiche, giocavo ai giochi da tavolo, con mio padre soprattutto. Mi aveva insegnato prima il Risiko poi gli scacchi e poi avevo scoperto il leggendario mondo di D&D e ne ero rimasto affascinato. Mio padre aveva una compagnìa, uomini di una certa età e di una certa posizione, che si riunivano due sere a settimana per giocare sotto le sue direttive. Io rimanevo affascinato, non riuscivo a capire come un poliziotto, un avvocato, un pasticciere, un panettiere e un magistrato, riuscissero a dimenticare le loro reali vite e ad identificarsi con il personaggio che interpretavano. Appena raggiunsi la ragguardevole cifra di dieci anni entrai anche io nella cerchia. All'inizio ero solo i nemici che gli altri incontravano nel cammino poi, dopo che mio padre constatò la mia bravura, entrai anche io nella compagnìa. Ci ho giocato sette anni, due o tre volte a settimana, e non ho mai rimpianto di non essere uscito a cercar ragazze invece di stare attorno ad un tavolo con una congrega di anzianotti.
Mai.
Avevo forse il sentore del marciume dilagante in cui crollava la mia società. Era mia perchè ero quasi maggiorenne e, da quel momento in poi, essere un "adulto" doveva pur significare qualcosa. Dovevo fare la mia parte nel mondo. A cominciare dal trovare la mia Mary-Jane.
Non sono mai stato uno di quelli assatanati che girano per il web alla ricerca di nudo. Ho fatto anche io le mie esperienze, chi dice di non averle mai fatte mente e mente tanto, ma ho sempre avuto una grande considerazione dell'essere femminile, semplicemente perchè, per me, era un essere meraviglioso. Non ho mai capito, sinceramente, come una donna possa innamorarsi di un maschio. Sembra strano ma è così. Noi, e mi ci metto anche io pur non essendo chiaramente il tizio della mia descrizione, siamo sporchi, buzurri, idioti e anche molto poco intelligenti. Ci facciamo scappare le meglio ragazze conosciute per una che, magari, ha una quarta invece di una seconda di reggiseno. Non dico che bisognerebbe sputarci sopra, a meno che non abbiate questi desideri inconsci, ma meglio una donna poco formosa ma adatta a te che una con un seno iper-sferico ma decisamente inadatta. Non ho trovato sinonimo migliore, me ne scuso, non sono mai stato un ragazzo da materie umanistiche, pur leggendo molto. Comunque, dopo un po' di tempo, la trovai la mia Mary-Jane e indovinate come si chiamava? Lucy. Non vi ho dato il tempo per rispondere, me ne pento. Il vero nome era Lucia ma mi piaceva immaginarla all'inglese mentre volava nel cielo con i diamanti. Sono stato appassionato anche di musica da alcuni definita "antica", non so se si nota.
Lucy, o Lucia come volete chiamarla voi, era bella, tanto, forse anche lei molto nerd ma senza saperlo. Le feci conoscere le mie passioni, le mie creazioni(avevo iniziato a creare una specie di spara-ragnatele, i sogni son duri a morire, ma alle persone, le poche che mi parlavano, non dicevo chiaramente quale fosse il mio progetto), i miei sogni. Lei, di tutta risposta, mi parlò di tutto ciò che la riguardasse, mentre io non capivo niente. Perchè solo osservandola io mi perdevo nel suo viso meraviglioso. Perchè parlando lei diventava una sirena e io Ulisse, rovinato dal canto ammaliatore dell'essere metà pesce. L'amavo Lucy. Anche lei mi amava, poi è cambiata, succede. Ad un tratto della vita cambi, che sia per forza o per necessità, ma cambi. Io ho visto cambiare molte persone nella mia pur breve vita, ma son stati, per alcuni, cambiamenti interessanti che non sto qui a raccontarvi. Lei, intanto, cambiò. Un giorno capì che non eravamo fatti l'uno per l'altra, la sirena lasciò il posto ad una normale ragazza e la sua ricerca d'amore passò dalla mente ai muscoli. E niente mi sarebbe importato se fossero stati solo i muscoli ciò che cercava.

Lucy, come molte tante ragazze, voleva un tipo che le desse sicurezza. Sia fisica che economica. Lucy, per farla breve, si trovò un individuo violento, pericolo e molto grosso. Ma non voglio arrivare subito al punto.
Io, nella mia infanzia e adolescenza, ho avuto qualche breve alterco con i tizi che usavano molto abbondantemente le parole argute "cazzo", "merda", "finocchio", "coglione" e "vaffanculo". Più tante altre che vi ho già raccontato e che non ho voglia di menzionare ancora. Queste persone erano considerate i "fighi" della scuola. Non so perchè, non ho mai capito perchè. Se qualcuno di loro avesse mai conosciuto la Storia, quella con la S maiuscoola, avrebbe capito che i fighi non erano i tizi dalla voce grossa ma chi riusciva a farsi sentire seppur bisbigliando. Einstein era figo, Newton era figo, Galileo era un figone della madonna che si faceva frustare pur di non ritrattare le sue teorie, ma loro questo non l'avevano mai capito. Loro volevano solo menare botte, tante botte, a chi ai loro occhi appariva diverso. E "diverso" era qualcunque bambino, o ragazzo, che non era più grosso e massiccio di lui. O apparteneva, magari, a qualcuno che era meglio non far arrabbiare. E aggiungendo tra gli ingredienti di questo guazzabuglio il fatto che ero il semplice figlio di un panettiere, che stavo sempre in disparte a leggere, che ero decisamente bravo a scuola e che, soprattutto, non mi interessava diventare uno col "ferro" nella tasca, diventai presto una vittima. Botte, piccoli soprusi, albi di Spiderman ed altri supereroi strappati(e per gente come me, ho scoperto poi, fanno più male che un pugno in faccia), e umiliazioni pubbliche. Cercai di uscirne tante volte da quel piccolo tunnel, ma niente. Iniziò alle elementari, continuò alle medie e finì, per fortuna, al quarto anno di superiori. Finì, per caso, ma finì.

Un giorno rividi la mia amata Lucy con uno di quei tipi che ho sempre cercato di evitare, era uno nuovo con cui non avevo mai avuto nulla a che fare. Ma era grosso, non d'intelletto ma di muscolatura. Per fare un esempio: i suoi bicipiti erano dieci miei teste disposte per tutto il braccio. Faceva un po' paura, ma mi faceva più paura vedere la mia Lucy che ne cielo vola con i diamanti, stare con una bassezza simile. Lei mi vide dall'altro lato della strada, mi salutò, e lui si inalberò. Lo so che è strano ma si inalberò. Forse la sua donna non si poteva permettere di salutare tizi anormali, almeno per loro, in mezzo alla strada. E lui attraversò di tutta corsa l'asfalto che delimitava i due marciapiedi per corrermi davanti. Era ancora più grosso visto da vicino. Molto più grosso, ma non mi faceva questa gran paura. Di idioti di quel genere ormai ne avevo conosciuti a decine, avevo capito che l'unica cosa che si può fare contro di loro è ignorarli. Anche mentre ti pestano, fare come se fosse stata la cosa più normale di quella giornata, forse la più noiosa. Dopo un po' non ci trovano gusto e ti lasciano andare. Così feci anche quel giorno.

Il tizio, che affermò di chiamarsi il Re dei Quartieri o una cosa del genere, mi intimò di non provare più a salutare la sua donna. Risposi con un semplice "ok" decisamente annoiato con gli occhi a mezz'asta. Lui se la prese ancora di più. Sbraitò improperi contro mia madre e pure contro mia sorella, ma lo fece così convinto che pensai veramente di averla e che avesse fatto tutte quelle cose al suo gruppo di ragazzi. Mi ripromisi di cercare i video di quella serata su internet, come lui aveva ipotizzato, ma non mi diede il tempo di andare a casa. Mi colpì. Una sola volta. Nel costato.
Caddi a terra perchè il colpo era decisamente forte, non posso dire di no. Ero sempre stato magro e la maggior attività sportiva di quegli anni che avevo fatto era stata leggere. Che non porta a nessun accrescimento dei muscoli, forse dei neuroni ma non è sicuro. Dopo un po' arrivò un onesto tutore dell'ordine che chiese cosa fosse successo. Lui, con molta calma e nonchalanche, lo apostrofò di malo modo e iniziò a fare una lista delle sue parentele. Il tutore, affranto, se ne tornò all'ovile. Io intanto mi rialzai e allungai la mano in segno di resa. Chiesi anche scusa per il tremendo affronto che gli avevo causato e attesi la sua stretta di perdono. Non arrivò. In compenso, sulla mia nuca, fece capolino una bottiglia di vetro. Era un suo compare, tale o' comannant r'o rion (troppi generali in questo quartiere, non potei fare a meno di pensare) che gli diede manforte. D'altronde ha ragione, un tizio di due metri per centotrenta chili di muscoli non può non aver bisogno di una mano. I due, ben lungi dal farmene andare presso la mia dimora, mi fecero notare con entusiasmo e precisione la misura delle loro scarpe dietro la mia schiena e nel mio stomaco. Appena iniziai a sputare un po' di sangue, Lucy cercò di fermarli. Le andò male anche a lei. Uno spintone del suo delicato nuovo ragazzo la portò contro un muro in men che non si dica, rimbalzò con la schiena e cadde a terra. Non so perchè feci ciò che ho fatto dopo ma, ogni tanto, anche un timido ragazzo ha una foza d'animo che non ti aspetti.

Mi alzai. E colpii con tutta la forza che avevo l'amico del Re, il suo secondo in comando. Il caro ragazzo si beccò un pugno sulla guancia destra, non se l'aspettava, infatti estrasse il coltello come se la diretta conseguenza della mia azione fosse stata una dichiarazione di guerra. Il Re, dal canto suo però, si girò verso il suo amico e gli mollò un ceffone. Affermò che un vero uomo non utilizza armi, un vero uomo colpisce solo con la propria forza e così facendo gli spezzò il polso della mano col quale teneva il coltello. Il ragazzo iniziò ad urlare, più tardi, anzi ora, credo di aver capito perchè il Re lo fece. Voleva avere una sorta di cappa dove mascherare le mie di urla. Perchè dopo pochi secondi mi fù addosso, dopo pochi secondi mi colpi così tante volte in faccia che dovetti aver bisogno di un intervento di chilurgia plastica per essere quantomeno presentabile nella bara. Mi uccise, senza pensarci due volte, perchè nella giungla dove viveva io gli avevo appena fatto un affronto, o magari avevo come colpa semplicemente quella di voler vivere. O respirare. In effetti avevo respirato troppo nella mia vita, forse più di quanto mi era stato concesso. E la mia piccola vita si interruppe un giorno prima del mio compleanno. Il giorno prima di festeggiare i miei diciotto anni che coincisero con il giorno del mio funerale. Niente festa con gli amici, ne avevo due non sarebbe stata questo meraviglioso festeggiamento, niente celebrazioni amorose con la ragazza, che successivamente denunciò il Re per tutto ciò che aveva combinato nella loro ottima storia d'amore. Attualmente il tizio che ha deciso di distruggermi è a casa sua, osannato come un Dio da tutti i ragazzi del quartiere, sotto "stretta sorveglianza" di agenti di polizia corrotti. Ma non mi intristisco per ciò.

Mi dispiace per Lucy che cambiando, ad un certo punto della sua vita, è peggiorata. Ma ha capito che dai propri errori si può rinascere. Mi dispiace per tutti quei bambini che "scadono" e si trasformano in bulli solo perchè hanno capito, forse dai propri genitori o dal proprio ambiente, che essere forti equivale ad essere rispettati. Mi dispiace per Orgon, il mio personaggio a D&D, che non potrà più vivere. Molte volte sono morto in quel gioco ma io rimanevo vivo per poterne creare un altro, di personaggio, ma stavolta morendo io, lui non può ricominciare da capo. Mi dispiace per i miei che hanno messo al mondo, e cresciuto, un ragazzo migliore della feccia che c'è in giro. Forse se fossi stato un po' più cattivo sarei vissuto più di diciassette anni e trecentosessantaquattro giorni. Ma che avrei vissuto a fare?

Mi basta sapere che ora, per fortuna, ho un'intera eternità per inventare i miei spara-ragnatele. E poi per poter insegnare, a qualcuno, che da un grande potere derivano grandi responsabilità.


Nota: volevo andare in tutt'altra direzione all'inizio, ovvero quando mi sono approntato a scrivere questo raccontino. Poi le mani hanno cliccato per conto loro, spero sotto il controllo della mente ma, conoscendomi, non ne sono così sicuro. Spero che piaccia e se piaccia che lo condividiate o che lo commentiate dicendo cose carine sul mio conto, o anche cose cattive. Ma anche cose neutre, qui si accetta tutto. Non scrivevo un racconto da tanto, forse più di un paio di mesi, si nota direi.

1 commento:

Carmensì ha detto...

Si nota un po' ma personalmente ho preferito la fine, quindi scrivi sempre senza sapere dove vuoi arrivare :P

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